Per il tredicesimo round del campionato la F1 si sposta in Europa orientale per il GP d’Ungheria, che il prossimo anno festeggerà le 40 edizioni. Si è sempre disputato all’Hungaroring, impianto inaugurato nel marzo del 1986 con una corsa motociclistica. Cinque mesi dopo fu la volta delle monoposto di Formula 1: ai tempi i cittadini del blocco orientale non potevano raggiungere l’Europa dell’ovest, quindi l’entusiasmo per la possibilità di vedere per la prima volta questi bolidi si tradusse con la presenza di ben duecentomila spettatori.
Secondo i tecnici Brembo, l’Hungaroring (lungo 4.381 metri) rientra nella categoria dei circuiti mediamente impegnativi per i freni. In una scala da 1 a 5 si è meritato un indice di difficoltà di 3. Questo perché presenta 10 frenate per oltre 14 secondi di funzionamento dei freni al giro. Tuttavia, solo due staccate richiedono almeno 2 secondi di tempo e uno spazio di frenata di 100 o più metri.
Per le monoposto l’aria presenta una ambivalenza: può aiutare ad andare più forte se sfruttata per spingere l’auto al suolo, ma anche ostacolare l’avanzamento e quindi ridurre la velocità. Allo stesso modo, per gli impianti frenanti l’aria è utile perché facilita la riduzione della temperatura dei componenti, evitando un surriscaldamento nocivo. D’altro canto, se l’aria si insinua all’interno di alcune parti è dannosa perché ostacola il corretto funzionamento dell’impianto frenante. Per ovviare al problema i meccanici effettuano più volte lo spurgo delle pinze durante il weekend. Questa operazione ripristina la massima rigidezza dell’impianto che può essere stata compromessa da temperature e sforzi eccessivi. Lo spurgo serve anche ad eliminare eventuali microbolle che potrebbero tradursi in vapour lock. Sulle auto di serie lo spurgo è meno frequente perché temperature e coppia frenante sono decisamente inferiori.
La curva più dura dell’Hungaroring per l’impianto frenante è la prima, in cui le monoposto passano da 310 km/h a 96 km/h in 2,6 secondi durante i quali percorrono 122 metri. Lo sforzo richiesto ai piloti in quegli istanti non è da sottovalutare: 4,5 g è la decelerazione massima a cui sono sottoposti e 160 kg il carico che devono esercitare sul pedale del freno. La potenza frenante è invece di 2.289 kW.
Il GP d’Ungheria 1997 è passato alla storia per l’impresa di Damon Hill al volante della Arrows spinta da un motore Yamaha. Il britannico, iridato uscente, faticava a mostrare il suo valore perché la A18 era una macchina fragile e con un propulsore poco potente: alla vigilia del GP, Hill aveva infatti un solo punto. Ma già in qualifica si trasformò, facendo segnare il 3° tempo. Passò in testa all’11° giro e lo era ancora all’ultima tornata, quando il cambio restò bloccato in terza marcia, togliendogli una meritata vittoria. Concluse secondo: resterà l’ultimo podio in F1 della Arrows e dei motori Yamaha, uno dei tanti per Brembo.
Don’t forget its Hungary this weekend! #f1 https://t.co/iO23NodPdX
— Damon Hill (@HillF1) July 16, 2024
Nel maggio di cinquant’anni fa l’architetto ungherese Erno Rubik realizzò il prototipo di un gioco in legno che battezzò Cubo Magico e con cui si dilettarono i matematici locali, prima che venisse brevettato e commercializzato. Il rompicapo è un poliedro magico 3D costituito da 6 facce, ciascuna composta da adesivi di 6 colori e ruotabile in maniera indipendente dalle altre. Da allora gli imitatori sono stati innumerevoli, proprio come accade ai freni Brembo, ma diffidate dalle imitazioni, soprattutto quando si tratta di sicurezza.