Quello di domenica sarà il 34° GP di Ungheria, l’ultimo prima della pausa estiva obbligatoria. La gara si è sempre corsa sulla pista dell’Hungaroring, alle porte di Budapest, tracciato che ha subìto diverse variazioni anche se mai di rilievo e sul quale la Scuderia Ferrari si è imposta sette volte. Il debutto in calendario arrivò nel 1986 quando destò non poco scalpore l’inserimento di una gara al di là della cortina di ferro, in un periodo in cui la guerra fredda era ancora una realtà e nel mondo sportivo erano ancora freschi i boicottaggi dei blocchi contrapposti alle Olimpiadi di Mosca 1980 e Los Angeles 1984. L’intuizione fu azzeccata, e la gara ancora oggi è tra quelle con il maggior numero di spettatori nonostante il circuito sia stretto, breve, lento, spesso impolverato e dai sorpassi difficilissimi. La Formula 1, tuttavia, anche qui ha saputo scrivere alcune grandi pagine.
Una di queste porta la firma di Nigel Mansell e della Ferrari. Nel 1989 il pilota inglese incappò in qualifiche pessime riuscendo a schierarsi solo 12° in griglia. In gara partì bene e guadagnò subito quattro posizioni. Davanti a tutti c’era Riccardo Patrese inseguito da Ayrton Senna. Mansell riuscì a rimontare, girando a tratti anche un secondo più veloce di tutti. Uscito di scena Patrese, a combattere per la vittoria rimasero Senna e Mansell, ma per il pilota della Ferrari il sorpasso sembrava impossibile. L’inglese invece riuscì in una vera e propria impresa, superando Senna approfittando di un attimo d’incertezza del brasiliano durante il doppiaggio della Onyx di Stefan Johansson. Fu una rimonta incredibile: Nigel vinse con 25 secondi di vantaggio su Ayrton.
Per rivedere una Ferrari trionfare in Ungheria fu necessario aspettare il 1998 e Michael Schumacher. Il tedesco, infatti, fu ancora una volta autore di un capolavoro: aveva un passo più rapido di quello delle McLaren che lo precedevano e così, assieme all’allora direttore tecnico Ross Brawn, decise di passare dalla strategia a due soste a quella a tre. Per il successo occorreva però che il tedesco girasse in gara costantemente a un ritmo da qualifica. Ovviamente Schumacher riuscì nell’impresa beffando sia Mika Hakkinen sia David Coulthard. Nel 2001 l’Ungheria ebbe un sapore particolarmente dolce per il fuoriclasse di Kerpen e tutta la squadra: Michael si impose davanti al compagno di squadra Rubens Barrichello e divenne campione del mondo con quattro gare d’anticipo. L’anno seguente ci fu invece l’arrivo in parata con la vittoria che andò al brasiliano. Nel 2004 nuovo trionfo di Schumacher che eguagliò il primato di Hakkinen di 9 giri veloci in una stagione e quello di Alberto Ascari di 7 successi consecutivi.
Ma Hungaroring per la Scuderia è anche sinonimo di grande spavento. Nelle qualifiche 2009, Felipe Massa venne colpito al volto da una molla staccatasi dalla BrawnGP di Barrichello. Il brasiliano perse conoscenza e finì contro le barriere. Estratto dalla vettura e portato in ospedale, saltò il resto della stagione prima di tornare in macchina a inizio 2010. Le ultime due vittorie della Ferrari sul circuito magiaro portano la firma di Sebastian Vettel. Nel 2015, al via dalla seconda fila, il tedesco e Kimi Räikkonen superarono di slancio le Mercedes in quella che fu una gara pazza, con diversi ingressi della Safety Car e tanti colpi di scena. Vettel si impose davanti alle Red Bull di Daniil Kvyat e Daniel Ricciardo. Nel 2017 fu addirittura doppietta con Sebastian che passò per primo sotto la bandiera a scacchi nonostante alcuni problemi allo sterzo e venne scortato al traguardo da Räikkonen.
Sebastian Vettel: “Se c’è una pista che mette alla prova il pilota nella F1 moderna, è l’Hungaroring. Su questo tracciato dal ritmo incalzante non ci sono rettilinei lunghi quindi ci si trova sostanzialmente sempre a dover lavorare con il volante. Il clima poi, dato il periodo in cui si viene a gareggiare qui, è spesso torrido, il che di certo non aiuta. Se l’asfalto è asciutto è sempre molto impolverato e non è detto che migliori nel corso del weekend perché vento e uscite di pista riportano dentro la sabbia che le vetture girando naturalmente tendono a eliminare. Proprio per questo l’aderenza fuori dalla traiettoria ideale è minima e ogni errore rischia di essere pagato caro in termini di tempo. Le curve più significative sono la 1 e la 14. Alla prima staccata, prendendoti qualche rischio, è possibile tentare un sorpasso, anche se il rettilineo da cui si arriva non è certo lungo. Anche alla curva 14 non è affatto semplice completare la manovra con successo”.
Charles Leclerc: “La pista dell’Hungaroring è di sicuro una delle più tecniche presenti nel calendario. Per certi aspetti mi ricorda un tracciato di kart: una curva è seguita da un’altra quasi senza interruzione e al pilota spesso non rimane nemmeno il tempo di pensare. Su questa pista si può dire che non esistano parti nelle quali ci si può rilassare, tanto è frenetica.A me personalmente piace, perché essere competitivi qui non è mai facile. In qualifica, in particolare, avere un giro perfetto è sempre molto complesso perché bisogna spingere, ma ricordarsi anche di prendersi cura delle gomme così da poterle sfruttare anche nella parte finale”.
Mattia Binotto Team Principal: “Budapest è una pista tradizionalmente critica relativamente al raffreddamento e che richiede una configurazione di massimo carico aerodinamico. Per tipologia di curve inoltre, le gomme sono fortemente sollecitate, anche sul singolo giro di qualifica. Questa gara è un’importante tappa per avere ulteriore conferma che la nostra vettura sia migliorata su varie tipologie di tracciato. Potremo contare sugli elementi introdotti di recente ai quali si aggiungerà qualche modifica aerodinamica. Ci stiamo ovviamente concentrando sul risolvere i recenti problemi di affidabilità con l’obiettivo di evitare che si ripetano”.
Redazione MotoriNoLimits


















