Doveva essere la monoposto della svolta per Emerson Fittipaldi e per gli appassionati tifosi brasiliani. La Copersucar F6 progettata per la stagione 1979 da Ralph Bellami, nasceva con un soprannome non banale e che forse ne ha alimentato troppo le speranze: il Concorde. Sì, perché a ben guardare la forma profilata ed estrema della vettura brasiliana, con quel muso a freccia verso il basso, la scocca attorno al pilota senza cassoni laterali e tutte le parti meccaniche compattate al posteriore, facevano venire in mente subito l’aereo supersonico in voga il quel periodo.
Negli anni 70 se avevi un’idea dovevi portarla in pista. Non c’erano computer e programmi avanzati che ancora prima di correre potevano dirti se quello che avevi pensato andava bene o no. La pista, come sempre, era la cartina tornasole. E purtroppo la storia della Copersucar F6 è tormentata e tormentosa. Siamo in piena epoca wing car con Colin Chapman che di colpo con la sua idea dell’effetto suolo ha fatto invecchiare tutte le vetture sullo schieramento. Troppo evidente ed importante era diventato avere in vettura l’effetto suolo rispetto a una macchina normale. Ma copiare spesso non basta e quindi Bellami, con ingenti capitali brasiliani a disposizione, decide di fare un passo oltre il concetto proposto dalla Lotus.
Propone una vettura profilatissima, in fibra di vetro e carbonio. Leggerissima. Sposta le masse radianti e le componenti meccaniche nella parte posteriore della vettura ben oltre l’abitacolo del pilota per ottenere un buon centro di gravità. Gli scarichi non passano nemmeno verso l’estrattore posteriore con questa configurazione priva di spazio ma escono lateralmente nelle fiancate. Il vero azzardo di Bellami è abbandonare le classiche minigonne a scorrimento verticale all’interno dei cassoni della vettura per installare un profilo ad H in alluminio su cui va a fissare un sacco trattato di Nylon che sigilla tutta la vettura lateralmente e posteriormente.
Bellami pensa due cose. Che questo sacco lavori meglio con le variazioni di altezza delle sospensioni sigillando il tutto e che così si possa evitare (vero problema delle wing car) il blocco in posizione aperta (alta) delle paratie dentro i cassoni andando così a perdere effetto suolo. Tutte idee che sulla carta dovevano funzionare ma in realtà, una volta scesa in pista, la F6 non funzionò mai. Emerson Fittipaldi la descrive come auto nervosa, imprevedibile e difficile da assettare. Da Concorde ad aspirapolvere, il successivo nomignolo dato alla vettura, il passo fu breve. La Copersucar F6 non decollò mai (fu abbandonata per il precedente modello) ma si erge tra le vetture simbolo di un’era in cui si potevano ancora sperimentare nuove idee, giuste o sbagliate che fossero. E di queste vetture parleremo ancora prossimamente.
Riccardo Turcato