No, non mi sono dimenticata dei 90 anni di Bernie Ecclestone. Ci penso da stamattina. Ma, come sempre, quando c’è qualcosa di importante, faccio decantare le emozioni e lascio emergere i ricordi. Così, ho scoperto che c’è un fil rouge che mi lega al Signore della F1 e a Imola – e io non credo al caso. Inevitabile tornare ai miei inizi. Il primo GP da addetta ai lavori fu proprio a Imola, nel 2000. Rido – adesso – pensando al panico. Guardavo i cancelli e tornavo indietro. Non conoscevo nessuno, non sapevo come muovermi. Poi il ritiro pass, che per errore era VIP e non stampa e il panico con l’urlo di guerra: “Io non entro“. Dopo un po’ arriva una telefonata da Michele Alboreto: “Allora come va? Sei dentro?”. “No, ho il pass sbagliato e ho paura, non entro“. Lo sento ancora nelle orecchie: “Ti chiamo tra un quarto d’ora, se non sei dentro arrivo e ti prendo a calci in c@@o!“. Non avevo scelta. Quello che poi diventò l’amico Gianni Berti mi diede un posto in sala stampa, nella zona radio e disse a tutti che potevo entrare nonostante il pass sbagliato. Ricordo come fosse ora la prima volta che nel paddock incontrai Bernie Ecclestone: un tuffo al cuore, perché lui era la storia della F1, quella con cui ero cresciuta, e il capo supremo della baracca. Allora la mia vita era F1 Racing e avevamo un punto di incontro per i lettori all’Hotel Olimpia, proprio accanto al circuito, con esposizione di foto e vendita del giornale, anche degli arretrati. Un anno dopo, Imola 2001, paura scomparsa ma solito punto di incontro.
Un pomeriggio sono lì nella hall dell’hotel davanti al tavolo con tutte le riviste esposte e alla mia sinistra sento una voce: “Oh, ma questo sono io, incredibile!”. Mi giro e per poco non mi prende un colpo: Ecclestone, con in mano la copia di novembre 2000, quella con lui in copertina. Non sapevo che lui stesse con la famiglia in quell’albergo. Ed ebbe inizio un’intervista al contrario. Perché fu lui a intervistare me. Mi chiese se avevo tempo e voglia per bere qualcosa con loro, lui, la moglie Slavica e le due figlie (allora bimbe), che saltellavano ovunque. Coca Cola per tutti e via con la prima domanda: “Ma perché hai deciso, italiana, direttore di un giornale che esce in Italia, con Schumacher e la Ferrari che vincono tutto, di mettere me in copertina?”. Ogni mese F1 Racing UK mandava diverse proposte di cover, in modo che ogni edizione potesse scegliere la più consona. Io non ebbi dubbi: Ecclestone, perché c’era una splendida intervista di Matt Bishop per i 70 anni di Mr E, in cui ripercorreva la sua carriera ma soprattutto svelava lati inediti della sua vita, parlava della F1, certo, ma anche del suo approccio alla vita. Il titolo diceva tutto: “Non temo nulla, neppure la morte“. Gli spiegai i motivi aggiungendo anche che non ne potevo più di copertine Ferrari… bisognava variare e spezzare la noia! Scoppiò a ridere! Da quel giorno, ci furono sempre sorrisi e due chiacchiere quando ci incontravamo nel paddock.
Bernie Ecclestone manca a questa F1 e con le sue dichiarazioni fa sempre discutere. Spesso non gli si può dare torto. In un’intervista alla Blick proprio in questi giorni ha per esempio definito insana la decisione di passare alle attuali power unit: “Quando questi motori ibridi furono introdotti nel 2014, dissi che era un errore perché la Mercedes avrebbe vinto tutto. Fino ad allora i fans amavano lo sport, il rumore e i piloti erano eroi. Adesso camminano con accanto l’addetto stampa e dicono cose banali“. Gli si può dare torto? 90 anni di lucidità. E una presenza costante, anche se non fisica. Dopo la vendita a Liberty Media nel 2017, adesso vive in Svizzera con la moglie Fabiana e il piccolo Ace, dopo aver lasciato il Brasile a causa della pandemia: “Alla mia età non fai più cose stupide, tutti devono pagare le tasse e morire, anche se non è ancora l’ora. Sono più felice che mai e mi fa piacere che molta gente e piloti continuino a chiamarmi e a chiedermi consigli. I miei successi? Aver salvato diversi team dal fallimento, la Williams diverse volte, e aver fatto diventare milionarie parecchie persone“. Poi esce l’uomo, quello che si lega a quella copertina di 20 anni fa: “Ambizioni? Vorrei parlare con mio figlio Ace“. Ebbene, lo confesso: ammirerò sempre questo grande uomo e vorrei che nel nuovo corso della F1 avesse un ruolo, perché sprecare la sua esperienza è un delitto, oltre che una mancanza di rispetto per chi ha fatto diventare la Formula 1 la massima espressione del motorsport. Questo è il mio augurio per i suoi primi 90 anni, Mr Ecclestone, ma soprattutto che abbia tanto ma tanto tempo per parlare al piccolo Ace e fargli scoprire il suo papà. E grazie per quella indimenticabile Coca Cola insieme a Imola…
Barbara Premoli