Il Covid19 ha creato problemi economici a livello mondiale. Lo sappiamo tutti e ne vediamo le conseguenze ogni giorno. Anche la F1 ne è rimasta coinvolta.Dall’Inghilterra giunge notizia che Liberty Media per finanziare i team in crisi con premi in denaro e racimolare soldi, ha venduto per 500 milioni di dollari Live Nations, una sua società che si occupava di eventi live, sapete a chi? Al fondo sovrano dell’Arabia Saudita. Inoltre la F1 stessa ha siglato un accordo di sponsorizzazione di 40 milioni di dollari con la Saudi Aramco, famosa industria statale sempre dell’Arabia Saudita impegnata nel comparto petrolifero e chimico. La Saudi Aramco, in virtù di questo accordo, avrà cartelloni lungo la pista nei vari circuiti del mondiale e sarà title sponsor per i gran premi (se si faranno) di Stati Uniti, Spagna e Ungheria. Questo è quello che riporta l’autorevole Motorsport Magazine.
Voi che ci seguite, sapete bene che da un paio d’anni parliamo della possibilità che la F1 sbarchi in terra d’Arabia. Prima il test con la Renault di Aseel Alhamad. Poi la gara di Formula E, quindi la Dakar. Ora questi importanti accordi economici che sono un chiaro segnale. Nell’arco di 2 o 3 anni nascerà un tracciato nella città di Qiddiya, vicino a Ryad. Che sarà disegnato da Alex Wurz. Non è da escludere però una gara cittadina in stile Formula E che possa disputarsi prima del completamento del tracciato permanente.
Il principe regnante, che vuole dare una visione più moderna e liberale del suo Paese, sa che la Formula E non basta. La F1 è al pari di un’olimpiade per visibilità e attenzione mediatica. E, a differenza delle olimpiadi, si può avere questa attenzione ogni anno. Sull’onda dei BlackLivesMatter e sulla spinta sociale di Hamilton, la F1 ha lanciato l’iniziativa #WeRaceAsOne. Vogliono cambiare il mondo in meglio, corrono per i diritti dei lavoratori, diritti di inclusione ed eguaglianza, per un futuro sostenibile ecc, ecc… Insomma è come se Hannibal Lecter, dopo un lauto pasto, si dichiarasse vegetariano convinto.
Non vogliamo assolutamente dilungarci in discorsi politici, però sembra strano che una F1 che lancia slogan come #WeRaceAsOne utilizzi finanziamenti di Stati dove libertà personali, di lavoro, di espressione e di orientamento sessuale sono limitate. Tutto il contrario di tutto. Ma è la F1. Ci siamo abituati, non la scopriamo di certo oggi. Sarà bello vedere l’hashtag #WeRaceAsOne vicino a cartelloni arabi, russi o cinesi. Come dite? Chi ha orecchie per intendere… intenda.
Riccardo Turcato