Una settimana dopo lo spettacolare inizio del campionato 2025, la F1 si trasferisce in Asia per l’edizione numero 18 del GP della Cina. Lo fa ancora una volta sul tracciato disegnato dagli architetti Hermann Tilke e Peter Wahl il cui layout ricorda il carattere cinese “shang” che significa “verso l’alto”. L’anno scorso gli spettatori furono 200 mila, il 25% in più rispetto alla precedente edizione del GP Cina, disputata nel 2019.
Secondo i tecnici del Gruppo Brembo che lavorano a stretto contatto con tutti i piloti della F1, lo Shanghai International Circuit da 5,451 km di lunghezza rientra nella categoria dei circuiti mediamente impegnativi per i freni. In una scala da 1 a 5 si è meritato un indice di difficoltà di 3 perché le tre frenate della categoria Hard sono distanziate tra loro e intervallate da almeno una frenata Light che permette all’impianto frenante di rifiatare. In un giro i freni sono usati per 16,6 secondi, pari al 18% della gara.
La curva più dura dello Shanghai International Circuit per l’impianto frenante è la 14 perché essendo preceduta da un rettilineo di 1,2 km consente alle monoposto di raggiungere i 318 km/h prima di affidarsi ai freni. Le auto perdono 246 km/h scendendo a 72 km/h in soli 2,66 secondi, durante i quali percorrono 113 metri: i piloti sono chiamati a un carico sul pedale del freno di 174 kg e subiscono una decelerazione di 4,7 g mentre la potenza frenante è di 2.450 kW.
Il GP della Cina 2006 è passato alla storia perché è stato il 91° GP nonché l’ultimo conquistato da Michael Schumacher. E pensare che in qualifica il tedesco aveva staccato solo il 6° tempo, con un ritardo di 1,4 secondi da Fernando Alonso. Schumacher rimase 6° nei primi 7 giri, poi iniziò ad avanzare e al 17° giro si ritrovò sul podio dietro alle due Renault che disponevano di una marca differente di pneumatici. Il ferrarista scavalcò Alonso al 31° giro e Giancarlo Fisichella al 42° giro, andando a vincere con 3 secondi di vantaggio.
Nel 2006 Michael Schumacher guidò la 248-F1, spinta dal motore V8 da 2398 cc: la Ferrari non impiegava in F1 un 8 cilindri a V dal 1964, quando Brembo era nata da soli tre anni. Quella monoposto beneficiava di un telaio monoscocca in composito, alleggerito rispetto ai precedenti e di un impianto frenante Brembo, che quest’anno festeggia 50 anni in F1: i dischi in carbonio con 100 fori di ventilazione dalla forma ovoidale, in uso quell’anno in sostituzione dei fori circolari utilizzati fino all’anno precedente erano inediti.
I fori ovoidali sui dischi in carbonio rimasero in uso per un biennio, finché nel 2008 Brembo fu in grado di praticare i fori di ventilazione su due file, raddoppiandone il numero. Con il passare degli anni, il perfezionamento delle lavorazioni ha permesso prima di salire a 600 fori nel 2012, di superare i mille fori nel 2014 fino ad arrivare a 1.480 fori da 2,5 mm su addirittura sette file nella variante Very High Cooling nel 2020. Dal 2022 però il regolamento stabilisce un diametro minimo di 3 mm e di conseguenza vi sono un massimo di 1.100 fori a disco.