Ieri sulla nostra pagina Facebook abbiamo lanciato una provocazione, al termine delle qualifiche del GP degli USA. Dopo aver sentito una serie di lagne sulla difficoltà a portare in temperatura gli pneumatici, sul vento che soffiava troppo forte, su misteri per cui macchine che fino a un’ora prima erano perfette e di colpo erano lentissime (manco si fossero trasformate in zucche, come la carrozza di Cenerentola!), su penalità decise “dopo” e per manovre punibili se si trattasse di balletto classico e non di Formula 1… beh, siamo stati colti da una botta di nostalgia per uno sport e degli uomini che non ci sono più.
Non c’è più un Mika Hakkinen che, in testa al GP d’Italia 1999, esce di pista alla prima variante e, uscito dalla macchina dà sfogo alla rabbia, buttando via volante, guanti e, nascondendosi tra gli alberi, piange. Quei nervi che a Monza crollano, per un errore che a tre GP dalla fine lo fa ritrovare a pari punti con Irvine, sono gli stessi nervi che alla fine gli faranno vincere il Mondiale.
E come non pensare a Nigel Mansell nel GP degli USA 1984. Problemi al cambio negli ultimi giri, posizioni perse, poi nell’ultimo giro la sua Lotus si ferma a pochi metri dal traguardo. Quasi 40°, due ore di gara sulle spalle, ma il Leone non ci sta, scende e comincia a spingere la monoposto, per portare a casa punti importanti per il team. Ci riesce, doppiato di 3 giri, ma 6°. Sviene dopo il traguardo, ma porta a casa un punto.
Uomini che lottavano fino in fondo e manifestavano rabbia ed emozioni. Come quando a Magny-Cours, nel GP di Francia 1992, Senna chiarì le idee a un giovane ma già determinato Michael Schumacher, facendogli capire che certe cose non andavano fatte…
E sempre Ayrton ci torna in mente per un altro episodio. GP del Brasile 1991, la gara di casa, fino a quel momento mai vinta. La pole, la gara al comando. Poi d’improvviso il cambio che inizia ad avere dei problemi, perde la quarta, poi altre marce. Gli resta solo la sesta, ma lui niente, non molla. E quando passa il traguardo, beh, quelle immagini le abbiamo tutti nel cuore: le urla, di gioia e dolore, per la fatica fisica. Il braccio destro è quasi bloccato e quando sale sul podio agita appena la bandiera del Brasile e riesce a fatica a sollevare il trofeo.
Fatiche, dolori, sofferenze e gioie VERI. Lontani i tempi delle strategie, delle scuse, dei mal di schiena e di testa, delle paturnie per i rinnovi dei contratti, degli scaricabarile, delle lamentele perché la radio non funziona e quindi non si sa come gestire l’elettronica, delle gomme che si degradano, non si scaldano, non girano… Girano a noi, spettatori, appassionati e addetti ai lavori, quando ci tocca assistere a certe scene. Con ancora quegli Uomini e quella Formula 1 negli occhi e nel cuore. Guardate la foto d’apertura, 1994, e guardate che Piloti, che Uomini c’erano in quella Formula 1… Perdonate l’attacco di nostalgia, ma ogni tanto è giusto che l’emozione prevalga, no? Con la speranza che l’emozione scenda in pista anche nel GP degli USA che scatterà tra meno di quattro ore. E che qualcuno tiri fuori gli attributi…
Barbara Premoli