“La F1 è il cartellone pubblicitario più veloce al mondo”. Quante volte abbiamo sentito questa affermazione dai protagonisti del grande Circus. Red Bull, che della pubblicità e la commercializzazione del marchio ne fa un’arte, da quest’anno ha deciso di cambiare nome alla Toro Rosso e puntare tutto su Alpha Tauri. Il brand non è altro che il marchio di moda della Casa austriaca che sta cercando visibilità nel mondo.
La scelta Red Bull è stata logica. Spiace perdere il nome Toro Rosso, che con la trasposizione italiana dall’inglese del marchio ci lasciava ancora legati alla nostra terra, a Faenza, e alla Minardi, ma il brand austriaco ha fatto centro con questa mossa. Chi prima di questi giorni conosceva Alpha Tauri? Che è arrivato a fissare fuori dalla Rinascente a Milano un modello in scala della nuova vettura e si è già preso un paio di vetrine dello store milanese.
Fermo restando i marchi di abbigliamento tecnico che negli anni hanno sempre seguito piloti e team, moda e F1 è un connubio che è sempre andato a braccetto. Il precedente più famoso di tutti, ancora una volta nato in terra italica, è quello della Benetton. L’azienda tessile italiana, prima entra nel grande Circus come sponsor della Tyrrell nel 1983, poi passa alla scuderia Euroracing Alfa nel 1984, e, nel 1985, si lega alla Toleman. Il team inglese verrà poi assorbito dal marchio italiano e dal 1986 nascerà il team Benetton F1 che, dal 1986 al 1995, avrà licenza inglese. Mentre dal 1996 al 2001, anno in cui la famiglia trevigiana venderà tutto a Renault, correrà con licenza italiana. Il team Benetton è un successo. Sia per il marchio, che si farà conoscere in tutto il mondo proprio grazie alla F1, sia sportivamente perché arriveranno due titoli piloti e uno costruttori. Benetton era anch’essa in quei tempi all’avanguardia con le sponsorizzazioni. Arrivò ad esempio a colorare in modo sgarciante le quattro gomme Pirelli in gara.
Nel 1987 anche la casa di moda Trussardi cerca di entrare in F1. Appoggiandosi al team di F3000 Middlebridge, prendono una Benetton B186, con motore BMW Megatron e, montate le gomme Goodyear, cercano di iscriversi agli ultimi sei gran premi del 1987. Il pilota doveva essere Emanuele Pirro, mentre Aguri Suzuki doveva correre in Giappone e Australia. Al team non viene mai concessa la possibilità di correre in quanto dal 1987 l’embrionale Patto della Concordia richiedeva che i team schierassero due vetture.
Il legame tra moda e F1 è sempre stato forte. Hugo Boss ne è un esempio, legato alla McLaren prima e alla Mercedes poi. Ma è specialmente l’Italia che la fa da padrone. Resterà nella storia la partecipazione nel campionato del mondo del 1992 della Andrea Moda, dell’imprenditore calzaturiero Andrea Sassetti e di cui abbiamo ampiamente parlato in questo pezzo in precedenza.
Una storia che sembra uscita dagli anni 70. Un team in perenne crisi economica, raffazzonato alla bell’e meglio, che concluderà la sua avventura nel weekend del GP del Belgio. Sassetti viene infatti arrestato dalla polizia belga su mandato di cattura internazionale per fatture false. Una storia incredibile, come quando Moreno riuscì, tra lo stupore di tutti, a qualificare la nera monoposto per il GP di Montecarlo. A proposito di Andrea Moda, uno degli sponsor era Annabella di Pavia, la famosa pellicceria tanto in voga ai tempi. La Diesel con la Leyton House. Fila e Armani sulla Brabham. Sergio Tacchini e la Toleman di Senna. Anche Regazzoni aveva una propria linea di jeans. I Jeans Pool sponsorizzano l’ascesa verso la F1 di Senna, o la Rial con i Bobson. La coloratissima Rainbow Jeans sponsorizzò la Williams privata di Keegan e la Ensign di Surer nel 1979.
La Murjani Jeans che abbiamo visto in F1 sempre con Keegan, e in Formula Aurora con Desirée Wilson, ha usato proprio la visibilità sulla monoposto per far conoscere i primi jeans creati appositamente per le donne. Nata dall’idea della magnate americana Gloria Vanderlbit e del produttore tessile indiano Mohan Murjani, l’azienda arrivò a collaborare con un giovane talento che farà parlare molto di sé in futuro: Tommy Hilfiger. Sì proprio lui. Tommy da metà anni 90 a partire dalla Lotus mette il suo marchio su molte F1, anche la Ferrari. Ora collabora con il campione del mondo di F1 Lewis Hamilton con una linea dedicata di moda che ha molto successo. E… corsi e ricorsi storici, chi c”è tra i finanziatori di Tommy Hilfiger? Un certo Lawrence Stroll, papà di Lance, che da quando è arrivato in F1 non ha mai smesso di investire. Prima in Williams, poi salvando la Force India e ora comprando l’Aston Martin. Insomma un amore tra F1 e moda che è indissolubile negli anni. Noi saremo qua a raccontare come sarà la storia di Alpha Tauri. Intanto in bocca al lupo ai ragazzi di Faenza.
Riccardo Turcato