A 20 anni dalla scomparsa di Ayrton Senna, anche il presidente della Ferrari Luca di Montezemolo ha voluto ricordare il Campione di San Paolo.
“Avevo sempre apprezzato il modo di correre di Ayrton. Come in tutti i grandi campioni anche in lui c’era sempre un’enorme voglia di vincere, non si stancava mai di inseguire la perfezione e cercava di migliorarsi continuamente, era straordinario in qualifica ma anche un gran combattente in gara, sempre con il coltello fra i denti. Lui voleva la Ferrari e io lo volevo in squadra.
Poiché era in Italia per il GP di San Marino, ci incontrammo nella mia casa di Bologna mercoledì 27 aprile. Mi disse che apprezzava molto la posizione che avevamo preso contro l’eccesso nell’utilizzo degli ausili elettronici per la guida che non facevano emergere il reale valore dei singoli piloti. Parlammo a lungo e mi disse in modo chiaro che voleva chiudere la sua carriera in Ferrari dopo esserci andato vicino qualche anno prima. Ci accordammo per rivederci presto in modo da capire come superare i vincoli contrattuali che aveva in quel momento. Entrambi concordavamo sul fatto che per un pilota come lui la Ferrari sarebbe stata il normale sbocco per rendere la sua carriera, già brillantissima, addirittura unica. Purtroppo il destino portò via a tutti gli sportivi Ayrton e Roland in uno dei weekend più tristi della F1. Di Senna ricordo la gentilezza e la sua semplicità che sembrava quasi timidezza, in netto contrasto con il Senna pilota, un combattente sempre determinato a ottenere il massimo”.
Se siete lettori affezionati di MotoriNoLimits, sappiamo cosa vi state chiedendo: ma come? Abbiamo appena letto un articolo in cui Gian Carlo Minardi dice che Senna, secondo quanto dichiarato dal padre Milton, dopo il quinto Titolo avrebbe guidato per la scuderia di Faenza! Qual è la verità? Entrambe, e non bisogna trarre conclusioni affrettate. Dicono il vero sia Minardi sia Montezemolo, ma vanno distinte la carriera agonistica, l’obiettivo del pilota, e la sensibilità dell’uomo.
Gian Carlo Minardi si è tenuto stretto nel cuore per anni questo “segreto”, e non l’avrebbe mai rivelato se a parlarne non fosse stato Milton da Silva. Per lui sarebbe stato tradire il legame sacro dell’amicizia profonda che l’ha sempre legato al Campione brasiliano. Ayrton aveva un obiettivo, dichiarato: battere il record di Fangio. Esattamente come oggi Vettel punta a quello di Schumacher. Ovviamente non avrebbe potuto riuscire nel suo intento con la piccola Minardi e per qualunque pilota di F1 il sogno era, è e resterà sempre correre per la Ferrari.
“Cattivo” e aggressivo in pista, al di là delle tensioni sportive per Ayrton la Formula 1 era lo sport che amava e lo prova proprio il weekend di Imola, dopo la tragedia di Ratzenberger il sabato in qualifica (e non dimentichiamo il dramma sfiorato ai box, quando nella pitlane dalla Minardi di Alboreto si staccò una ruota che ferì cinque meccanici): un altro non avrebbe tirato per vincere, non sarebbe neppure sceso in pista, viste le sue condizioni psicologiche, provato com’era dalla morte del collega.
Quindi, chiudere la carriera in Ferrari e in Minardi non sono due affermazioni in antitesi ma che coesistono e che riassumono al meglio l’uomo Senna: da una parte l’obiettivo dei cinque Titoli (che sicuramente avrebbe raggiunto restando in Williams – non ce ne vogliano ma, se nel ’96 e ’97 sono diventati Campioni Damon Hill e Jacques Villeneuve, beh Ayrton con le stesse monoposto ci sarebbe riuscito guidando col braccio fuori! – mentre è molto improbabile che sarebbe riuscito nell’impresa con la Ferrari di quegli anni); dall’altra la sensibilità dell’uomo che si dedicava anima e corpo alla sua Fondazione e che trovava il tempo per fare un visita in ospedale e che voleva, chiudendo la carriera in Minardi, ringraziare chi per primo gli aveva offerto un ingaggio per correre in F1, anziché chiedere dei soldi per dargli un sedile.
E se non si capisce questa sfumatura, questa sensibilità, questa umanità non si capisce niente di Ayrton, quello vero. Parola di chi l’ha conosciuto bene (non noi, purtroppo!).
Barbara Premoli