Di Tripla Corona si è parlato molto ultimamente grazie alla rincorsa di Fernando Alonso al trono di Graham Hill, unico pilota al mondo, a oggi, a vincere la 500 Miglia di Indianapolis, il campionato del mondo di F1 e la 24 Ore di Le Mans. Come indicato da Graham, che poteva benissimo considerare anche Montecarlo, visto che vi aveva vinto cinque volte, ma ha nominato il campionato di F1.
Di Tripla Corona si riparlerà a breve, a Parigi, a febbraio, a Rétromobile Paris. La Matra MS 670 vincitrice con Graham Hill e Henri Pescarolo verrà infatti messa all’asta con una stima di vendita che va dai 4 ai 7.5 milioni di euro. Una cifra elevata per una macchina storica. Infatti, proprio grazie a questa Matra, nel 1972, Graham Hill conquistò la 24 Ore di Le Mans e la tripla corona. Per chi può, un’occasione unica per far proprio un pezzo di storia indelebile dell’automobilismo. Il momento è quindi ideale per prendere dalla libreria l’autobiografia di Graham Hill, e leggere alcuni passaggi relativi a quel 1972.
“Nell’estate del 1972 ero a Le Mans per la 24 ore assieme a Henri Pescarolo. Non è facile per un pilota di F1 partecipare a una gara di durata. Devi guidare le prime ore senza “correre” e senza avere la tentazione di andare in testa per forza. Devi preservare il motore le prime ore, poi verso le sei di sera si comincia ad alzare il ritmo. La velocità non è tutto. Devi prenderti cura della macchina fino alla fine. Puoi essere veloce in qualifica e prenderti le prime pagine dei giornali del sabato mattina… Ma il sabato pomeriggio, alla partenza, avrai il motore usurato per la gara. Tutti i migliori piloti, tutte le migliori marche, sono a Le Mans. Ogni pilota vuole vincere Le Mans, anche se non sempre siamo felici di essere in gara. La differente velocità tra le vetture in gara è pericolosa. A Mulsanne a 200 miglia orarie, percorrendo strade di solito aperte alla normale viabilità, ti lasci la Francia alle spalle a ogni giro. Alle 4 di mattina hai freddo e sei stanco. Non vedi dove vai perché è tanto buio e ti chiede che diavolo ci stai a fare lì. Al dosso di Mulsanne i fari dell’auto puntano verso l’alto e smettono di illuminare la pista. Guidi alla cieca. Devi contare…1…2…3…4… e curvare. Ogni giro. Devi contare, essere regolare. Le paure più grandi della mia vita le ho avute nelle notti di Le Mans. Ma la domenica pomeriggio, a mezzogiorno, quando mancano solo due ore alla fine, cominci a essere felice di aver preso parte a tutto questo. La gioia monta verso il traguardo con il pubblico in festa.
“La Matra MS 670 era fantastica da guidare. I tecnici mi hanno detto di andare pure a limitatore tutta la gara ma io non ho voluto rischiare all’inizio. Dopo le prime schermaglie con le Lola, la gara è stata una lotta con le tre Alfa Romeo in gara. Lì ho dovuto per forza spingere il motore a limitatore e andava a meraviglia. La vettura è stata la migliore che abbia mai guidato nelle mie dieci partecipazioni. Questo anche grazie al team che l’ha sviluppata con tantissime ore di test. Ho preso il comando dopo le prime tre ore di gara e abbiamo dominato con un vantaggio di 10 giri sulla seconda classificata, la vettura gemella del nostro team. Non potrò mai ringraziare abbastanza il mio compagno di squadra Henri. Ci siamo suddivisi stint da 4 ore, ed è stato lui a tagliare il traguardo. Francese su auto francese, i tifosi erano in delirio. La prima vittoria di un’auto francese dopo 22 anni.
“E’ stata una grande vittoria, ma molto triste. Solo verso fine gara ho saputo che era morto il mio amico Jo Bonnier, volato con la sua Lola tra gli alberi fuori dalla pista. Era il presidente della GPDA e aveva lavorato così tanto per la sicurezza di noi piloti. Siamo stati poi invitati dal presidente francese Pompidou all’Eliseo a pranzo che mi chiese anche anche che ne pensassi del progetto del tunnel sotto la manica. Tornato in Inghilterra andai a una serata organizzata dall’associazione Olimpica dove un mio casco, firmato da molti miei colleghi, fu messo all’asta e venduto per 1000 sterline. Un papà lo volle regalare a suo figlio affetto da paralisi spastica“.
Ora all’asta invece andrà la gloriosa Matra MS 670 numero 15. Chassis numero 001 che dal 1973 è conservata nel museo Matra. Il suono del suo V12 da 3000 di cilindrata e 500 CV rimarrà per sempre indelebile tra le curve e i rettilinei di Le Mans. A noi resta anche una bellissima autobiografia di Hill, intitolata Graham, che purtroppo è rimasta incompiuta. Infatti il suo racconto si chiude quando trovò la morte in un incidente aereo nel 1975 di ritorno in Inghilterra dai test a Le Castellet con il team Embassy di Formula 1. L’ultimo capitolo lo scrive la moglie Bette e sono pagine piene di dolore, ma di speranza per la vita che continua. Come quando sei dentro un abitacolo e ti lasci scorrere alle spalle il mondo fuori.
Riccardo Turcato