Questo weekend non andrò sul canale 208, mi terrò ben lontana dal telecomando e non guarderò la finale della MotoGP 2015 a Valencia. Qualcuno storcerà il naso, farà un salto sulla sedia, dirà “e chissenefrega di cosa fa la Premoli” o emetterà sentenze. Perché un giornalista che si occupa di motori deve seguire tutte le gare. Scelta personale, ed è il motivo per cui scrivo in prima persona. Tranquilli, seguirò qualifiche e gara, ma dalla radio, con la diretta su Radio Rai. I motivi? Presto detto. E partono da lontano, da quattro anni fa, dalla maledetta gara di Sepang. In me quel giorno si è rotto qualcosa che non si è più ricostruito. Come quando rompi un vaso prezioso, lo rimetti insieme con l’Attack, torna a essere un vaso ma non è più “quel” vaso. Vedere morire Marco Simoncelli in diretta è stato uno choc. Ma soprattutto lo è stato vedere proseguire la gara, come niente fosse successo. Vedere che i suoi “amici” (si fa per dire…) non sono saltati giù dalla moto immediatamente, ma hanno proseguito, finché non li hanno fermati. Quel giorno non solo è morto il Sic, ma per me è morta la MotoGP.
Ho dovuto continuare a seguire le gare, l’ho fatto, per forza di cose, per dovere professionale. Lo schifo di questi ultimi quindici giorni non ha fatto che rafforzare le mie convinzioni, Abbiamo visto e sentito di tutto, addetti ai lavori (ed ex) andare a fare sceneggiate in TV di Stato e locali, alcuni ci hanno fatto ridere perché, conoscendo i dietro le quinte in modo diretto e sapendo perché adesso sono fuori dal giro, vederli lì a difendere il Campione, con i lucciconi agli occhi, beh… più che far ridere mi ha fatto venir voglia di prendere a capocciate la TV!
Non nego certo la grandezza di Valentino Rossi: quello che ha fatto è sotto gli occhi di tutti. Come le immagini che abbiamo visto in diretta TV dalla Malesia. Ognuno ha tratto le sue conclusioni, indipendentemente dai teatrini e dalle ricostruzioni in cui tanti (anche emeriti sconosciuti che hanno avuto il loro momento di gloria) si sono prodotti. Questo Mondiale è stato bello fino al GP d’Australia, quando i fans di Rossi si sono scagliati contro Andrea Iannone sui social, augurandogli di tutto e di più per non aver spalancato la porta al connazionale. I Titoli si vincono in pista e non per accordi fatti a tavolino (anche se purtroppo, dal palio di Siena allo sport, qualunque sport, si sa che esistono).
Non riesco neppure a capire che soddisfazione possa dare, a uno sportivo vero, avere punti in più o vincere se qualcuno ti fa passare… Ah già, “a uno sportivo vero”, questo è il presupposto. Dopo Sepang, le discussioni, i comunicati, i ricorsi, tutti contro tutti pur di essere sulle prime pagine e far parlare. Risultato? Il weekend di Valencia avrà un’audience mai vista (con grande gioia degli sponsor): gli appassionati veri lo seguiranno per vedere chi vincerà il Titolo, ma la maggior parte sarà lì davanti alla TV per vedere chi farà fuori chi. E a me questo gioco al massacro non piace. Perché qualcuno potrebbe farsi male e non mi sento parte di questa platea sulle gradinate del Colosseo che aspetta che un essere umano sia massacrato da un leone. Non mi dà niente né dal punto di vista professionale né umano.
Ovvio che l’Italia si schieri dalla parte del Campione che potrebbe vincere il decimo Titolo record a 36 anni, dopo la carriera che sappiamo. Ma c’è anche chi tifa per Jorge Lorenzo. E il tifo, quello vero, ti fa sostenere in modo positivo il tuo Campione, non ti fa augurare che gli altri si coalizzino per farlo fuori alla prima curva, non ti impedisce di ammettere che domenica la ca***ta l’hanno fatta tutti. Anche perché in questo modo che soddisfazione avrebbe Valentino? Passerebbe alla storia per quello che ha vinto perché l’altro è uscito, n0nostante quello che ha fatto in tutto il Campionato, e non crediamo che lui voglia entrare nella storia con questa macchia indelebile che nessun Dash tirerebbe via…
Recupero della sportività e dell’obiettività per me sono cruciali. E domenica mi rifiuto di sentire sbraitare i commentatori TV, o sentirli arrampicare sui vetri come accaduto durante la diretta in Malesia. Quindi questo #TheGrandFinale sarà un ritorno al passato, agli anni in cui l’Italia la domenica pomeriggio andava in giro con la radiolina attaccata all’orecchio per seguire le partite di calcio. La potenza della radio è insuperabile e un bravo giornalista radiofonico è inarrivabile, perché deve raccontare e far “vedere” ciò che accade attraverso le parole. Con immediatezza ed efficacia.
Mi auguro sarà una gara vera e non falsata da accordi clandestini. E che nessuno si faccia male. Tutti i piloti che corrono nel Motomondiale sono esseri speciali e sia Valentino sia Jorge meritano di diventare Campioni, perché questo Mondiale se lo sono disputato loro, gara per gara, vincendo, arrivando a podio, cadendo e rialzandosi ed è questo che mi spinge a seguire lo sport, finché resta sport. Lontano da pollai e corti dei miracoli e saccenti opinionisti che non hanno mai messo le chiappe nemmeno su un Ciao. Voglio “vederla” così in diretta questa finale mondiale. Sarà una gara in bianco e nero, con la voce gracchiante della radiolina portatile di papà, nemmeno da uno smartphone o da uno stereo. Voglio cercare di reimmergermi nel vero motociclismo, quello del mio eroe Giacomo Agostini. Poi guarderò la replica in TV. Ma la gara vera l’avrò già vista e forse tornerò a innamorarmi di uno sport che per me è morto il 23 ottobre 2011. Buon #TheGrandFinale a tutti e che vinca il migliore. #ForzaVale #VamosJorge
Barbara Premoli