Nemmeno 100 giorni dopo la conclusione della stagione 2024, la F1 torna in pista per il primo round della 76ᵃ stagione del Mondiale, il GP d’Australia. Un avvio che si prospetta scoppiettante alla luce dei cambi di scuderia di diversi piloti e dell’esordio di due giovani talenti provenienti dalla Formula 2. Ad aprire le danze è il GP Australia, che era già stato round inaugurale dal 1996 al 2005, dal 2007 al 2009 e dal 2011 al 2019.
Secondo i tecnici del Gruppo Brembo che lavorano a stretto contatto con tutti i piloti della Formula 1, l’Albert Park GP Circuit da 5,278 km di lunghezza rientra nella categoria dei circuiti mediamente impegnativi per i freni. In una scala da 1 a 5 si è meritato un indice di difficoltà di 3 perché in un giro i freni sono impiegati per meno di 8 secondi e mezzo, pari all’11% della durata della gara. Sette le frenate per ogni giro: 4 High, 2 Medium e 1 Light.
La curva più dura dell’Albert Park GP Circuit per l’impianto frenante è la 11, complice una riduzione di velocità di 184 km/h, da 317 km/h a 133 km/h. Per riuscirci i piloti di Formula 1 esercitano un carico sul pedale del freno di 153 kg e sono soggetti ad una decelerazione di 4,8 g. Durante gli 1,8 secondi della frenata le monoposto percorrono 96 metri mentre la potenza frenante raggiunge i 2.508 kW.
Cinquant’anni fa la Scuderia Ferrari tornava alla vittoria del mondiale ( sia piloti che costruttori) dopo un digiuno di oltre un decennio. Dopo un inizio di campionato da incubo in cui Niki Lauda e Clay Ragazzoni non salirono mai sul podio nelle prime 4 gare della stagione, la svolta arriva al GP di Montecarlo. Sulle strade del principato Lauda conquisto la prima vittoria stagionale per lui e la Ferrari ( una vittoria che a Montecarlo alla Ferrari mancava da vent’anni) iniziando una striscia vincente che lo porterà a dominare il resto della stagione e a laurearsi campione del mondo per la prima volta.
L’impianto dell’epoca
La Ferrari 312T era un’auto rivoluzionaria, a partire dal cambio trasversale (da cui la T nella sigla dell’auto) che rendeva più corta la macchina e quindi più concentrate le masse, passando per il motore V12 da 495 Cavalli, fino ai gruppi molla ammortizzatori più inclinati. Una delle novità della 312T era anche l’impianto frenante con dischi freno in ghisa che proprio in quell’anno esordiva nel mondo delle competizioni diventando fornitore della Casa di Maranello e avviando una collaborazione che non si è più interrotta.
I dischi freno in uso in Formula 1 da oltre 4 decenni sono in carbonio, un materiale che ha permesso di ridurre sensibilmente gli spazi di arresto, conservando la stessa efficacia dalla partenza alla bandiera a scacchi. Merito anche del lavoro di ricerca svolto da Brembo che realizza dischi anteriori dotati di innumerevoli fori di ventilazione: dai 1.000 ai 1.110 fori per ciascun disco anteriore, 900 fori per i dischi posteriori. I dischi presentano inoltre diversi livelli di cooling e di sistemi di fissaggio alla campana perché ogni team sceglie di concerto con Brembo la soluzione più funzionale al progetto della propria monoposto.