Mi è capitato di sentirlo e leggerlo spesso ultimamente: “Con quella monoposto vincerei anch’io”. “Anche lui potrebbe. E lui? Sì, certo anche lui”. A quanto pare, alcuni commenti di Verstappen (figlio, eh) e Alonso tendono a minimizzare la vittoria del quinto mondiale di Lewis Hamilton che eguaglia Juan Manuel Fangio nel firmamento dei grandi. Chi scrive sa benissimo che in F1 senza una macchina top non si vince il Mondiale. Al massimo puoi puntare a vincere qualche tappa del campionato. Ma quando mai è stato diverso da così? Specialmente nell’epoca moderna?
Quando un pilota con vettura nettamente inferiore è riuscito a vincere un Mondiale di F1? A essere sinceri mi viene in mente solo un caso. Quello di Prost nel 1986 che vinse il campionato all’ultima gara, in un anno dominato dalle super Williams di Mansell e Piquet, in quella che sarà ricordata per sempre come la beffa di Adelaide. E’ ovvio che Lewis Hamilton stia vincendo Mondiali e collezionando record perché si trova nel team che gli mette a disposizione il miglior pacchetto possibile. Ma l’altra faccia della medaglia è anche che Lewis stesso, in questo momento, è il migliore in pista e a far funzionare quello che la Casa di Stoccarda gli mette sotto il sedere. Quando Lewis scelse di lasciare la McLaren per abbracciare il progetto Mercedes, in molti dubitarono se fosse stata la mossa giusta per la sua carriera. La McLaren allora era pur sempre la McLaren.
Invece la storia ha dato ragione ad Hamilton. Che in pista e fuori, con la Casa della stella a tre punte, si è sempre comportato professionalmente e da vero leader. Come diceva proprio il pentacampione Fangio, guarda caso appena raggiunto dal campione inglese, il team migliore sceglie il pilota migliore e il pilota migliore va dove c’è il team più forte che può permettergli di vincere. Ritengo che la storiella della volpe e l’uva in questa F1 sia un poco stucchevole.
Se Alonso ha fatto scelte sbagliate nel corso degli anni non è colpa di nessuno. Come non è colpa di nessuno se Max Verstappen ha scelto di legarsi alla Casa taurina sapendo le condizioni tecniche attuali e future… Che per lui spero siano migliori di quelle trovate proprio da Alonso con il motore nipponico Honda a spingerlo verso traguardi sognati. Non è mai un solo singolo ingranaggio a portare un team a dominare. Macchina, pilota, meccanici, ingegneri, motoristi, sintonia, armonia. Non è per nulla matematico che, cambiando l’ordine dei fattori, il risultato possa essere lo stesso. Fermarsi alla sola monoposto lascia il tempo che trova. Sono alibi da amatori del sabato pomeriggio che non mi aspetterei mai da piloti professionisti.