C’è chi è portato di natura per ricordare le date. C’è chi tiene ai compleanni più che a ogni altra festa comandata dal calendario. Ma ci sono compleanni che abbiamo dentro e altri cui si dà meno peso. Sarà perché cade il primo giorno di primavera, sarà perché lui è lui – prima, durante e dopo – ma stanotte, nel cuore della notte, il mio pensiero è stato: oggi è il tuo compleanno, Ayrton.
Non ho avuto la fortuna di conoscerlo, sono arrivata “dopo”, e il mio primo GP dal vivo è stato proprio a Imola, intrisa di lui. Ci sono posti che conservano l’energia di chi li ha abitati, calpestati, respirati, vissuti: Imola, come Monza, è carica, la si percepisce, ci entra dentro. Ayrton non è al Tamburello, non è in quella statua, è ovunque.
Ayrton è oltre i numeri, le vittorie, i Titoli, è la grinta, lo stile, oltre i limiti.
Ayrton è un giorno, al lago, davanti alla TV. Di quel giorno non conservo ricordo, eppure ero lì, ho visto, ho cancellato, come poche altre volte nella vita.
Ayrton è l’amico e collega Leo Turrini, che me lo racconta, com’era davvero, in un tardo pomeriggio nel parcheggio del circuito di Imola.
Ayrton è quell’urlo che ancora risuona nelle orecchie, e la fatica, il dolore, le lacrime sul podio di Interlagos.
Ayrton è, al GP del Bahrain 2004, essere seduta davanti a Ron Dennis mentre parla del loro tempo insieme, della loro amicizia vera, e sai che è così perché sono gli occhi a dirlo.
Ayrton è fotografie, quelle da sempre accanto alla mia scrivania: le risate di due ragazzi normali, lui e Michele, sul podio a fare casino e spararsi champagne; il sorriso al termine delle qualifiche con la tuta McLaren abbassata; gli occhi attraverso la visiera; la prima vittoria, in una foto in bianco e nero, con la Lotus.
Ayrton è quel giorno nel racconto di Michele, vedere quell’elicottero che si alza dalla pista, percepire il dolore, vivere quel volo da Monaco al Brasile, per riaccompagnarlo a casa, con Boutsen, Fittipaldi, Prost.
Ayrton è la forza di chi affronta a muso duro il giovane Schumacher perché così non si fa…
Ayrton è quella magia, quel carisma che solo pochi posseggono, quelli per cui sarebbe stato speciale ancora oggi. Lo festeggeremmo comunque il suo compleanno, anche senza quel 1° maggio.
Ayrton è arrivare a San Paolo e rompere le scatole fino allo stremo a un collega per andare subito a Morumbi, arrivare, comprare una stella di Natale bianca e, senza alcuna indicazione, capire di dover andare verso quell’albero e non un altro.
È fare giusto due foto (che pubblico per la prima volta) ma sentire che non servono. E sedersi sul prato e ascoltare. In un silenzio che ha dell’irreale, nel cuore di una metropoli che è rumore 24 ore su 24, ma non lì.
Ayrton è un pugno nello stomaco. Quello che… quel pomeriggio al lago non lo ricordo ma c’è.
Ayrton è i suoi bambini, la sua Fondazione che continua.
Ayrton è quello che non c’è bisogno di un adesivo su una macchina o di un doodle o di un evento per ricordarlo. Perché Ayrton è Ayrton. Saudade e colore. Come la primavera. Dentro a ognuno di noi.
Barbara Premoli