La Mercedes ha negato di portare la politica in F1. La dichiarazione dopo le voci secondo cui la FIA starebbe discutendo se Lewis Hamilton ha infranto o meno le regole dello sport sui messaggi politici con la maglietta indossata al Mugello. Il campione inglese quest’anno ha sempre indossato la T-shirt con la scritta “Black Lives Matter“, inginocchiandosi sulla griglia prima delle gare, seguito da altri colleghi, ma domenica nel GP di Toscana ne ha messa una con la scritta “Arrest the cops who killed Breonna Taylor“, facendo riferimento a un fatto accaduto negli USA a marzo.
Un portavoce della FIA ha confermato che è in corso un’indagine sul fatto che Hamilton l’abbia indossata sul podio e nelle interviste post-gara. Ma la Mercedes difende il 35enne, che nel prossimo GP in Russia potrebbe eguagliare il record di 91 vittorie di Michael Schumacher. Su Twitter un utente ha chiesto alla Mercedes e a Hamilton di “tenere la politica al di fuori della F1“. “Non stiamo portando la politica in F1“, ha risposto il team, sul cui account Twitter ufficiale scrive anche che nel 2020 “corriamo per la diversità e l’inclusione. Ci sono questioni sui diritti civili che stiamo cercando di portare sotto i riflettori e di cui vogliamo aumenti la consapevolezza. C’è una grossa differenza“. Un team boss che preferisce restare anonimo dubita che Hamilton sarà sanzionato per aver indossato la T-shirt: “Non puoi sanzionare Lewis per un’azione che è supportata da tutto il mondo. Sono certo che la Mercedes la pensi allo stesso modo“.
Quello che scrive il team su Twitter è una cosa, ma l’espressione di Toto Wolff sotto il podio del Mugello diceva altro: preoccupazione, perché non è uno stupido e sa che certe cose non sono concesse dalle regole strette della FIA. Sicuramente non temeva una multa, ma una penalità o una sanzione sì. Ne parlavamo oggi con il collega Maurizio Voltini su Twitter. Alla nostra considerazione “Forse mi sbaglio ma a me sembrava che la cerimonia del podio imponesse tutta una procedura ben fissata da FIA e F1, abbigliamento incluso. E quando ho visto la grinta di Wolff sotto il podio ho pensato che temesse non tanto una multa ma squalifica o penalità…“, Maurizio ha risposto, puntuale come sempre: “Normalmente sul podio sono vietati simboli di qualunque genere, è ammesso portare solo la bandiera nazionale. Ricordi quando Vettel fu costretto a una mossa da rugbista per portare il casco? E fu ammonito…“. Ecco, queste sono le regole.
Non ne facciamo una questione politica, ma noi a ogni GP restiamo sconcertati quando parte dei piloti si inginocchia sulla griglia con la maglietta nera e la scritta “Black Lives Matter” o “End racism“. E, non siamo i soli, basta dare un’occhiata ai social. Hamilton e la sua battaglia personale stanno stancando e chi lo dice non è razzista, vuole semplicemente guardare uno sport. E se la Mercedes lo sostiene e lo difende a spada tratta significa che la battaglia non è personale, ma sposata da altri. La gente sa, si informa, la questione razziale è purtroppo ancora oggi una realtà, specie in certi Paesi. Ma per noi “All Lives Matter“. E ci sorge spontanea una domanda: nel 2021 Hamilton correrà negli USA? E scenderà in pista in Russia al prossimo GP, Paese in cui per mettere a tacere gli oppositori li avvelenano? Per non parlare dei Paesi arabi… Solo così dimostrerebbe di essere coerente.
L’ipocrisia che aleggia attorno alla F1 non ha limiti e sconcerta. Ieri su Facebook abbiamo letto un elogio ad Andrea Bocelli che ha cantato l’inno prima del GP di Toscana. Nulla da dire su un artista la cui bravura non si discute. Ma quando il post è accompagnato dalla frase: “Quando si vogliono fare le cose per bene si sceglie il meglio!”, noi non ci stiamo e ribattiamo a tono. Perché solo una settimana prima all’Autodromo di Monza c’era la banda degli Alpini, a rappresentare tutti quelli che hanno prestato la loro opera per aiutare durante l’emergenza Covid-19. Domenica a cantare c’era chi ha sollevato le critiche che ben ricorderete negando l’esistenza della pandemia e del coronavirus. Non paghi di quanto scritto, al post è stato allegato un video pubblicato su YouTube intitolato “GP Mugello Bocelli canta l’inno della Ferrari“. Da non credere… Vivremo anche in un Paese che i suoi problemi li ha, ma non è allo sfascio come la Ferrari, per fortuna! Abbiamo un inno nazionale, che non è l’inno di una squadra, per quanto quella squadra abbia portato [dire “porti” è difficile adesso] il nome dell’Italia nel mondo! Servono cultura, coerenza e rispetto. Alle nostre obiezioni è stato risposto che esercito e politica dovrebbero stare fuori dallo sport. Infatti. E come la mettiamo coi quattro caccia Eurofighter Typhoon (tra l’altro nemmeno inquadrati durante la diretta TV, con la regia che ha staccato proprio quando passavano)? Sono stati creati per lanciare fiori? Le Frecce Tricolori hanno ben altro significato…
Gli Alpini non erano sulla griglia come esercito ma per quanto fatto durante l’emergenza e, di fronte a quanto rappresentano, un cantante, anche se di caratura internazionale, sparisce. Uno che ha detto che il Covid non esiste perché non conosce nessuno che l’ha fatto: saranno stati felicissimi i 35.600 morti, i guariti che ancora ne portano le conseguenze e tutti i loro familiari di vederlo cantare l’inno nazionale. L’inno d’Italia. Non della Ferrari! Forse sarebbe ora che qualcuno facesse rispettare le regole, FIA o Liberty Media. Che il marketing smettesse di avere il sopravvento sui valori. Che i piloti e i team facessero il loro lavoro in circuito, a casa quello che vogliono. Ci lascia del tutto indifferenti che Hamilton sia o meno sanzionato. Ma ci piacerebbe che certe cose non si vedessero più e che le regole venissero rispettate da tutti. Altrimenti toglietele e facciamo prima, ma almeno non prenderete in giro nessuno. A proposito di prendere in giro: sul sito press Mercedes niente foto sul podio con la maglietta incriminata, solo quelle fatte con la tuta rigorosamente alzata e chiusa. E il tweet Formula 1 con l’interviste post-gara a Hamilton è accompagnato da un’immagine non dell’intervista ma di lui appena sceso dalla macchina… Tutto normale, vero? PS: scusate se per una volta abbiamo fatto “politica”, ma quando ci vuole, ci vuole!
Barbara Premoli
