Ogni anno, la fine del Mondiale è come la fine della scuola. Momento di svolta, di cambiamento. Ci si saluta sapendo che, quando suonerà di nuovo la campanella, in Australia, saremo diversi noi e sarà diversa la situazione che dovremo affrontare, perderemo per strada qualche compagno di classe che cambierà scuola, città… Ma il GP del Brasile che andrà in scena tra poco più di quattro ore, sarà una svolta epocale. La F1 2014 non sarà più la stessa: una rivoluzione regolamentare come non se ne sono mai viste (prepariamoci a studiare e a fare una full immersion nella tecnica!), con il motore V8 che lascerà il passo al V6 turbo, l’uscita di scena della Cosworth e anche di uno sponsor simbolico e di peso come Vodafone, che dopo tanti anni divorzierà dalla McLaren e dalla F1.
E poi ci sarà, come sempre il walzer dei piloti, oltre a quello degli ingegneri. Per ora (e sottolineiamo per ora) sappiamo che Raikkonen sarà in Ferrari nel 2014, che la McLaren ha scelto Magnussen dopo la delusione Sergio Perez (che si dice sicuro di meritare un posto e che sarà in Australia…), che in Lotus c’è ancora un sedile libero, che in Force India regna l’incertezza, che in tanti per ora sono a spasso. E che tanti sedili saranno assegnati non in base alle reali capacità tecniche e di guida ma agli investimenti degli sponsor.
Soprattutto sappiamo che al termine dei 71 giri del GP del Brasile Mark Webber, per sua scelta, lascerà la F1 (evviva chi ha il coraggio di scegliere!) per passare ai prototipi con Porsche. E che Felipe Massa uscirà dal box Ferrari per entrare in quello della Williams. Due piloti che avrebbero potuto vincere di più, ma che non hanno potuto (e forse voluto) farlo, relegati nel ruolo di eterno secondo, al fianco di compagni di squadra di peso e, quindi, molto spesso accentratori e – diciamolo – egoisti e scomodi.
Dopo 11 stagioni, 215 GP disputati e, finora, 9 vittorie e 32 altri arrivi a podio, 13 pole position e 1.029,5 punti, il 37enne Mark Webber oggi a Interlagos scenderà in pista per il suo ultimo GP. Ne è passato di tempo dal weekend in cui debuttò in F1 con la Minardi, nel 2002, proprio nella sua Australia. Poi, quest’anno, la decisione di smettere, una cosa sempre difficile per uno sportivo ai vertici, contro il DNA. Come ha detto lui stesso in questa intervista.
“Lasciare è come sventolare bandiera bianca? In un certo senso sì. Ma arriva il momento in cui sai che sono più le cose che non vuoi più fare. Pensavo ogni giorno alla F1, poi no. Potrei continuare se volessi, ovvio che potrei, ma non voglio mettere troppo alla prova la mia abilità e i miei standard a questo livello. Guido ancora bene, ma non voglio stare in F1 quando non guiderò più così”.
“215 GP sono molti. A questo livello la cosa più importante è essere flessibili. Devi continuare a imparare. È lo stesso per al Roland Garros e a Wimbledon – le superfici in pratica sono le stesse, ma il gioco e le tecniche cambiano di continuo. Come pilota devi evolvere costantemente, se non ti adatti sei morto. Adesso cerco di far passare questo concetto ai più giovani. Per sopravvivere devi sempre avere frecce al tuo arco. Io ho attraversato molte fasi emotive nella mia carriera. Sono sempre stato molto serio nella mia professione. Forse non avevo quel talento naturale assoluto, ma sapevo che lavorando duro avrei avuto dei risultati. E ho anche battuto ragazzi con più talento, perché non lavoravano quanto me e non hanno fatto la mia carriera. L’ho imparato sulla mia pelle: testa bassa, nessuno ti regala niente”
“Sarebbe bello aver avuto questa esperienza agli inizi. Ci sono stati momenti difficili, decisione sbagliate, errori. Alcune delle gare in cui ho imparato meno sono quelle che ho vinto! E adesso è il momento di cambiare. Cos’è la F1 per me? Impegno, precisione. Il massimo”.
Sicuramente non una scelta quella del 32enne Felipe Massa di lasciare la Ferrari, senza contare che il suo non è un addio alla F1: i numeri dicono 11 stagioni (anche per il brasiliano il debutto nel GP d’Australia 2002), 190 GP disputati, 15 pole, 36 podii complessivi, 11 vittorie e 810 punti.
“Sto invecchiando, ma adesso ci sarà un’altra ripartenza della mia carriera”, ha detto Felipe. “Sono molto impaziente di andare alla Williams. Credo di avere ancora molto da fare in Formula 1. Sono contento e motivato di diventare un loro pilota e di aiutarli a essere nuovamente competitivi. Spero che anche la Ferrari possa avere un futuro positivo. Non ho niente di cui lamentarmi, abbiamo trascorso un bel periodo insieme. Davvero, non ho alcuna frustrazione nella mia vita.
Per il mio GP di casa, proprio per ringraziare la Ferrari, ho voluto un casco rosso che riassume la mia storia con il Cavallino e tutto il mio orgoglio di aver corso con loro: un anno come collaudatore, 8 come titolare, 139 gare, 11 vittorie, 15 pole e 14 giri veloci”.
Anche Webber ha voluto un casco speciale per il suo addio alla Formula 1, con una X sul mento e le sue iniziali. Non ha puntato sui numeri, ma su se stesso, come sempre: una X per indicare che ha lasciato un segno. Cosa ci piacerebbe adesso? Poter vivere l’emozione di Mark quando si schiererà sulla griglia di Interlagos tra qualche ora. Riuscire a mantenere la lucidità, nonostante l’emotività del momento. E se questa volta partirà male, almeno avrà una scusa valida! Per Felipe sarà comunque emozione, ma di altro genere. Per lui le cose cambieranno, ma meno violentemente. Lui nel 2014 cambierà classe. Mark, invece, ha scelto di cambiare scuola, città, mondo per rimettersi in gioco, rischiare e magari cadere e sbucciarsi le ginocchia, ma evolvere. Ci piace!
Barbara Premoli