Sembra incredibile, ma all’Autodromo di Monza non c’è nulla che ricordi il grande Alberto Ascari. Stavo scrivendo di Enzo Ferrari, a 30 anni dalla morte (14 agosto 1988), dopo aver chiacchierato a lungo con Gerhard Berger che fu l’ultimo pilota scelto personalmente dal Grande Vecchio di Maranello, che è un caro amico, una persona preziosa, con la quale ho condiviso anni di pista. Mi chiama un antico appassionato Piero Tecchio, reduce da un viaggio in Scozia. Dice: «Lassù è pieno di memorie dedicate a Jim Clark. Come mai a Monza non c’è nulla che ricordi Ascari? Dai, facciamo qualcosa». Bene, facciamo, comincio da qui.
Perché è vero ed è clamoroso. A Monza, dove Alberto Ascari, di cui ricorre il centenario della nascita (13 luglio 1918), morì misteriosamente il 26 maggio 1955, c’è sì una curva dedicata a lui, corrispondente al punto in cui perse la vita provando la Ferrari di Eugenio Castellotti, ma nient’altro. Non una targa, un cippo, una statua, qualcosa che permetta a chiunque di sapere o di rinfrescare una memoria preziosa. Ma sì, perché Alberto, milanesissimo, figlio di Antonio Ascari, leggendario campione degli anni 30 (morto in corsa a Montlhery il 26 luglio 1925) è portatore di una storia umana e sportiva strepitosa. Con dentro, tanto per ricordare, appunto, due titoli mondiali di F1, vinti consecutivamente, 1952 e ’53, con la Ferrari, incluso record strepitoso: 9 gran premi vinti di fila, un primato solo eguagliato da Sebastian Vettel nell’anno d’oro della Red Bull, 2013. In aggiunta, Ascari è portatore di una storia umana romantica, portentosa, colma di presentimenti, superstizione, nodi del destino. Insomma, un gigante del motorismo, legatissimo a Monza, trascurato da Monza.
Che fare? Beh, potremmo far partire una sottoscrizione pubblica, anche perché ad aspettare che le istituzioni facciano qualcosa passano i secoli. Così, mi rivolgo qui a qualcuno che potrebbe fare da capocordata. Penso agli amici del Ferrari Club Vedano al Lambro, appassionatissimi e svegli. Se fossero loro ad accollarsi la paternità dell’iniziativa, beh, sarebbe più facile e autorevole la faccenda. Una raccolta fondi, ecco, per un obiettivo non troppo costoso o ambizioso. Una targa, magari proprio alla curva Ascari, che ricordi Alberto. Una pietra incisa, all’ingresso del circuito. Una grande foto (di quelle che resistono alle intemperie) e una bella didascalia da sistemare in un punto strategico dell’autodromo. Dove curiosamente c’è una statua dedicata a Juan Manuel Fangio ma non a lui.
Oppure qualcosa che accosti padre e figlio, Antonio e Alberto, visto che proprio Antonio fu grande protagonista dei primissimi Gran Premi d’Italia, con il piccolo Alberto presente, eccitato e impressionato da quel padre eroico, dal rumore e dalle forme magiche di quelle Alfa Romeo guidata da papà. Insomma, facciamo qualcosa? Ma sì, facciamolo noi, così, per gusto romantico, per il piacere di legare un luogo, un tempo e un’avventura. Così, questo breve testo agostano, diventa un appello. Con la speranza che venga raccolto. Magari durante il Gran Premio, ormai imminente. Io, nel mio piccolo, sono pronto.
Giorgio Terruzzi – redbull.com/it
PS: noi ovviamente ci stiamo e crediamo che tutti gli appassionati siano d’accordo su un segno visibile che ricordi il grande Alberto Ascari. Però, caro Giorgio, lui almeno ha una curva. E’ dal 2001 che in tanti chiediamo che Monza ricordi un altro grande pilota milanese, che ha corso anche con la Ferrari: una curva, un tratto del circuito per Michele Alboreto, che proprio in Autodromo ha mossso i primi passi, dalle categorie cadette alla F1. Ebbene, quale è stata la risposta? Nessuna. Unica cosa fatta, l’intitolazione di una sala con posa di una targa nella sede di AC Milano. Importante, certo, ma la sua Monza gli ha chiuso le porte in faccia, finora. Smuoviamo le acque e speriamo che le cose cambino, perché gli uomini che hanno fatto la storia di Monza non vengano mai dimenticati. E proprio ieri, in conferenza stampa, il presidente di AC Milano Geronimo La Russa ha proposto di fare qualcosa per ricordare Ascari durante il weekend del GP, quindi ci contiamo.
Barbara Premoli
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