WSERIES. Ho sempre pensato, e sempre penserò, che ho la fortuna di seguire e amare uno dei pochi sport al mondo che può mettere nelle stesse condizioni sportive di sfida l’uomo e la donna. Il motorsport può avere molti problemi tecnici, economici, di regole sportive, ma l’aspetto che tutti possano competere alla pari dentro un abitacolo a visiera abbassata è sempre stata una certezza. Scopro da oggi che così non sarà più: nasce infatti il monomarca per sole donne WSERIES. Monomarca gratuito che dovrebbe aiutare le donne a salire la scala del motorsport.
Quindi nessun aiuto alla base di partenza coi go-kart dove ci vorranno ancora tanti soldi per permettersi di iniziare una carriera. Ma gli organizzatori ci dicono che questa serie serve per raccogliere piu partecipazione femminile. Eh sì, bastasse solo questo. La contraddizione sta tutta nelle parole di presentazione di David Coulthard (uno degli organizzatori della serie): “In order to be a successful racing driver, you have to be skilled, determined, competitive, brave and physically fit, but you don’t have to possess the kind of super-powerful strength levels that some sports require. You also don’t have to be a man. That’s why we at W Series firmly believe that female and male racing drivers can compete with one another on equal terms given the same opportunity.”
Per avere successo non devi essere un uomo… devi avere talento, essere competitivo ecc ecc… Quindi? Dove sta la novità? Se una donna ha tutte queste qualità in alto ci arriva. Donne forti al volante negli anni non hanno avuto bisogno di una Serie femminile. Lella Lombardi, Desirée Wilson, Danica Patrick, Simona de Silvestro, Katherine Legge, solo per fare qualche nome, sono arrivate a competere ad alti livelli proprio perché capaci. Anzi la nostra Lella Lombardi si incazzava come una bestia se la chiamavi pilotessa. “Pilota, io sono un pilota“, diceva.
Un’altra cosa che mi fa incazzare molto, scusate la parolaccia, è che nel video di presentazione della serie si vedono frasi altamente maschiliste tipo “non sanno guidare”, “non c’è spazio per le donne”, “non hanno la forza”, che servono solo come mezzo a giustificare la nuova serie. Ora se qualche idiota pensa queste cose, non mi sembra invece una grande cosa far sembrare che tutti gli esseri maschili siano contro le donne nel motorsport.
We believe any woman with talent, passion and commitment should have a chance in motorsport. We’re here to create those chances and increase participation in a sport we love. #RethinkRacing pic.twitter.com/Ilhq0ZhfLL
— W Series (@WSeriesRacing) October 10, 2018
Vedo che ci sono belle cifre in ballo, milioni di euro alla vincitrice, centinaia di euro fino all’ultima in classifica. Non vorrei che, come al solito, fosse tutta una cosa per racimolare soldi dagli sponsor. E non vorrei nemmeno che arrivassero piloti che falliscono da altre parti e qui invece sembrano quello che non sono. Se negli anni abbiamo avuto esempi come Carmen Jorda che non andava nemmeno a spingerla non è un problema del motorsport… è un problema che lei non aveva la stoffa per correre. Ho visto personalmente correre sia Susie Wolff sia Katherine Legge nel DTM. Ebbene una riusciva a portare a casa dei risultati. L’altra era sempre ultima. La Legge è poi andata in Indycar e si è creata una solida carriera nelle corse americane, l’altra invece, senza nessun merito, è arrivata in F1 (guardate il cognome da sposata e capirete perché) ed è lì che ci depaupera con la storia che le donne non hanno le stesse possibilità degli uomini. No grazie, anche basta.
What a sad day for motorsport. Those with funding to help female racers are choosing to segregate them as opposed to supporting them. I am deeply disappointed to see such a historic step backwards take place in my life time. https://t.co/8ZrKqaADwx
— Pippa Mann (@PippaMann) October 10, 2018
In bocca al lupo alla nuova Serie per carità, ma dalla FIA ci aspettavamo qualcosa di più concreto.
Ripropongo qui un articolo su Lella Lombardi che scrissi qualche anno fa. Tanto per farvi capire come alla fine dei conti è il talento quello importante… Lella ne aveva da vendere. Infatti arrivò a punti in F1.
Il secondo e mezzo di Lella Lombardi. La vera storia
La storia non si può riscrivere ma si può rileggere, approfondire per dare a Cesare quel che è di Cesare… o meglio a Lella Lombardi. Lella è stata la migliore donna della F1. Punto e basta. Era una vera racer, capace di destreggiarsi tra monoposto, auto GT, Endurance e perfino Nascar. Non era lì per fare bel viso agli sponsor in TV. Ha il merito di essere l’unica donna a essere andata a punti in F1, anche se a lei non piaceva questa distinzione uomo/donna… era un pilota come tutti gli altri. Quel punto arriva nella stagione 1975. Ok, è mezzo punto perché quel GP di Spagna fu concluso prima della fine, ma nella storia pesa tantissimo. Non pesa anche il mezzo punto di Lauda su Prost nel 1984 ad esempio? Dobbiamo rivalutare e dare ancora più spessore alla carriera di Lella nel Circus iridato. Lo dice Robin Herd, che della March di Lella era presidente e direttore tecnico con Max Mosley.
Negli anni 70 telemetria, sensori e computer sono cose ancora sconosciute al mondo della F1. Ci penserà la Tyrrell nel 1977 a introdurre la prima primitiva telemetria, seguita poi dalle Brabham di Gordon Murray. Prima del 1977 era il pilota che doveva guidare i tecnici. Nonostante Lella non si stesse comportando male nel 1975 era comunque spesso distante da Vittorio Brambilla, il suo compagno caposquadra. È proprio Herd che, in un libro su Ronnie Peterson, riporta alla gara una verità che riabilita Lella.
Dice Herd: “Lella non andava male nel 75, ma non era veloce quanto Vittorio. Si lamentava con me e Max che la vettura andava bene in entrata di curva ma sbandava in uscita col retrotreno al momento di ridare gas. Io e Max dicevamo a Lella che questo succedeva perché non la portava in curva alla stessa velocità di Vittorio e quindi la vettura si comportava male. Per Vittorio l’auto era perfetta.”
A questo punto la storia vuole che a inzio 76 dopo il GP di Interlagos Ronnie Peterson ne abbia le tasche piene della Lotus e che voglia tornare alla March, con la benedizione di Herd, Mosley e il conte Zanon che sposta la sponsorizzazione da Lella a Ronnie. A Kyalami Ronnie si prepara a testare per la prima volta la March. Brambilla sta andando bene. Ronnie ha lo stesso telaio che Lella ha usato nel 1975. Parte ma resta anche lui lontanissimo dai tempi di Vittorio (che piano non andava).
Continua Herd : “La cosa ci sorprese. Insomma era Ronnie Peterson, come poteva esserci quel distacco? Dopo qualche giro Ronnie rientra ai box e dice che la vettura va bene in ingresso curva ma non si riesce a gestirla in uscita. In fase di accelerazione sbandava col retrotreno. Le stesse cose che ci diceva Lella ma a cui noi non credevamo. La verità è che il telaio di Lella, lo stesso che stava usando Ronnie, era danneggiato. C’era una crepa nella parte posteriore che non avevamo mai controllato. Cambiato il telaio Ronnie fu da subito più veloce e quell’anno vinse a Monza. Max e io ci siamo detti… cosa abbiamo fatto? Cosa abbiamo fatto alla povera Lella non ascoltandola?!?”.
Ecco come sono andate le cose per Lella in quello spezzone di carriera alla March. Ronnie, superswede, era tra i più veloci, se non il più veloce della sua epoca. Ha riabilitato la figura di Lella. Se solo i dubbi di Lella fossero stati ascoltati e verificati, la storia sarebbe stata diversa? Io penso di sì. Magari non sarebbero arrivate le vittorie, ma forse qualche punto in più certamente. Ma quella era la F1 allora. Un team garagista, per dirla alla Ferrari, come March aveva una vettura sola su cui puntare, le altre si dovevano vendere per fare cassa. Proprio le parole di Herd ad anni di distanza danno ancora più lustro alla figura di Lella, e la consacrano nell’olimpo dei cavalieri del rischio.
Riccardo Turcato