È successo di nuovo, purtroppo. E girano tremendamente le scatole, anche se sappiamo bene che, come continuano a ripeterci, come troviamo persino sui pass-stampa, “motorsport is dangerous”. Sean Edwards, 26enne pilota britannico, ha perso la vita questa mattina mentre era a bordo, come passeggero, di una Porsche 996, al Queensland Raceway di Willowbank, in Australia, durante una sessione di test privati. Il pilota, un 20enne di Brisbane, ha perso il controllo della vettura, finendo contro le barriere. Estratto dalla macchina in fiamme, è stato ricoverato in terapia intensiva ed è in pericolo di vita.
Sean è stato anche tra i protagonisti del film Rush, in cui ha ricoperto il ruolo di suo padre Guy Edwards, pilota di F1 negli anni 70, noto per aver aiutato a estrarre Niki Lauda dal relitto in fiamme della sua Ferrari dopo l’incidente al Nurburgring nel 1976.
Sean, nato a Londra, viveva a Monaco e correva nel Campionato Porsche Supercup, di cui era attualmente leader (avrebbe affrontato le ultime due gare ad Abu Dhabi con 18 punti di vantaggio).
E pensare alla sua fine fa venire rabbia, per tanti motivi: per i 26 anni, perché aveva tutta la vita davanti e perché non era lui alla guida: era infatti in Australia, in quel test privato al Queensland Raceway, sul sedile del passeggero, come istruttore.
Un destino più che crudele, il suo. Che stride ancor di più andando sulla sua pagina Facebook, che ci regala tutti i sogni, la vitalità, l’entusiasmo di un normalissimo ragazzo di 26 anni.
Barbara Premoli