Scrivo queste righe dopo aver visto la prima gara di Formula E della nuova generazione. Siamo al secondo capitolo della storia di questo giovane campionato. Dopo 5 anni, all’alba della seconda rivoluzione, mi sembra giusto ragionare su quanto visto finora e su quanto vedremo nel futuro prossimo. Della Formula E ho sempre pensato, da subito, che servisse nell’ambito del motorsport mondiale. Sì dico motorsport, checché ne dicano i detrattori, perché ci sono delle auto, degli organi meccanici in movimento, dei piloti che si calano in abitacoli e che si abbassano la visiera. A me non dà fastidio il campionato tutto elettrico senza sound. Al netto dei gusti può piacere o no. Come diceva l’ingegner Barezky a chi gli faceva notare che l’Audi diesel faceva poco rumore: “E’ come nel sesso, c’è a chi piace la donna che urla, a chi invece no”.
Quello che mi infastidisce sono gli estremismi. Da una parte e dall’altra. Chi rinnega assolutamente il campionato nel nome del dio combustione interna. Chi invece schifa i vecchi motori perché inquinano e non sono green. La verità sta nel mezzo, secondo me. Ci serve ancora la Formula 1 con i motori che consumano benzina e ci serve la Formula E come sguardo verso il futuro, magari in attesa di un progetto serio a idrogeno che la FIA potrebbe pensare di incentivare a Le Mans. La Formula E è nata furba. Weekend corto. Buona attività social e di promozione. Costi bassissimi per le Case grazie a un regolamento tecnico che lascia poche fughe in avanti da un monomarca. Le stesse Case corrono nel centro delle città più importanti al mondo così da farsi praticamente pubblicità gratis senza dover richiamare gli appassionati negli autodromi. Autodromi che devono restare la colonna vertebrale del motorsport. Qui la FIA con i vari organizzatori deve essere chiara: non si possono portare tutti i campionati in centro città tra muri e muretti. E mi riferisco alla Formula 1 che sembra guardare troppo alla Formula E su questo aspetto da quando è arrivata Liberty Media.
Altra cosa che non capisco è la questione piloti. Spesso nei social leggo che la Formula E è un campionato per pensionati e trombati. Che vuol dire? Che colpa ne hanno i Lotterer, Vergne, Vandoorne, Da Costa ecc se in F1 ci sono sempre meno monoposto o a Le Mans sempre meno Case? Dovremmo essere invece contenti di vederli correre ad alti livelli. Certo, la FIA, anche per proprie colpe, dovrebbe interessarsi e occuparsi del fatto che il movimento F1 e quello endurance stiano faticando. Ma la colpa non deve essere dei piloti che decidono di correre in Formula E.
La Formula E poi ha nel fan boost una cosa che a me non è mai piaciuta. Come per il DRS in F1. Le vetture in gara devono essere tutte uguali nella loro configurazione. Perché un pilota deve avere cavalli in più? Perchè si vuole trasformare il motorsport in un videogame come Mario Kart con zone d’attacco? E’ tutto veramente ridicolo. Non ditemi che servono ste cose per attirare i giovani spettatori. Non ci voglio credere.
Avevo dei dubbi sul fatto che finire la gara ora senza cambio vettura potesse appiattire l’evento, la competizione. Visto come è andato il primo GP, il mio commento su questo punto è in sospeso. E’ stato un weekend troppo atipico. Di certo Agag ora può vendere il suo prodotto meglio. Fa una bella differenza agli occhi di chi vuole investire, chiedere meno tasse e sgravi fiscali, una tecnologia dove vedi una monoposto che non deve fermarsi dopo 20 minuti. Insomma, piloti a parte, gli uffici comunicazione e marketing sono quelli che hanno il lavoro piu tosto per “vendere” auto tutte uguali come in realtà fossero tutte diverse… Audi, Jaguar, BMW, ecc.
Prendiamo la Formula E per quello che è, senza estremismi. Né da una parte, né dall’altra. Che la FIA ci tenga molto a questo campionato è fuor di dubbio. Per molteplici motivi. Un appassionato lo capisce bene questo. Che ci sia un movimento di pensiero che voglia imporre la Formula E come panacea di tutti i mali del motorsport che consuma carburante quello no. Non serve. Vade retro. Le varie categorie possono convivere senza problemi. Che la Formula E debba diventare la Formula 1 del futuro, no grazie. Grazie a Dio la Formula 1 ha ancora Costruttori indipendenti e ogni team pensa a farsi la propria macchina. Sul fatto che la Formula 1 debba darsi una svegliata a delineare il suo futuro senza voler sembrare green a tutti i costi perché fa figo, penso siamo tutti d’accordo. Sono anni di grande cambiamento. E sta a noi raccontarli nel miglior modo possibile.
Riccardo Turcato
IL PARERE DEL DIRETTORE
Dato che io sono da sempre per la libertà di parola ed espressione e il giornale è aperto a qualunque opinione, questo è il pensiero di Riccardo sulla #FormulaE. Il direttore pubblica e dà voce e spazio a tutti, la persona si dissocia in toto, perché per me questo non è e non sarà mai motorsport. Di tutto questo salvo solo l’opera dell’ingegno dell’ingegner Dallara e di tutte le aziende che vi hanno lavorato, ma boccio il format e chiuderei il campionato domani. Ovvio, troppi soldi in ballo, troppi interessi, se no non avrebbero corso la prima gara nella “civilissima” Arabia, patria dei diritti umani, vi pare? Ah già, hanno fatto tanti concerti, dicono che adesso le donne possono prendere la patente, ma le giornaliste dovevano indossare il velo (io non sono mai stata femminista, lo sottolineo). E qualcuno forse ha dimenticato l’omicidio del giornalista dissidente Jamal Kashoggi, che per stessa ammissione dell’Arabia Saudita è stato ucciso nel loro consolato a Istanbul, “per errore in una colluttazione durante un interrogatorio finito male“. Secondo quanto ricostruito dal New York Times sulla base delle rivelazioni di un “alto funzionario saudita”, Jamal Khashoggi “ha tentato di fuggire dal Consolato, lo hanno fermato, preso a pugni. Lui ha iniziato a urlare, allora uno dei presenti lo ha preso per il collo, strangolandolo fino alla morte“. Ieri i mandanti, i responsabili di questo omicidio erano a guardare la gara, schierati sulla griglia accanto ad Agag e Todt. Ma meglio pensare al business. Io, scusate, ma non ci riesco e lo dico forte e chiaro. Per me, nella vita e nel lavoro, prima viene l’etica, poi tutto il resto.
Barbara Premoli