La figura di Hannah Schmitz è esplosa nelle cronache post GP di Ungheria dopo l’ottima strategia pneumatici impostata per Max Verstappen, che ha portato l’olandese a vincere una gara che sulla carta sembrava impossibile. Hannah è un ingegnere, da 11 anni, e sa fare il suo lavoro. Dal muretto di fianco, invece, l’ingegner Rueda della Ferrari ha ancora una volta mancato una pianificazione di gara efficace. Nel calcio, al bar dello sport, si direbbe che l’allenatore non sa leggere la partita. Ma torniamo ad Hannah, che sembra essere finita al centro delle cronache per il fatto di essere donna, più che per il ruolo che ricopre in seno alla Red Bull. Questa è la sensazione. Non bella sinceramente.
Anche perché Hannah non è il primo ingegnere donna che siede a un muretto. È che sembra che la F1 sia prima sempre in tutto o che tutto succeda in essa e pochi guardano oltre il grande Circus. Si parla tanto di parità di genere, di eguaglianza e poi la differenza tra i sessi fa ancora notizia. In realtà abbiamo già avuto figure vincenti femminili. Pensate a Leena Gade che ha portato Audi vincere tre 24 Ore di Le Mans. La cosa su cui dobbiamo soffermarci è non perché donna, ma perché un grande ingegnere. Chi se ne frega dei cromosomi. I team annoverano molte donne nei loro ranghi. Alcune più in vista di altre, ma essenziali nel lavoro di PR, strategia, ingegneria o logistica, del tutto equivalenti ai loro colleghi maschi. Questo sviolinare Hannah in certi post apparsi sui social sembra invece più incentrarsi sul fatto che una donna ha fatto meglio del dirimpettaio, uomo, in Ferreri. Ma anche no grazie.
Hannah Schmitz gives a detailed insight into Red Bull’s strategy decisions before and during the Hungarian Grand Prix 🔎 pic.twitter.com/s7M2CQiSBL
— Sky Sports F1 (@SkySportsF1) August 1, 2022