L’altro giorno scorrendo la casella della mia posta elettronica sono rimasto incuriosito dal titolo di una e-mail. “Breaking News: Invito al firmacopie”. Apro, la fonte è l’ufficio stampa di una Casa editrice e magari si tratta di qualcosa di importante. Approfondisco: un signore di mezza età, con un outfit a metà strada tra il caccia e pesca e la bocciofila è seduto con alle spalle una libreria e mostra un volume dedicato alle gran turismo prodotte da una Casa automobilistica che ha sede legale nella mia citta. La grafica del meme, anch’essa molto vintage recita: Breaking News: invito al “firmacopie” , libreria tal dei tali Milano. Torno a scorrere la mail e metto a fuoco. In pratica, se ho capito bene, la Breaking News è che il tipo mi invita a un evento dove io vado, mi metto in coda, gli do i soldi, lui mi firma la copia e ciao. Niente presentazione, intervista, dibattito, talk show, eventuale rinfreschino ecc. Cose superate, inutili, apprendo. Quel che conta è vendere le copie e prendere i soldi.
Io che non ho un approccio immediato con l’ironia e nemmeno il pensiero caustico di Alberto Arbasino non sono in grado di scrivere un “ritratto italiano” su questo episodio sul mondo dell’editoria che è francamente avvilente. Ho scritto un libro dopo 25 anni di giornalismo [Il Galateo social. Le regole per comunicare, 100 idee per il green deal – CdM Edizioni, 2021, nrd]. Durante la mia carriera ho frequentato le scuole di scrittura creativa di Ivan Cotroneo (Rai Fiction), Gianluca Morozzi (Guanda, Fernandel), Guido Conti (Mondadori, Rizzoli) al termine delle quali ho pensato di non avere ancora qualcosa di abbastanza interessante da dire per scrivere un libro. Quando l’ho fatto, la mia più grande preoccupazione è stata di creare dei momenti dove potermi confrontare con le persone, la stampa e i potenziali lettori per vedere se quello che avevo scritto poteva piacere e interessare a qualcuno. Queste esperienze mi hanno fatto capire di essere sulla buona strada e probabilmente pubblicherò ancora. Farò anche io il firmacopie? Non lo so, probabilmente i miei sono tempi un po’ troppo lunghi per il mondo dell’editoria di oggi. Voi cosa dite?
Stefano Bergonzini