La F1 torna all’Hungaroring teatro dal 27 al 29 luglio del 12° round del Mondiale 2018. La pista magiara è stata una delle grandi intuizioni di Bernie Ecclestone che volle portare la Formula 1 nei Paesi dell’Est Europa. Il circuito ungherese fu inaugurato il 24 marzo 1986 e cinque mesi dopo ospitò il primo GP di Formula 1. Rispetto alla versione originaria è stata eliminata una chicane e modificato il disegno della curva 12. Il record della pista appartiene a Sebastian Vettel (Ferrari), autore di un giro ad una media di quasi 207 km/h. Una media bassa rispetto agli altri tracciati (fa eccezione Monaco) che dimostra l’estrema tortuosità della pista e la necessità di utilizzare un alto carico aerodinamico. La principale eccezione è rappresentata dalla prima curva dopo il traguardo che è preceduta da un rettilineo di 790 metri. Secondo i tecnici Brembo, che hanno classificato le 21 piste del Mondiale, l’Hungaroring rientra nella categoria dei circuiti impegnativi per i freni.
L’impegno dei freni durante il GP
Così come a Baku i freni vengono utilizzati 11 volte al giro, ma la pista dell’Azerbaigian è più lunga di 1,6 km. All’Hungaroring solo 3 frenate si protraggono per 2 secondi e sono tutte concentrate nella parte di pista visibile dalla tribuna principale. Ogni giro i freni sono in funzione per 16 secondi e mezzo, equivalenti al 22% della durata della gara. Solo il GP Monaco con il 24% e il GP Singapore con il 23% presentano valori più alti. La decelerazione media sul giro è di 4,1 g, valore identico a Baku: rispetto ad essa però la pista ungherese si distingue perché non ha nemmeno una frenata con decelerazione inferiore ai 3 g. La presenza di tante curve fa sì che l’energia dissipata in frenata da ogni vettura durante l’intero GP sia molto alta: 252 kWh, più del doppio di Suzuka. Questo valore equivale a 11 minuti di consumo di tutta l’illuminazione pubblica di Budapest. Dalla partenza alla bandiera a scacchi ciascun pilota esercita un carico totale sul pedale del freno di 92 tonnellate, tra i più alti del Mondiale 2017. Uno sforzo notevole per i piloti che si somma alle alte temperature ambientali del periodo. Questo valore equivale al peso di 160 mucche grigie ungheresi.
Le frenate più impegnative
Delle 11 frenate dell’Hungaroring 2 sono classificate come impegnative per i freni, 5 sono di media difficoltà e le 4 restanti sono light. La più dura per l’impianto frenante è la prima curva dopo il traguardo: le monoposto vi arrivano a 315 km/h e scendono a 95 km/h in soli 132 metri,. I piloti esercitano un carico sul pedale del freno di 142 kg per 2,73 secondi e subiscono una decelerazione di 4,8 g. Anche la frenata alla curva 12 è tosta: la velocità delle auto passa da 285 km/h a 123 km/h in soli 1,93 secondi e 99 metri. Notevole lo sforzo richiesto ai piloti: 4,8 g di decelerazione e 145 kg di carico sul pedale del freno. Alle curve 8, 9 e 11 invece il freno serve invece per perdere dai 20 km/h ai 41 km/h scalando una marcia: per ciascuna di queste frenate bastano dai 20 ai 32 metri, anche se il carico sul pedale non è per niente insignificante, essendo compreso fra 68 kg e 110 kg.
Prestazioni Brembo
Le monoposto con freni Brembo hanno vinto 15 edizioni del GP d’Ungheria, incluse le 2 ricordate per le più grandi rimonte all’Hungaroring: nel 1989 Nigel Mansell trionfò con la Ferrari partendo dal 12° posto e nel 2006 Jenson Button si impose con la Honda pur scattando dalla 14esima casella. Con i freni Brembo tutto è possibile, anche sul toboga dell’Hungaroring.
Redazione MotoriNoLimits
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