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[tab title=”Un anno di Formula 1″]
Un anno di Formula 1: il film del 2018
Sembra ieri quando le macchine si sono allineate sulla griglia di Melbourne, con gli occhi di tutti puntati sulla Mercedes, il team da battere. Tesi corretta, anche se molti scommettevano sulla Ferrari. E sembrava fosse davvero l’anno buono, con Sebastian Vettel davanti a tutti in Australia, Bahrain e Cina. La SF71H è parsa da subito competitiva e superiore, basti pensare che nessun team cliente Mercedes ha chiuso nella top 10 nella gara del debutto, rispetto ai tre del 2017. E nelle prime tre gare della stagione solo Esteban Ocon sulla Force India ha portato a casa un punto. La power unit Ferrari si è dimostrata la più potente nell’arco dell’anno, come dimostrato anche dai risultati di Haas e Sauber. Il motore Mercedes è sempre stato lì, con il Renault che non è riuscito a capitalizzare quanto fatto nei primi GP, perdendo sul finale nei confronti di quello Honda.
Alla fine è stato dominio Mercedes, che ha vinto il Costruttori grazie a un’organizzazione perfetta, a scelte strategiche azzeccate e decisive e al valore aggiunto dell’armonia del gruppo, che ha saputo restare compatto anche nei momenti drammatici della malattia di Niki Lauda, oltre ovviamente a un certo Lewis Hamilton, macchina da guerra impeccabile. Aree in cui alla Ferrari manca ancora qualcosa e di questo 2018 resteranno anche le critiche mosse da molti addetti ai lavori alla Scuderia, ritenuta la vera responsabile degli errori commessi da Vettel, troppo stressato dal deficit di prestazioni rispetto ai rivali della Mercedes e dalla responsabilità di riportare a Maranello quel Titolo che manca dal lontanissimo 2007. Innegabile che cinque Titoli Costruttori consecutivi siano un risultato incredibile, che porta la Casa tedesca a un solo passo dai sei della Ferrari dell’era Schumacher.
Anche minime sbavature in qualifica hanno fatto la differenza: come ha detto Nico Rosberg, uno che sa bene cosa significhi sfidare anche a livello psicologico il cinque volte campione, “Non puoi battere Lewis Hamilton commettendo così tanti piccoli errori, è un dato di fatto“. In questa stagione più che mai, Hamilton è andato oltre, superando i suoi stessi record e per il secondo anno consecutivo il momento della svolta è stato il GP di Singapore, non per carenze o errori in casa Ferrari, ma perché è stato di un altro pianeta per tutto il weekend, in qualifica e gara. Anche i più accaniti tifosi ferraristi l’hanno ammesso a fine stagione: può piacere o no, ma è lui il più forte, probabilmente anche della sua generazione. Un ragazzo che passa dalle foto di moda su Instagram, da eventi con VIP alla pole perfetta, a riprova di una forza psicologica che solo pochi hanno. Non è il pilota concentrato solo sul lavoro, si dedica a tante attività, è sopra le righe e sensibile al tempo stesso, ma quando si infila nell’abitacolo della sua Mercedes chiude fuori tutto il resto.
Archiviamo un 2018 che vede anche una svolta generazionale: sono tanti i giovani in arrivo nel 2019, con grandi cambiamenti – la scelta di Fernando Alonso di lasciare la F1, Kimi Raikkonen che dopo una stagione doc cede il sedile della Ferrari a Charles Leclerc e va in Sauber accanto ad Antonio Giovinazzi, primo italiano titolare in F1 dopo 7 lunghi anni. Leclerc, Giovinazzi… il lavoro e il sogno di Sergio Marchionne che diventano realtà. La sua scomparsa a luglio ha segnato profondamente la Ferrari, più di quanto si possa immaginare o non si sia detto. Sembra ieri l’evento ad Arese per la nascita della partnership Alfa Romeo-Sauber: manca e mancherà sempre a chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, con la sua determinazione e il suo carisma da vero leader.
Che cosa ci resterà di questa stagione, oltre ovviamente all’azione in pista? L’umanità: la conferenza stampa con lo scambio di battute e occhiate con Raikkonen (minuto 4:05 del video), impossibile da dimenticare come la stretta di mano e lo sguardo di Hamilton a Monza, a fine gara; quelli tra Vettel e Lewis in Messico, il finale di Abu Dhabi con la parata per Alonso: gesti veri, sinceri, non a favore di telecamere e fotografi. E per noi in questo 2018 c’è anche un vincitore morale: Niki Lauda, che ha combattuto come e più che dopo l’incidente del Nurburgring 1976 ed è pronto a tornare nel paddock e nel box Mercedes in Australia. Un uomo unico, un lottatore e un esempio di vita. Uno che non molla mai, esattamente come Michael Schumacher, che il 3 gennaio compie 50 anni. Li aspettiamo, entrambi, il prima possibile.
Vi lasciamo alla lettura, augurando a tutti voi un 2019 sereno. Per MotoriNoLimits sarà il sesto anno e siamo prontissimi ad affrontare la nuova sfida con grinta ma, soprattutto, in formazione compatta: il mio grazie di cuore va ai collaboratori che rendono questo sogno possibile ogni giorno, un gruppo di amici che mi supportano e mi sopportano… impresa che forse farebbe scricchiolare anche la forza di Lewis Hamilton!
Barbara Premoli
Fastest. Lap. EVER. 🔥
This season included some truly mind-blowing stats and records. Read up on all the big numbers that defined 2018 >> https://t.co/0Up0J97Cqc pic.twitter.com/hZXso2hBHJ
— Formula 1 (@F1) 21 dicembre 2018
When does winter testing get under way? ❄️
How long until we hit the track in Melbourne? 🤔Get all the #F1 dates for your diary in 2019 >> https://t.co/d8hpZ0x5wC pic.twitter.com/eqG9ohEWZ6
— Formula 1 (@F1) 5 dicembre 2018
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[tab title=”Tutti i numeri del 2018″]
Tutti i numeri della stagione 2018
Mercedes: un anno da e di record
Ad Abu Dhabi la stagione di Formula 1 si è conclusa con un’altra vittoria per i campioni Piloti e Costruttori 2018. Per Hamilton è stato l’11° successo della stagione, il quarto a Yas Marina e il 73° in carriera. Il team ha vinto tutti e cinque i GP di Abu Dhabi dall’inizio dell’era ibrida nel 2014 (tre con Lewis, una con Nico Rosberg e Valtteri Bottas). In qualifica il cinque volte campione ha conquistato la sua 83° pole, 11° della stagione e 4° ad Abu Dhabi. Per la settima volta della stagione, prima fila Mercedes, la quinta consecutiva in questo GP. Bottas ha vinto il Fastest Lap Award, con 7 giri veloci in gara, che per il team Mercedes diventano 10 aggiungendo i tre di Hamilton. 25 gli arrivi a podio per il team – 17 per Lewis e 8 per Valtteri.
Nuovi record: con l’11° vittoria stagionale ad Abu Dhabi, Lewis Hamilton ha eguagliato le sue vittorie 2014 – primo anno dell’era ibrida. I 408 punti conquistati nel 2018 rappresentano un nuovo record per una stagione di Formula 1 – il precedente era di Sebastian Vettel con 397 punti nel 2013, anno in cui Vettel aveva anche eguagliato le 13 vittorie di Michael Schumacher.
A Yas Marina Lewis ha anche contribuito al record per il maggior numero di vittorie per un motorista: il campione inglese in tutta la sua carriera in F1 ha infatti sempre corso con monoposto motorizzate Mercedes, prima in McLaren (2007-2012) e poi per il team ufficiale (dal 2013). Con la sua 73° vittoria, ha superato quindi le 72 di Schumacher in Ferrari (1996 – 2006) e adesso gli mancano solo 18 successi per eguagliare i 91 del campione tedesco. Ovviamente col quinto Titolo Piloti ha eguagliato il grande Juan Manuel Fangio.
Il Campionato Piloti
Il Campionato Costruttori
Dati & numeri
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[tab title=”Ieri e domani”]
La F1 si rinnova con new entry e walzer dei piloti
Siamo pronti a salutare un altro anno lasciandoci alle spalle l’ennesimo campionato nel segno di Lewis Hamilton e della Mercedes che ha festeggiato il quinto Costruttori consecutivo, eguagliando il record della Ferrari nell’era Schumacher-Todt. A proposito, buon 50° compleanno, Campionissimo!!!
Il team principal delle Frecce d’Argento ha reso omaggio ai diretti rivali della Ferrari dichiarando che il Titolo 2018 è il più bello di tutti quelli vinti perché c’è stata una lotta incredibile con Maranello tutto l’anno, un duello tra grandi marchi, anche duro, ma sempre con grande rispetto. E c’è da credergli perché Maurizio Arrivabene e Sebastian Vettel sanno bene di aver mancato una grande occasione. Con la scomparsa del Presidente Marchionne, la Ferrari ha perso il suo timoniere cadendo in diversi errori, soprattutto col suo pilota di punta, ma questa ormai è storia vecchia, bisogna pensare al futuro e al 2019, ormai alle porte.
Questo campionato, oltre a regalarci l’entusiasmante sfida tra Mercedes e Ferrari, sarà ricordato anche per l’addio di Fernando Alonso che, dopo l’esordio nel 2001 nel mitico team di Gian Carlo Minardi (che vi dà appuntamento il 27 e 28 aprile per l’edizione numero 4 dell’Historic Minardi Day a Imola) ha salutato il Circus, e per un mercato-piloti davvero spumeggiante e il ritorno di un pilota italiano in Formula 1, Antonio Giovinazzi.
Dei dieci team, solo Mercedes e Haas si presenteranno ai nastri di partenza con la medesima line-up. Abbiamo calcolato che il 60% della griglia sarà rimaneggiato, tra cambi di casacca, new entry e ritorni. McLaren, Williams, Sauber e Toro Rosso hanno stravolto completamente la loro formazione con l’esordio di Lando Norris in McLaren a fianco di Carlos Sainz che ha salutato la Renault, Alexander Albon in Toro Rosso, George Russell in Williams e Giovinazzi in Alfa Romeo-Sauber, assieme a Kimi Raikkonen. Stravolgimenti importanti anche tra i top team con l’arrivo in Ferrari, accanto a Sebastian Vettel, del giovane Charles Leclerc e in Red Bull di Pierre Gasly, promosso al fianco di Max Verstappen al posto di Daniel Ricciardo che vestirà i colori Renault con Nico Hulkenberg.
E avremo anche due ritorni importanti in Williams e Toro Rosso, che schiereranno rispettivamente Robert Kubica e Daniil Kvyat. Il 2018 è stata anche l’ultima stagione della Force India, salvata in corsa da una cordata capitanata da Lawrence Stroll in occasione del GP del Belgio e ribattezzata “Racing Point Force India”: nuova proprietà e nuovo pilota, accanto al confermato Sergio Perez ci sarà ovviamente Lance Stroll, che ha preso il posto di Esteban Ocon – che, purtroppo per lui, non ha un padre miliardario. Col 2018 si è conclusa anche la storia (non) d’amore tra Renault e Red Bull che dal prossimo abbraccerà il propulsore Honda, sviluppato dalla Toro Rosso: i rumors parlano già di un motore a livello di Mercedes e Ferrari. Sarà vero? Non resta che aspettare i test invernali e soprattutto il 17 marzo per il GP d’Australia, primo dei 21 appuntamenti in calendario. Buon anno a tutti!
Alberto Fussotto
Abu Dhabi: Vettel 2°. Raikkonen saluta col 3° posto nel Piloti
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[tab title=”Team per team”]
I protagonisti del 2018
Analizziamo team per team la stagione di F1 2018 e per “team” intendiamo tutto, monoposto, tecnici, piloti, dirigenti. Abbiamo voluto stare alla larga da elementi come sospetti su batterie, fori ruota, spessori di gomma e penalità che a volte hanno lasciato molti dubbi. Ne abbiamo parlato durante la stagione e, diciamocelo pure, a volte sono stati temi enfatizzati all’estremo solo in Italia. Spesso abbiamo come l’impressione che a vivere male quello che succede nei gran premi per giorni e giorni siano più gli stessi appassionati e certi raccontatori di fatti che chi invece vive certi avvenimenti in prima persona nel Circus. Per questo motivo abbiamo guardato più alla globalità di quello che è successo che soffermarci su questo o quell’episodio specifico che tutti ricordiamo bene. Partiamo dal fondo e saliamo verso la vetta.
Williams Mercedes
Ci stiamo avvicinando al 2019. Per la Casa inglese vorrà dire che saranno trascorsi 40 anni dalla prima vittoria in F1 a Silverstone con Clay Regazzoni. Siamo tutti consci che già da qualche anno la Williams non è più il team che dominava la scena negli anni 80 e 90. La stagione 2018 per il team di Sir Frank è stata la peggiore, se tralasciamo il 1977 dove schierava una vecchia March per Neve. Ultima nel campionato con 7 miseri punti. 4 ottenuti in Azerbaijan e 3 a Monza. Una vettura nata male e mai progredita. Per il 2019 non ci saranno più i soldi di Stroll e nemmeno quelli della Martini. Certo arriveranno gli sponsor di Kubica, e il fatto che Toto Wolff abbia imposto il giovane talento Russell mette al riparo da problemi motoristici. Ci chiediamo però se il team possa permettersi un’altra stagione così. Quando inquadrano Claire Williams nel box, non vediamo mai una figura serena, ma una donna che porta sulle spalle il peso di un cognome pesantissimo. Di un padre che ha creato un team dominante da cui ci si aspetta sempre grandi cose. Ci viene da dirle, in “morettiana” memoria: “Claire, dì qualcosa. Fai qualcosa”. Ma niente. La vediamo in difficoltà. Non c’è molto da analizzare per questa stagione 2018. C’è da sperare che il team si rialzi perché se ti abitui agli ultimi posti, poi è difficile risalire la china. Le ultime righe sono per Sirotkin, un ragazzo purtroppo bollato come pilota pagante (come fosse l’unico in F1) ma che invece ha dimostrato, al netto della pessima vettura, che meriterebbe una seconda possibilità nel Circus.
Scuderia Toro Rosso Honda
I fatti e i numeri dicono che il team austro-italiano è penultimo nel Costruttori con 33 punti conquistati. Era lecito aspettarsi di più se non fosse per il fatto che Honda doveva lanciare un segnale forte per la prossima stagione. Invece dobbiamo credere che il vero motore da primi posti sia il prossimo e che quest’anno sia stato interlocutorio, con Toro Rosso che ha fatto da laboratorio viaggiante per la Honda stessa e per la sorella maggiore Red Bull in vista della stagione 2019. Bahrain a parte, dove uno splendido Gasly ha ottenuto 12 punti, il resto della stagione ha vissuto di ben pochi acuti e quasi sempre del galletto francese. Per Brendon Hartley, che sarà anche stato bersagliato dalla sfortuna per carità, 4 punti sono troppo pochi e non rispecchiano le qualità di questo ragazzo che nell’endurance è grande interprete e tra i più veloci al mondo. E’ mancato un suo acuto in questa stagione. Era lecito aspettarsi di più. Non c’erano dubbi sul fatto che, partito Ricciardo per la Renault, la Red Bull scegliesse Gasly come sostituto. Proprio il francese, a differenza del biondo neozelandese, si è meritato sul campo questa promozione. Uomo giusto al momento giusto. La speranza è che il team raccolga il frutto del lavoro fatto quest’anno nel 2019, sempre Honda permettendo.
Alfa Romeo-Sauber Ferrari
La scommessa di Marchionne di dare visibilità ad Alfa Romeo tramite il team elvetico ha fatto bene a entrambe le compagini. Il team ha conquistato 48 punti e il terz’ultimo posto nel Costruttori è molto bugiardo. Qui per una volta i numeri mentono, o almeno, lo fanno in parte. Il team è quello che più ha strabiliato in stagione per il passo in avanti fatto da inizio anno. Con a capo una figura navigata che ha sempre respirato gomma e benzina come Vasseur, e un tecnico arrivato dalla Ferrari come Resta, i segni di miglioramento sono stati evidenti. Il telaio nato già buono, sviluppato meglio, con un ottimo motore Ferrari, ha supportato il giovane talento Leclerc permettendogli di mettersi in grande mostra e guadagnarsi la chiamata del team di Maranello per il 2019. La Sauber a essere onesti ha stupito specialmente in qualifica, per poi perdersi un po’ in gara. Ma né in McLaren né in Williams, abbiamo visto lampi di velocità tali come successo invece al team elvetico. Perfino Ericsson nell’ultima parte di stagione ha avuto la possibilità di vivere il suo più bel periodo in F1. Non è stato sicuramente all’altezza del talento di Leclerc, però va dato atto al pilota svedese di essersi sempre comportato bene, di avere sbagliato poco e, non dimentichiamolo, grazie ai suoi sponsor, di avere permesso al team di continuare a esistere anche dopo alcuni anni difficili.
Force India Mercedes
Il team che ha vissuto due volte. Fino al GP del Belgio, in mano al discusso e discutibile proprietario indiano Mallya. Dopo, salvato da una cordata di sponsor di Perez e dai capitali di Stroll che, caso molto interessante, per il finale di stagione aveva nel suo portafogli la sorte di ben due team essendo ancora coinvolto con la Williams dove correva il figlio Lance. Il team è sempre stato molto solido e concreto, come negli ultimi anni tra l’altro. Una coppia di piloti, Perez e Ocon, che spesso si saranno anche scontrati ai limiti di quello che la logica può proporre, però veloci, costanti, che hanno saputo tirare fuori il meglio dalla monoposto e hanno saputo tenere unito il team quando navigava in problemi economici e gli stipendi non arrivavano… men che meno gli sviluppi. La Force India è diventata una certezza di questa F1. Ha capito la sua posizione nel Circus e sa interpretarla al meglio soprattutto quando ci sono gare strane dove mancano i top team, come successo a Baku, cogliendo le opportunità. Una dote molto importante che speriamo mantenga anche negli anni a venire.
McLaren Renault
L’operazione simpatia e rinascita era anche iniziata bene con la presentazione della nuova monoposto nel colore Papaya che gloriosamente adornava le vetture del fondatore Bruce. Poi la realtà ha presentato il duro conto al team di Zak Brown. Dopo le prime discrete gare, comunque non all’altezza delle aspettative, il team si è incanalato in una spirale di involuzione tecnica che ha stupito proprio perché il 2018 doveva essere l’anno della rinascita. Il motore Honda, che Alonso non amava, che il nuovo management rinnegava perché facente parte di un accordo con il (troppo frettolosamente) silurato Ron Dennis, non è stato più un alibi. Può essere sicuramente stato una delle cause che ha portato verso una scelta telaistica non ottimale viste le scarse prestazioni degli anni precedenti. Ma, se era logico aspettarsi un inizio difficile con un motore Renault accoppiato tardivamente al telaio in fase di progetto, lo sviluppo della vettura dal GP di Spagna in poi è stato qualcosa degno dei migliori horror movies di Hollywood. A tenere a galla il team ci ha pensato il mai domo Fernando Alonso che in gara si è trovato a raccogliere punti che difficilmente erano pronosticabili dopo le qualfiche. Vandoorne ha sofferto oltremodo la convivenza con Alonso in un team spagnolo-centrico dove tecnicamente non è stato supportato alla pari del compagno superstar. Una parte centrale di stagione molto anonima, tanto da chiedersi che fine avesse fatto il talento del belga, mitigata solo in parte da un finale di stagione in crescendo. Zak Brown non è mai stato chiaro sulle cause di questa débacle. Ha deluso anche dal punto di vista della raccolta sponsor con una vettura praticamente vergine di marchi, se non per l’accordo con Coca Cola arrivato a fine anno, che non si sa se sarà esteso anche al 2019. L’arrivo di Gil de Ferran ha lasciato molti dubbi. Un accordo con Renault che ha dichiarato di pensare prima al proprio team e poi ai clienti, non è da McLaren. Urge cambiare rotta perché, come scritto per la Williams, rimanere nelle sabbie mobili non è bello. Per uscirne bisogna muoversi piano. Ma piano non va bene, perché davanti corrono tutti. Si vocifera che Renault abbia trovato tanti cavalli motore per il 2019…
Haas Ferrari
Il team americano ha finalmente convinto in questo 2018, è in crescita tecnica e organizzativa costante ed è riuscito a trarre il meglio dagli elementi Ferrari e Dallara che compongono la vettura. Nella classifica finale pesano e si notano per la loro assenza i punti persi nella prima gara di Melbourne. Mancano soprattutto i punti che dovevano essere portati da un Grosjean a tratti irriconoscibile: nessuno ha dubbi sulla velocità del pilota transalpino, però lo abbiamo visto troppo spesso impacciato e si è perso in errori da principiante come a Baku. E’ il primo a sapere che se vuole restare nel team (e in F1) il prossimo anno dovrà cambiare forma e stato mentale. Magnussen invece è stato veloce e carogna al punto giusto: sembra un pilota dei vecchi tempi andati. Nessuna sudditanza verso nessuno. Niente peli sulla lingua e monoposto in pista che sembra essere sempre più larga che lunga. Sicuramente in questo riconosciamo lo stile del padre Jan. Entrambi sono riconfermati nel 2019. L’impressione è che la Haas per rimanere in F1 non si accontenti di chiudere a metà gruppo. Il passo da fare è ancora grande ma i presupposti ci sono.
Renault
Pensate al Mondiale 2018 della Renault e diteci cosa vi viene subito alle mente. A noi solo Hulkenberg sotto sopra ad Abu Dhabi come immagine dell’anno del team transalpino e poi il nulla. Hanno fatto il compitino. Mai vicini ai primi, ma nemmeno mai invischiati nelle lotte nelle retrovie. Ci dicono che siano nel mezzo della ristrutturazione motoristica e telaistica che porterà verso i primi posti dal 2020. Una mediocrità assoluta per una monoposto che non ha permesso né a Sainz né a Hulkenberg di spiccare nemmeno una volta. Se pensate che la Force India è andata a podio, e loro no, capite cosa intendiamo. Almeno sono stati coerenti con i proclami fatti, e in questa F1 non è poca cosa. Però è lecito aspettarsi molto di più. Specie dal 2019 quando uno dei due piloti si chiamerà Daniel Ricciardo. Ecco, il vero acuto stagionale è stato l’aver ingaggiato il pilota australiano. Una mossa a sorpresa che però andrà supportata e sostenuta pensando che sicuramente con Daniel a bordo aumenterà la pressione mediatica.
Red Bull Racing TAG Heuer
L’unica vera antagonista al duopolio Mercedes-Ferrari. Sono stati molti gli exploit vincenti del team anglo-austriaco in questo Mondiale. Ricciardo in Cina e a Montecarlo. Verstappen in Austria e in Mexico. Poteva uscire risultato pieno anche in Azerbaijan, se solo i due torelli non si fossero buttati fuori da pivelli tra le stradine di Baku. Oppure a Interlagos se non ci fosse stata l’incomprensione tra Ocon e Verstappen alla S Senna. Il telaio Red Bull in miglioramento prestazionale è stato secondo solo a Mercedes. Anzi, a fine anno l’impressione è stata che fosse addirittura meglio per come riusciva a far lavorare bene i pneumatici, come provano le gare solide di Verstappen. Proprio Max è stato scelto come punta per l’assalto al Mondiale 2019.
Lo abbiamo sentito molte volte quest’anno lamentarsi via radio del motore Renault, anche quando non serviva considerando certe prestazioni viste in gara. Speriamo per lui che Honda non lo costringa il prossimo anno a parlare troppo via radio piuttosto che pensare a guidare. Max è una roccia. Va per la sua strada. Non guarda in faccia a nessuno. Ha iniziato a sbagliare di meno, in gara è sempre tra i più veloci. Deve trovare il guizzo in qualifica. Lui, che spesso viene accostato a Senna, a differenza del pilota brasiliano che stupiva tutti già con la Lotus, non ha mai convinto sul giro secco e deve lavorare ancora molto su questo aspetto.
Ricciardo invece è stato maestoso in Cina, ma soprattutto a Montecarlo. Un capolavoro di nervi saldi, abilità di guida e gestione vettura con evidenti problemi meccanici che ha riportato alla memoria certe imprese viste in passato. Poi la rottura col team. Capito che ormai tutti erano dalla parte dell’olandese, ha cercato nuovi stimoli altrove. La strada McLaren sbarrata dalle condizioni poco invitanti di team e vettura. Quella Ferrari dove non poteva affiancare nuovamente Vettel e comunque già intenzionata a far crescere Leclerc. La scelta di accasarsi con Renault va vista in ottica futura: ci vorrà pazienza, più di quella avuta nell’ultima parte di stagione dove è stato bersagliato dai problemi meccanici. Se Honda azzecca il motore, per lui saranno dolori. Ma con i se non si vincono i Campionati…
Ferrari
Il dottor Jekyll e Mr Hyde della stagione. Giusto per rinfrescare la memoria lasciamo parlare le classifiche e ci soffermiamo su Vettel che era (è e sarà) colui che doveva riportare il Mondiale a Maranello. Australia e Bahrain vittoria con un inizio di campionato travolgente. Cina P8. Azerbaijan P4. Spagna P5. Montecarlo P2. Canada P1. Francia P5. Austria P3. Inghilterra P1. Ecco fino a questo gran premio non possiamo non dire che la Ferrari fosse una vettura nata male e inferiore alla Mercedes. Anzi in prestazioni come a Silverstone o Montreal, il team italiano ha menato di brutto i tedeschi. Se Vettel non avesse fatto gli errori di Baku, al Paul Ricard in partenza e in Austria durante le prove, il ruolino di marcia sarebbe stato ancora più impressionante. Diciamo questo perché comunque, al netto degli errori, in Austria e Francia Sebastian ha saputo porvi rimedio nella classifica di fine gara. Fino al GP di Gran Bretagna la lotta con Mercedes era pari, anzi la roulette lasciava intuire che fosse meglio puntare sul rosso. Poi è arrivato il GP di Germania: la morte di Marchionne da una parte e il bruttissimo errore di Vettel dall’altra hanno minato la certezza di una possibile vittoria mondiale nel team e nel pilota stesso. E’ stato il momento di svolta in negativo della stagione per il team di Maranello.
L’acuto del tedesco a Spa è stato l’ultimo nella seconda parte di stagione. Abbiamo visto a una Ferrari incapace di progredire tecnicamente a differenza delle evoluzioni portate dalla Mercedes. Vettel ha deluso molto da Monza in poi, senza se e senza ma. L’errore di foga alla Roggia è costato ben di più di quello in terra tedesca. Perché psicologicamente ha dato la solidità mentale e ancora più voglia di vincere il Mondiale a Lewis. Seb invece questa solidità mentale l’ha persa e ha dovuto anche barcamenarsi con decisioni interne ed esterne alla pista che dovevano e potevano essere gestite meglio da chi ci mette la faccia ogni domenica nel post-GP. Pensiamo a come male sia stato gestito il (non) rinnovo di contratto di Raikkonen proprio a Monza o le qualifiche di Suzuka o il non aver saputo supportare dal muretto il pilota tedesco in gare che l’hanno visto commettere errori incredibili per la sua caratura sia in Giappone sia negli USA. Poteva essere una stagione che magari non portava comunque al Mondiale. Di certo poteva, anzi doveva, concludersi solo ad Abu Dhabi all’ultima gara, per le potenzialità espresse in pista.
E concludiamo parlando di Kimi Raikkonen. Redivivo in quel di Austin e nell’ultima parte di stagione quando ha saputo che il suo destino per il 2019 lo avrebbe portato verso la Sauber, ha mostrato lampi del campione che sappiamo essere ma, lo scriviamo onestamente, la scelta di sostituirlo con Leclerc per la prossima stagione crediamo sia stata giusta. Kimi e Sebastian lavoravano bene insieme finché tra i due era tutto chiaro. Lo è stato meno a Monza e abbiamo visto tutti cosa è successo. Sicuramente alla Ferrari mancheranno il feedback tecnico e l’esperienza di Kimi almeno a inizio stagione, ma era giusto cambiare. Introdurre Leclerc, giovane, veloce e che smania per la voglia di indossare la tuta rossa è stato giusto. Serve questa voglia che il monegasco sembra avere in ogni giro di ogni GP, nessuno escluso. Perché in Mercedes hanno un obiettivo ben chiaro: cancellare nei numeri e nelle vittorie il ricordo del dominio Ferrari di Schumacher e Todt.
Mercedes
Chi dice che la Mercedes sia stata sempre nettamente superiore agli avversari, mente sapendo di mentire. Forse perché vuole addolcire l’amara pillola di aver visto la Ferrari perdere il Mondiale. La prima vera vittoria dell’anno è arrivata al quinto GP, in Spagna. Sì, lo sappiamo che Lewis Hamilton ha vinto anche a Baku alla quarta gara, ma in quella occasione la vittoria gli è stata servita su un piatto d’argento dagli avversari. Fino a prima di Monza le gare sono state tutte sudate… Il GP di Germania fa storia a sé perché in buona parte regalato, in quanto ancora oggi non si capisce come abbia evitato la penalità per aver tagliato la corsia box in entrata in gara. La realtà è che la Mercedes si è trasformata da Monza in poi. Ha trovato i giusti sviluppi aerodinamici e un Lewis Hamilton che come non mai da quando corre in F1 è stato solido e sereno in ogni condizione.
A inizio anno ha capito quando era ora di portare punti a casa con la vettura non all’altezza della situazione. Dalla seconda parte di stagione in poi in modalità cannibale con gare come Monza, Singapore e Giappone ha definito il suo status di penta-campione. E’ stato agevolato in questo dalle mancanze della Ferrari di cui abbiamo detto e sopratutto da una onestà interna al team su chi fosse prima guida e chi seconda in ogni condizione tra lui e Bottas. Spiace per il finlandese vedere scene come quelle del GP di Russia, ma i Mondiali vanno vinti anche con ordini di scuderia. Possiamo discutere se fosse un ordine necessario o no vista la classifica, come successo per Barrichello con Schumacher in Austria, ma la realtà è che in un team dove tutto è chiaro, nel complesso mondo della F1 avere un problema in meno da gestire è già una vittoria.
Toto Wolff, che per noi è stato il personaggio dell’anno di questa F1, a un certo punto si è girato di lato e non ha più trovato Niki Lauda che, gravemente malato, ha abbandonato il team a metà anno. A differenza della perdita di Marchionne, che ha creato problemi e aperto crepe nell’organizzazione della rossa, la mancanza di Niki ha cementato il team Mercedes. Non è mai facile trovare la voglia di migliorarsi e continuare a vincere sempre. Toto sa che il board Daimler ha iniziato a guardare oltre la F1. Prova ne è l’ingresso in forma ufficiale in F1 dalla prossima stagione. Per rimanere in F1 servono le vittorie. Hamilton è la sicurezza. Ritrovare la forma mentale di Bottas diventa ora una priorità, visto come si sono organizzati gli altri team. Ocon è in panca pronto anche per quello. Se Valtteri dovesse incappare in un inizio di stagione anonimo, non ci meraviglierebbe vederlo sostituito da Esteban.
Questo è il racconto della stagione 2018. L’anno che sta arrivando fra un anno passerà. Come sempre. Per cominciare a scrutare il 2019 avremo tempo dai primi test che sono ormai dietro l’angolo.
Riccardo Turcato
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[tab title=”Minardi: la mia Formula 1″]
Minardi: 2019 di grandi novità e tanti giovani
Abbiamo salutato il mondiale da poche settimane, ma tra meno di 90 giorni si alzerà il sipario sul GP d’Australia, la prima delle 21 gare del Mondiale 2019 che scatterà il 17 marzo per concludersi il 1° dicembre ad Abu Dhabi. Sarà una stagione ricca di novità non solamente sul fronte dei regolamenti tecnici e dei pneumatici, ma anche di una griglia rinnovata per il 60% tra piloti che hanno cambiato casacca e nuovi arrivi. Delle dieci squadre solo Mercedes e Haas hanno confermato in toto la line-up con Hamilton-Bottas e Grosjean-Magnussen.
100% NOVITA’ – Sauber, Toro Rosso, McLaren e Williams hanno stravolto completamente la coppia piloti con l’esordio di Lando Norris in McLaren a fianco di Carlos Sainz che ha salutato la Renault, Alexander Albon in Toro Rosso, George Russell in Williams e di Antonio Giovinazzi pilota ufficiale in Alfa Romeo-Sauber, assieme a Kimi Raikkonen, dopo i due gran premi del 2017 in sostituzione dell’infortunato Wehrlein.
50% NOVITA’ – Stravolgimenti importanti anche tra i top team con l’arrivo in Ferrari, a fianco di Sebastian Vettel, del giovane Charles Leclerc e in Red Bull di Pierre Gasly, promosso a fianco di Max Verstappen al posto di Daniel Ricciardo che vestirà i colori Renault assieme a Nico Hulkenberg. In casa Force India ci sarà Lance Stroll a fianco del confermato Sergio Perez. Avremo anche due ritorni importanti in Williams e Toro Rosso, che schiereranno rispettivamente Robert Kubica e Daniil Kvjat.
Ci aspetta un 2019 interessante con giovani di grande qualità come Giovinazzi, Russel, Norris, Albon. Una griglia di partenza che si ringiovanisce e che premia il lavoro delle formule minori, in particolare della Formula 2 che avrà i suoi primi tre classificati promossi in F1 tra McLaren, Toro Rosso e Williams, anche se non sono d’accordo sull’operato della FIA, in particolare sui punteggi attributi alla nuova F3 Regional per l’acquisizione della Superlicenza F1.
Gian Carlo Minardi
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[tab title=”Brembo”]
Brembo e Formula 1: 2008 vs 2018
Il campionato di Formula 1 è da sempre il banco di prova privilegiato per le principali innovazioni tecniche nel settore motoristico, oltre che la sua più prestigiosa vetrina internazionale. Dal 1975 a oggi, Brembo ha conquistato ben 24 campionati Piloti e 28 campionati Costruttori, equipaggiando con i suoi impianti freno d’avanguardia le monoposto più veloci e prestigiose del mondo, dalle Ferrari alle McLaren-Honda alle Mercedes. I nomi dei piloti che hanno corso con Brembo hanno fatto la storia della Formula 1: tra gli altri, Michael Schumacher, Ayrton Senna e Niki Lauda fino, ovviamente, al neo-Campione Lewis Hamilton.
I progressi eccezionali che hanno caratterizzato la Formula 1 negli ultimi 10 anni ne hanno confermato la validità come banco di prova tecnologicamente più avanzato del pianeta, non solo per gli ingegneri e le Case automobilistiche più importanti, ma anche per i costruttori di componenti come Brembo. Dal 2008 al 2018 i sistemi frenanti sono stati protagonisti di un’evoluzione e di un incremento delle prestazioni particolarmente significativi. Migliorie che hanno anche influenzato il modo di frenare dei piloti, decisamente differente rispetto a 10 anni fa. Ovviamente le monoposto odierne sono molto diverse da quelle del 2008 e il diverso comportamento in fase di frenata non può e non deve essere attribuito solo ai freni. Diversi assetti delle vetture, diversi carichi aerodinamici e soprattutto pneumatici più larghi (e addirittura di costruttori diversi rispetto a quelli del 2008) giocano un ruolo rilevante nel differenziare le performance di frenata. Tuttavia anche l’evoluzione dei sistemi frenanti Brembo ha fatto passi da gigante in questi 10 anni e per dimostrarlo abbiamo messo a confronto i dati di tutte le frenate delle monoposto in occasione del GP Canada del 2008 e del GP Canada del 2018.
SPAZIO DI FRENATA: -22%
Il dato più sorprendente derivante dal confronto tra i due GP riguarda lo spazio di frenata, diminuito addirittura del 22,2%: nel 2008 una frenata al Circuit Gilles Villeneuve richiedeva in media 113 metri, mentre quest’anno bastano 88 metri. Parliamo naturalmente di valori medi perché i dati puntuali, pur esprimendo la stessa tendenza, variano molto: alla penultima curva, quella che porta al Muro dei Campioni, le monoposto hanno percorso quest’anno in frenata 98 metri mentre 10 anni fa, nello stesso punto, si servivano dei freni per 117 metri.
TEMPO DI FRENATA: -15%
Pur notevole, la riduzione dei tempi di frenata non è andata di pari passo con la riduzione degli spazi di frenata: dal 2008 al 2018 a Montreal l’uso dei freni sul giro si è ridotto di un paio di secondi, pari a una diminuzione del -15,5 %. Detto così può sembrare poco, ma per dimostrarvi il contrario ecco un dato: 10 anni fa in 3 delle curve del circuito canadese i piloti usavano i freni per oltre 2 secondi e in uno di questi punti lo facevano per 3 secondi abbondanti. Quest’anno invece gli impieghi massimi sono stati di 2,44 secondi alla curva 10 e di 2 secondi alla citata curva 13.
CARICO SUL PEDALE: +4%
Se gli spazi di frenata sono diminuiti del 22% e i tempi di frenata “solo” del 15% la ragione è una sola: è cresciuta la forza esercitata dai piloti sul pedale del freno così come la potenza degli impianti frenanti Brembo. Nel 2008, in media, ad ogni curva del GP del Canada i piloti esercitavano un carico sul pedale di 129 kg, mentre quest’anno il valore medio è salito a 134 kg: una crescita del 4% che ha reso più dispendiosa la guida dei piloti. Oltre alla maggiore forza esercitata dai piloti è aumentata in misura decisamente consistente anche la potenza degli impianti frenanti Brembo: dal 2008 ad oggi, si sono evolute le caratteristiche della lega in alluminio-litio delle nostre pinze freno. Le pinze odierne sono caratterizzate da una maggiore complessità delle geometrie, esasperate sia da una continua ricerca di ottimizzazione del rapporto rigidezza-peso, sia da forme sempre più efficienti per ottenere il raffreddamento indispensabile a ciascuna monoposto.
DECELERAZIONE: +12%
Maggiori velocità, maggior larghezza dei pneumatici (con conseguente elevata capacità di scaricare a terra la coppia frenante) e ovviamente impianti frenanti Brembo più performanti sottopongono i piloti ad una decelerazione notevolmente superiore rispetto al passato: nel 2008 il valore medio sul giro della decelerazione massima media a Montreal era di 4,2 G mentre nel 2018 il valore supera i 4,7 G: un incremento dell’11,9%. Alla curva 8 del GP Canada la decelerazione a cui vanno incontro i piloti raggiunge i 4,9 G a fronte dei 4,4 G che venivano sperimentati nel 2008. Ancora più elevata sia in termini assoluti sia in percentuali la variazione riscontrata alla prima curva: dai 3,7 G di 10 anni fa ai 4,8 G di quest’anno. Analoghe variazioni abbiamo registrato anche negli altri tracciati che hanno ospitato le prime gare del Campionato del Mondo Formula 1 2018. Tutto ciò sarà ancora più evidente in una pista come Monza, dove nel 2008 la decelerazione massima non superava mai i 5 G. Quest’anno invece, secondo i calcoli al simulatore, nessuna delle 6 frenate sarà inferiore a 5,1 G e all’ingresso della Parabolica dovrebbe superare abbondantemente i 6 G.
DISCHI FRENO: DA 200 a 1.400 FORI (+600%)
Uno dei componenti del sistema frenante che ha subito un’evoluzione visibile anche a occhio nudo è il disco freno. Nel corso del decennio l’avanzare degli studi ha permesso a Brembo di aumentare progressivamente il numero dei fori e di diminuirne le dimensioni: dieci anni fa, nel 2008, i fori di ventilazione di un disco di Formula 1 erano circa 200. Appena 4 anni dopo, il loro numero era triplicato arrivando a 600 fori. L’innovazione però non si è fermata e nel campionato 2014 le monoposto di Formula 1 sono arrivate ad impiegare dischi con oltre 1.000 fori di ventilazione. L’incremento della superficie del disco esposta alla ventilazione, garantisce infatti una maggiore dispersione del calore, riducendo la temperatura d’esercizio. Nei dischi in carbonio di Formula 1 la temperatura può addirittura raggiungere picchi di un migliaio di gradi centigradi per brevissimi istanti.
A partire dal 2017, il maggiore spessore dei dischi, salito da 28 a 32 mm, ha permesso di incrementare ulteriormente lo spazio per i fori di ventilazione, determinando un’ulteriore evoluzione del sistema di raffreddamento degli impianti. Oggi ciascun disco freno Brembo può arrivare a disporre di quasi 1.400 fori di ventilazione nelle versioni più estreme, un centinaio in più di quelli presenti sui dischi del 2017. I fori, disposti ora su 4 diverse file, misurano 2,5 millimetri di diametro e sono realizzati uno ad uno da un macchinario di precisione: per completare tutti i fori di un singolo disco sono necessarie dalle 12 alle 14 ore di lavoro. A questi livelli, la precisione è tutto: la tolleranza di lavorazione è di soli 4 centesimi di millimetro.
PASTIGLIE: ENERGIA DISSIPATA +10%
Anche le pastiglie hanno subito cambiamenti significativi nell’ultimo decennio sia nelle dimensioni che nelle geometrie. L’area complessiva di ciascuna è cresciuta di poco meno del 2 per cento (da 4.000 mm a 4.070 mm) ma ora appaiono più allungate del passato: nel 2008 misuravano 106 x 25 mm, nel 2018 invece ammontano a 185 x 22 mm. Oggigiorno le pastiglie devono smaltire energie notevolmente maggiori: in Canada 10 anni fa la temperatura dei dischi al tornante (curva 10) raggiungeva un picco di 908°C mentre quest’anno nello stesso punto supera i 1.000°C. Per ovviare a questo problema, anche la ricerca sulle forme delle pastiglie stesse si è fatta più approfondita ed esasperata: le pastiglie dispongono infatti di fori di ventilazione che sono personalizzati in base alle richieste di ciascun team.
PINZE FRENO: LEGGEREZZA +15%
Nel corso degli ultimi 10 anni le pinze freno hanno subito un percorso evolutivo in parte divergente: da un lato si è privilegiata la semplificazione delle scelte in pista ma dall’altro è sempre più evidente la personalizzazione dello sviluppo in partnership con le scuderie. Nel 2008 esistevano pinze differenti a seconda del circuito affrontato dalle monoposto, con evidenti problemi di selezione e l’impossibilità di sostituire in emergenza un esemplare con uno progettato per una diversa pista. Da qualche anno però ogni scuderia utilizza un’unica tipologia di pinza per tutti i circuiti della stagione. Parallelamente è cresciuta la complessità nello sviluppo. Oggi, contrariamente a quanto avveniva 10 anni fa, la F1 richiede una profonda personalizzazione degli impianti frenanti legati alle diverse scelte progettuali delle singole monoposto.
Ciascuno dei team forniti da Brembo richiede un sistema frenante sempre più “su misura”, strettamente integrato con il design della monoposto e soggetto ad uno sviluppo continuo nel corso della stagione. Per quanto riguarda le pinze freno ad esempio, la perfetta integrazione con il sistema di raffreddamento del corner (presa d’aria, drum, deflettori…) e con le soluzioni aerodinamiche studiate da ogni singolo team, fa sì che ogni componente sia unico. Oltretutto, oggi le preferenze dei piloti incidono sulle diverse combinazioni di rigidezza e peso. Ci sono infatti team che prediligono pinze più leggere, perché hanno bisogno di abbassare il peso dell’auto, pur perdendo qualcosa in termini di rigidezza. Altri invece privilegiano la rigidezza, a scapito della massa. Nel complesso, a fronte di una riduzione di peso pari a solo il 15% rispetto al 2008, la lavorazione delle pinze freno risulta oggi estremamente più complessa rispetto a 10 anni fa.
BRAKE BY WIRE
Infine, altra significativa novità apparsa negli ultimi 10 anni è il Brake By Wire. La necessità di garantire la corretta azione frenante al retrotreno, al netto dei contributi di coppia derivanti dai motori elettrici, ha portato all’introduzione nella stagione 2014 di un ulteriore elemento innovativo: il Brake By Wire (BBW). L’impianto posteriore, nella normale modalità di impiego, non è più azionato direttamente dal pilota, ma dall’impianto idraulico in alta pressione della vettura (vale a dire quello che aziona il cambio, o il power steering), tramite l’opportuno controllo della centralina elettronica, che tiene conto, in ogni istante, dei contributi legati alle due MGU e della ripartizione frenante impostata dal pilota. Sull’asse posteriore l’energia da dissipare a parità di attrito si è ridotta, essendo in parte recuperata dalla MGU-K: si può così impiegare una pinza meno ingombrante e più leggera. Per questo motivo oltre alle tradizionali pinze a 6 pistoni, valore massimo stabilito dal regolamento, Brembo fornisce ad alcuni team pinze a 4 pistoni da utilizzare al posteriore proprio per andare incontro alle loro richieste di maggior leggerezza.
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Pirelli: un 2018 da record e le novità 2019
Il 2018 per Pirelli è iniziato nel segno dell’arcobaleno e con l’introduzione della mescola più morbida di sempre, la Pink Hypersoft, con 10 record sul giro nell’arco della stagione, registrati in Spagna, Monaco, Francia, Austria, Belgio, Singapore, Russia, USA, Messico e Brasile. Ma il record dei record è quello battuto da Kimi Raikkonen a Monza, che resisteva dal 2004 quando Juan Pablo Montoya, nelle pre-qualifiche, girò a una media di 262,242 km/h. A togliergli il primato ci ha pensato il finlandese che in qualifica, al volante della SF71H, ha percorso i 5,7 chilometri a una media di 263,587 km/h, il giro più veloce nella storia della F1 che gli vale anche il titolo di poleman più anziano (che dal 1994 apparteneva a Nigel Mansell). Un anno importante, in cui la Casa milanese ha anche ottenuto il rinnovo del contratto, che la vedrà fornitore unico della F1 fino al 2023. E grosse novità arriveranno nel 2019, con tre colori uguali per tutti i gran premi: bianco, giallo e rosso. Ad Abu Dhabi, subito dopo l’ultimo GP, ha già preso il via la nuova stagione, con i due giorni di test collettivi, in cui i piloti hanno provato i nuovi pneumatici, primo assaggio della stagione che verrà.
Mario Isola, Responsabile Car Racing: “In questi due giorni, i team hanno provato per la prima volta tutta la gamma 2019, confrontandola con quella 2018. Non è possibile trarre subito delle conclusioni, dato che le squadre hanno pianificato i run plan provando a scelta le diverse mescole disponibili. Abbiamo raccolto molti dati che saranno subito analizzati in vista della nomination per l’Australia, prevista per la prossima settimana. Il nostro obiettivo è quello di definire a breve le specifiche per i primi cinque gran premi del 2019. Il feedback dei team sulla nuova gamma è positivo e, in particolare, dalla prima giornata di test è emerso che finora le prestazioni della mescola 5 sono simili a quelle della hypersoft 2018 e in linea con quanto avevamo previsto, ma con meno graining. Un altro fattore importante da considerare a margine di questo test è che quello di Abu Dhabi è un circuito che presenta velocità in curva non particolarmente elevate. In teoria potremmo ancora modificare alcuni dettagli sulla gamma 2019, visto che l’omologazione finale è prevista per il 1° dicembre, anche se speriamo di non farlo. Nel frattempo studieremo attentamente tutti i dati raccolti durante questo test”.
PIRELLI IN FORMULA UNO (dal 1950 al 2018)
- Gare: 341
- Vittorie: 182
- Pole position: 185
- Podi: 511
- Giri più veloci: 189
- Titoli Piloti: 12
- Titoli Costruttori: 7
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[tab title=”Sparco”]
Sparco: sicurezza sempre. Già pronti per il 2019!
Anche nel 2018 Sparco è stata presente in Formula 1 come fornitore del team McLaren e ha vestito quindi i piloti titolari Fernando Alonso e Stoffel Vandoorne. PRESTAZIONI e SICUREZZA sono da sempre l’obiettivo perseguito con estrema cura e tutta l’ultimissima tecnologia dalla factory di Volpiano, alla costante ricerca di nuovi materiali per la realizzazione di prodotti sempre più performanti e protettivi.
Un pilota o un team danno per scontato che un prodotto sia sicuro ma non tutti sanno che i prodotti Sparco, come quelli di altri produttori, nascono seguendo i severi standard del FIA Institute (ovvero un istituto della FIA) che certifica se un prodotto è idoneo a essere immesso nel mercato. Per quello americano i prodotti sono sottoposti a ulteriori test da parte del SFI (SEMA Foundation, inc.) che rilascia la relativa omologa. Campionati come Nascar o Dragster richiedono la certificazione SFI. Entrambe le organizzazioni dettano le regole che ogni team deve rispettare per poter partecipare ai campionati e sono sempre loro a fornire ai produttori le normative cui attenersi per sviluppare e produrre prodotti conformi ai loro standard. In particolare la normativa regola gli standard minimi dei materiali per la protezione dal fuoco.
Secondo gli standard FIA le tute, ad esempio, devono resistere minimo 11 secondi al fuoco in conformità alla UNI EN ISO9151. I gradi ai quali la tuta viene esposta sono 800. Il test verifica che in caso di incidente prima che il calore passi attraverso la struttura della tuta, composta da uno strato esterno e uno o più strati interni, la differenza di temperatura non deve essere superiore ai 24 gradi centigradi in meno di 11 secondi. La FIA non impone limiti superiori.
Il peso di una tuta ignifuga Sparco varia a seconda del modello si parte da 1,3 kg della tuta X-Light (3 strati), agli 800 gr della Superleggera (3 strati) fino ai 700 gr (peso totale) della Extrema RS-10 monostrato. Le tute vanno tutte omologate e il numero (che corrisponde in pratica al nome della tuta), viene registrato nella lista FIA. Il numero di omologa deve essere ricamato, obbligatoriamente, sul retro del colletto.
Nel giovedì di Monaco, SPARCO ha rinnovato il contratto con la squadra di Woking. Dopo oltre vent’anni insieme, l’accordo vedrà SPARCO con McLaren almeno fino al 2021, anno in cui si celebreranno quindi le “nozze d’argento” tra le due aziende, la cui prima partnership risale al 1996.
Stoffel Vandoorne diventerà anche testimonial dell’azienda italiana che fornisce abbigliamento da gara ai campioni della F1, indossando per la prima volta anche guanti e scarpe SPARCO e dando il suo apporto alle attività future di ricerca e sviluppo. SPARCO continua a innovare e sviluppare abbigliamento sportivo adatto alle nuove esigenze del mondo del racing, fornendo tecnologia, qualità ed esperienza made in Italy. Oltre all’operazione con McLaren in Formula 1, SPARCO continuerà a sostenere il programma e-sport McLaren 2018. Sparco offre una gamma completa di prodotti e-sport ispirati al mondo del racing che migliorano l’esperienza in-house e di gara dei giocatori.
Zak Brown, Amministratore delegato McLaren: «É un piacere annunciare l’estensione della nostra partnership con SPARCO, che fornisce da oltre 20 anni a McLaren abbigliamento sportivo di qualità superiore, e attendiamo con trepidazione il nostro 25° anniversario nel 2021. La continua innovazione e lo sviluppo di SPARCO hanno permesso di rimanere al top del mercato dei prodotti racing e siamo entusiasti all’idea di continuare a favorire questo processo in futuro».
Aldino Bellazzini, Presidente SPARCO: «Siamo orgogliosi di lavorare da oltre 20 anni in Formula 1 a stretto contatto con i piloti McLaren. È un piacere estendere e potenziare questa collaborazione per altri quattro anni con un team così prestigioso, che è sempre stato tra i migliori nel mondo dei motori».
Stoffel Vandoorne, pilota McLaren: «Sono onorato di diventare il nuovo ambasciatore di SPARCO, a seguito del rinnovo della partnership con McLaren. Lavorerò con SPARCO su ricerca e sviluppo, mettendo a disposizione la mia esperienza per aiutare a creare la linea sportiva del futuro. La tecnologia di SPARCO è la migliore del settore e non vedo l’ora di poterla usare in pista».
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