A Barcellona si sono spenti i riflettori sulla seconda sessione di test collettivi e fare un’analisi non è certamente facile, anche se bisogna partire da due punti fissi:1) siamo alla conclusione di un ciclo tecnico e sul fronte dell’evoluzione queste macchine hanno raggiunto il limite; 2) le gomme sono le medesime della passata stagione. I miglioramenti in termini cronometrici, nell’ordine di qualche decimo rispetto a 12 mesi fa, sono perfettamente in linea poiché è molto più facile guadagnare mezzo secondo (se non un secondo) tra una stagione e l’altra con l’inserimento di una nuova mescola. Lavorando solo sull’aerodinamica e sul motore, sono necessari 2/3 anni di sviluppo per raggiungere il medesimo obiettivo. A saltare all’occhio è il distacco di appena un secondo e mezzo tra il primo e l’ultimo (1’16”196 per Bottas e 1’17”803 di Albon). Onestamente un divario poco realistico e questo ci deve far pensare, ma a Melbourne scopriremo le reali forze in campo.
A far paura è la Red Bull. Ho l’impressione che tra i top team siano loro ad aver effettuato lo step evolutivo maggiore in termini di telaio e motore e che si siano nascosti. Nell’ultimo tentativo di venerdì Verstappen ha palesemente alzato il piede nel T3 e il suo miglior crono di 1’16”269 (a 71 millesimi da Bottas) poteva essere decisamente più basso. Indecifrabile la Mercedes: resta la vettura di riferimento, anche loro si sono coperti. Così come i team-satellite, hanno accusato diversi problemi inaspettati di affidabilità, ma potrebbero aver volutamente portato al limite i pezzi per testarne la resistenza. In crescita la Ferrari, rispetto ai primi tre giorni di test, con diverse prove sulle gomme anche se dicono di non sentirsi pronti a lottare per la vittoria nella prima parte di stagione.
Gian Carlo Minardi