Avete presente Leonard Zelig, il personaggio interpretato da Woody Allen che non ha una propria personalità, ma quella proiettata di chi gli sta attorno e capace di trasformarsi in qualsiasi cosa? “Se Zelig fosse psicotico, o solo estremamente nevrotico, era un problema che noi medici discutevamo in continuazione. Personalmente mi sembrava che i suoi stati d’animo non fossero poi così diversi dalla norma, forse quelli di una persona normale, ben equilibrata e inserita, solo portata all’eccesso estremo. Mi pareva che in fondo si potesse considerare il conformista per antonomasia“.
Beh ecco… La F1 quando arriva in America, e specialmente da quando ha iniziato a correre ad Austin, sembra Leonard Zelig. Di colpo tutti diventano americani. Tutti sono walker texas ranger. Di colpo le vetture si vestono dei colori della NBA… Chissà quando vedremo i Chicago Bulls coi colori della Haas, per dire. Binotto diventa un tiratore da 3 punti a canestro. I caschi prolificano di stelle e strisce che manco gli stessi americani indossano alla 500 Miglia di Indy. Accenni western, musica country, stivali e cappelli da cowboy dappertutto. Nulla ferma la F1 in salsa americana.
John Steinbeck scriveva che il Texas è un’ossessione, una religione, una nazione in tutto e per tutto. “Texas is a state of mind”. Ma certi stereotipi forzati diciamolo, sono troppi anche per l’America stessa. Il Texas poi è il meno politically correct degli Stati USA alla faccia del “we race as one”. Ma sì, chi se ne frega. Più stelle e strisce. Ma che roba è l’entrata di Shaq con quella macchina che manco si vede nei peggiori ranch dello Stato? Dai, siamo seri.
When in Texas 🇺🇸
It’s the @SHAQ mobile! 🤩#USGP 🇺🇸 #F1 pic.twitter.com/bOcNTV5Rzq
— Formula 1 (@F1) October 25, 2021
E i VIP con guardia del corpo in griglia? Ma scherziamo? Martin Brundle, che ha scritto parte della storia della F1 e del motorsport mondiale, allontanato mentre fa il suo lavoro di telecronista dalle guardie del corpo della starletta di turno? Ma che patetici.
I have felt under pressure on the grid before but by people called Senna, Prost, Schumacher, Mansell, Piquet and so on. Bodyguards visiting the grid for the first time don’t bother me, everyone’s got a job to do, but they could maybe learn some manners and respect on our patch 🤔
— Martin Brundle (@MBrundleF1) October 25, 2021
Forse qualcuno in F1 ha veramente letto Steinbeck. Il premio Nobel americano, fine osservatore della vita dei suoi compatrioti, scriveva che “un texano fuori dal Texas è uno straniero in patria” e il grande Circus probabilmente vuole adattarsi di anno in anno per non sfigurare.
Capiamo che la F1 americana di Liberty Media voglia stupire in casa propria. Ma tra lo stupire e il poco gusto nel voler per forza vivere di cliché c’è di mezzo una nazione più grande di queste cavolate che sa fare grande sport e grandi eventi anche senza il circo che abbiamo visto nelle ultime edizioni. E non vi sarà sfuggita l’ipocrisia di chi ha tolto le grid girls ma domenica ha fatto scendere in griglia le ragazze pon pon: qualcuno ci sa spiegare la differenza e perché le prime sono state tolte perché “usate” e le seconde invece fanno spettacolo?
L’unico tributo che è stato veramente emozionante e che ci ha lasciato qualcosa alla fine è stato quello di Daniel Ricciardo a bordo della Nascar numero 3 di Dale Earnhardt. Guarda caso una vettura, un pilota, del sound vero. Quello che ci si aspetta da un weekend in pista. E che sia venuto dal pilota più “americano” tra tutti quelli che non lo sono, qualcosa vorrà dire.
Riccardo Turcato
A deal’s a deal. 🤝 @DanielRicciardo on track in Dale Earnhardt Sr’s 1984 Wrangler Chevrolet Monte Carlo. Owned by @ZBrownCEO, this was the prize for his first podium in papaya colours! 🧡#USGP 🇺🇸
— McLaren (@McLarenF1) October 23, 2021
Think @DanielRicciardo might have enjoyed that. 😅 #USGP 🇺🇸 pic.twitter.com/qfkGnEl0sO
— McLaren (@McLarenF1) October 23, 2021