E’ una rivoluzione che ha la forza di uno tsunami quella del principe Mohamed Bin Salman che sta portando l’Arabia Saudita a risvegliarsi da un medioevo culturale, religioso e sociale. La cosa più importante è che, finalmente, le donne stanno guadagnando la libertà di essere e vivere non più strette dalle leggi di una religione applicata in modo oltremodo fondamentalista in ogni sua regola.
Lo abbiamo saputo dal Principe in persona: da questa primavera finalmente le donne in Arabia Saudita possono guidare. Pensate cosa vuol dire per queste donne che spesso dovevano fuggire oltre confine verso il Bahrain per poter vivere la propria femminilità. La guida di un’automobile, da sole, senza un uomo di fianco, come segno di emancipazione e sguardo positivo verso il futuro. Anche se molte delle donne che in passato si sono battute per i loro diritti restano ancora in carcere. Anche se, spesso, mentre sono alla guida, le donne vengono insultate dagli uomini.
L’inviata del Time Magazine, Aryan Baker, ha scritto un bellissimo pezzo sulle donne di Riyadh. Le ha trovate combattive e pronte ad accogliere con pazienza tutte quelle opportunità a cui, prima del principe Bin Salam, non erano abituate. Tipo andare al cinema, a teatro o poter assistere a un evento sportivo. Perfino alla polizia religiosa del Muttawi’a è stato imposto dal principe di non importunare più le donne ora libere di girare anche con vestiti colorati e viso in vista.
E’ in tutto questo calderone di riforme che, tra le donne al volante di Riyadh, si arriva a parlare sempre della stessa cosa: F1! Sì perché, diciamoci la verità, la F1 resta lo sport che al mondo è più visto e che fa ancora sognare nonostante i problemi tecnici organizzativi che chi vive questo sport conosce. I mondiali di calcio o le olimpiadi arrivano ogni 4 anni. La F1 invece è un evento mondiale quasi ogni domenica. Le donne di Riyahd, alla giornalista del Time, lo dicono apertamente, il loro sogno è di vedere una di loro in futuro arrivare nel motorsport in pianta stabile e in F1. E’ per questo che al Paul Ricard abbiamo visto Aseel Alhamad alla guida di una monoposto Renault. Pensate che proprio lei non aveva mai potuto guidare in patria e la prima volta che lo ha fatto è stato nel circuito permanente di Riyadh al volante di una Jaguar F-TYPE: Aseel sta aprendo la strada a una nuova generazione e qui mi viene da pensare a una cosa.
L’Arabia vuole crearsi un futuro slegato dal petrolio e ha bisogno di investimenti e capitali anche esteri. Con una popolazione del 70% sotto i 30 anni e un tasso di disoccupazione del 34% (dati presi dall’articolo del Time sopra citato), per il principe portare questa apertura al mondo dal medioevo culturale religioso, potrebbe voler dire anche aprire le porte a una gara di F1 in Arabia Saudita nel giro dei prossimi 5 o 10 anni… magari verso il 2030, quando dovrebbe nascere, secondo lo stesso principe, una nuova città del futuro alimentata da fonti rinnovabili: il progetto Vision.
Le donne sognano la F1 e la F1 ha quello che a ogni organizzatore di eventi interessa: la visibilità mondialì. Fu cosi anche a fine anni 70 per l’Arabia Saudita che investì ingenti capitali nella Williams con i suoi sponsor Fly Saudia, Albilad, Tag e Dallah… con Regazzoni e Jones che poi sul podio non potevano festeggiare con lo champagne ma con la bevanda all’acqua di rose. Oggi le donne d’Arabia un poco alla volta, senza forzare troppo la mano per non rovinare tutto, stanno spingendo per la rivoluzione, e sarebbe bello pensare che il sogno della F1 aiutasse e continuasse ad alimentare tutto questo anche grazie all’aiuto della FIA sezione donne. Intanto dal prossimo anno arriverà la Formula E, ed è un segnale importantissimo. In bocca al lupo!
What a day for @ASEEL_ALHAMAD!
It’s been a privilege to celebrate her passion for motorsport on this important occasion. 💛#RSspirit #FrenchGP #SheDrives pic.twitter.com/FMeXtn4E55— Renault Sport F1 (@RenaultSportF1) 24 giugno 2018