Quando sono nervosa mi metto a fare le grandi pulizie. Come oggi. E intanto che lavavo i pavimenti pensavo ai 50 anni di Michael Schumacher. A me sembra incredibile che abbia 50 anni, quando correva mi sembrava immensamente più giovane di me e invece sulla carta ci dividono solo 5 anni. Lo confesso: a volte l’ho odiato, perché ai tempi ero direttore di F1 Racing ed erano gli anni in cui vinceva sempre tutto lui con la Ferrari. Avrei tanto voluto variare un po’ ma niente, era impossibile non scrivere, perché ogni gara era una storia a sé. Quando ho iniziato a lavorare in F1 la prima regola è stata vivere il tutto in modo professionale e non è stato facile perché fino a due mesi prima ero una normalissima appassionata che non si perdeva un GP.
Ho sempre cercato di essere distaccata, di vivere il campione come chiunque altro. Ma ci sono stati momenti in cui non ho potuto. Come dopo la vittoria a Monza e l’annuncio del ritiro: un pianto inarrestabile fuori dalla sala stampa, perché finiva un capitolo che non sarebbe più tornato. Tanti momenti, tanti GP, tanti incontri. Ma il compleanno è un momento di gioia e quindi i miei auguri sono accompagnati da una risata, perché non capita a tutti di essere investiti da un pluricampione. A me è successo, a Hockenheim 2002, nel paddock. Io andavo passo lanciato per la mia strada, lui pure, a palla e in monopattino. L’impatto è stato da cinema, sono rimbalzata come un birillo, lunga tirata. Quando me ne sono resa conto, ho iniziato a ridere come una matta. Lui, invece, preoccupatissimo che mi fossi fatta male, voleva che andassi al centro medico. Mi ha chiesto per tutto il weekend se fossi ok e se non me lo chiedeva lui mandava qualcuno dei suoi a informarsi. Da quel giorno quello che era stato sempre un ottimo rapporto professionale divenne qualcosa di più perché, come mi disse qualche tempo dopo sforzandosi di parlare in italiano, gli avevo dimostrato – inconsapevolmente – che di me poteva fidarsi. E ridendo aggiunse: “Pensa quanto avresti potuto chiedermi dicendo che ti eri fatta male!”. Oggi, a distanza di quasi 17 anni, il ricordo di quegli sguardi e quelle risate tra noi sono il regalo più bello che Michael Schumacher fa a me, nel giorno del suo compleanno. Anche se io ne aspetto sempre un altro…
Barbara Premoli