Sala gremita al Museo Nicolis di Villafranca (VR) per la celebrazione della 24 Ore di Le Mans a sessant’anni dal terribile incidente del 1955 che provocò la morte di oltre 80 persone. Il Museo è stato aperto al pubblico gratuitamente e da Vicenza è arrivato il conte Paolo Marzotto, 85 anni, che in quella gara era pilota ufficiale della Scuderia Ferrari in coppia con Eugenio Castellotti.
Molti appassionati provenienti da diverse regioni del Nord Italia hanno ascoltato l suoi ricordi, la puntualità dei dettagli, la memoria lucidissima nel rievocare pagine epiche dell’automobilismo, stimolato dal giornalista Danilo Castellarin che ha presentato il suo ultimo libro, intitolato ‘Temerari’ (Giorgio Nada Editore) dedicato ai piloti del ‘900, definiti Cavalieri del rischio.
“Sono felice di poter condividere pagine di storia con gli appassionati”, ha detto Silvia Nicolis, “perché credo che la prima funzione di ogni museo sia la condivisione e la divulgazione culturale grazie alla testimonianza dei protagonisti dell’epoca e all’impegno caparbio dei ricercatori che fanno rivivere emozioni intense”.
Paolo Marzotto era uno dei protagonisti di quelle magiche stagioni e da molti era considerato il più veloce dei quattro fratelli di Valdagno che correvano su Ferrari. Fra le molte vittorie si impose nel Giro delle Calabrie, il Giro di Sicilia, la Coppa delle Dolomiti, il circuito di Pescara e quello di Senigallia, oltre alla Salita delle Torricelle. Proprio sulle strade della provincia scaligera passò a quasi 200 di media nella Mille Miglia 1955, da Brescia a Vago di Lavagno, infrangendo ogni record. E a Le Mans, nel 1955, salvò letteralmente la vita a una compagnia di amici che aveva invitato ai box Ferrari due ore prima del via, sottraendoli a morte certa perché proprio in quella tribuna, poche ore dopo, si sarebbe abbattuta la Mercedes in fiamme di Pierre Levegh.
Fra quel gruppo di giovani, c’era una ragazza francese, Florence Daniel, che pochi mesi dopo diventò sua moglie a patto che lui smettesse di correre. “Le chiesi solo di fare un’ultima corsa, perché volevo conquistare un record alla Coppa delle Dolomiti che poi andò al veronese Giulio Cabianca, ma lei mi disse no. E feci bene ad ascoltarla”. Perché dal 1955, per almeno vent’anni, l’automobilismo visse la sua stagione forse più aspra, con vittime in molte gare. Inediti filmati storici hanno testimoniato questa realtà storica suscitando l’interesse dei moltissimi club di automobilismo presenti in sala: il Veteran Car Club Bernardi, l’Historic Cars Club Verona, il Veteran Car Club Legnago, il Benaco Auto Classiche e tanti altri.
Tutti con una punta di nostalgia per le corse che emozionavano di più, “senza tutto il contorno di oggi, organizzato solo per imbonire gli sponsor” hanno detto i relatori. “Tutto questo non vuole essere un atto celebrativo di gare che mettevano a repentaglio, forse troppo superficialmente, la vita umana”, ha detto Castellarin, “ma almeno suscitare il rimpianto per un modo di correre e probabilmente di vivere in cui era l’uomo a decidere e non la tecnologia esasperata”.
Redazione MotoriNoLimits