Max Verstappen ha chiarito fin da subito le sue intenzioni per il fine settimana, facendo segnare il miglior tempo nella prima giornata di prove del GP del Messico. Il pilota della Red Bull Racing ha fermato il cronometro sull’1’17”392, precedendo Charles Leclerc della Ferrari, il più veloce nella prima sessione, che ha chiuso secondo a soli 0”153 di distacco. Kimi Antonelli, secondo in FP1 con la Mercedes, ha ottenuto il terzo tempo, a 0”174 dall’olandese. I due rivali di Verstappen nella corsa al titolo Piloti, Lando Norris e Oscar Piastri della McLaren, hanno concluso rispettivamente in quarta e 12° posizione.
Un numero record di nove rookie ha partecipato alle FP1: Frederik Vesti (Mercedes), Patricio O’Ward (McLaren), Ayumu Iwasa (Racing Bulls), Antonio Fuoco (Ferrari), Luke Browning (Williams), Paul Aron (Alpine), Ryo Hirakawa (Haas), Jak Crawford (Aston Martin) e Arvid Lindblad (Red Bull Racing), quest’ultimo il migliore del gruppo, il sesto più veloce. Solo Sauber ha schierato entrambi i suoi piloti titolari nella prima ora di prove libere. I rookie insieme ai loro colleghi più esperti hanno dovuto affrontare le solite sfide del tracciato messicano, la maggior parte delle quali legate all’altitudine: basso carico aerodinamico, poca aderenza a causa dell’asfalto sporco e temperature di pista superiori di 6 gradi rispetto all’anno scorso in FP1.
Hadjar, Ocon e Hulkenberg hanno scelto di iniziare con la Media, mentre il resto del gruppo ha optato per la Hard. Durante la prima sessione è stata la C2 a svolgere la maggior parte del lavoro poiché i team hanno preferito non utilizzare le mescole più morbide quando la pista era ancora molto “verde”. Tuttavia, al termine della giornata è stata la C4 a completare il maggior numero di giri, con il 37% del totale tra tutti i piloti, utilizzata principalmente per valutare il passo gara. La Soft, impiegata per segnare i migliori tempi, ha coperto il 34% dei giri, mentre la C2 la parte restante. Come accade sempre in questa gara, i tempi sul giro dovrebbero abbassarsi sensibilmente nei prossimi due giorni, man mano che la pista si gomma e la polvere viene rimossa. C’è ancora strada da fare per avvicinare il tempo della pole ottenuto da Carlos Sainz nel 2024 con la Ferrari (1’15”946).
Simone Berra, Pirelli chief engineer: “Il livello di aderenza della pista è tra i più bassi dell’intera stagione. Le prime sessioni hanno confermato sostanzialmente i dati raccolti prima del fine settimana. Il tracciato, poco utilizzato durante l’anno, presenta molta polvere sulla superficie, motivo per cui, grazie anche alle gare di contorno e all’assenza di pioggia prevista, ci aspettiamo un’evoluzione significativa della pista nel corso dei prossimi giorni. La mescola Hard è stata ampiamente utilizzata in FP1 ed è quella che ha sofferto maggiormente le condizioni del tracciato, pur dimostrando comunque la propria efficacia. Le due mescole più morbide, che già a inizio giornata avevano dimostrato la loro superiorità, hanno beneficiato ancora di più in FP2 dell’abbassamento delle temperature, arrivate a 35°C.
Nonostante ciò, anche nella seconda sessione diversi piloti hanno continuato a lamentare via radio la scarsa aderenza, dovuta principalmente alle condizioni dell’asfalto. Lo si evince anche dai tempi finora registrati che, sebbene siano migliorati di circa un secondo tra le due sessioni, restano ancora lontani dalla pole position firmata da Carlos Sainz lo scorso anno. La maggiore resistenza meccanica dei pneumatici di questa stagione è confermata dall’assenza di fenomeni di graining, un problema che in passato si manifestava frequentemente a Città del Messico. Il degrado è già ora facilmente gestibile e la situazione è destinata a migliorare ulteriormente fino alla gara.
Parlando proprio del Gran Premio, la strategia a una sola sosta sembra al momento la più plausibile. La mescola protagonista sarà con ogni probabilità la Media, da abbinare a una delle altre due. La scelta tra Hard e Soft dipenderà principalmente da quanto i piloti riusciranno a prolungare il primo stint con la gomma gialla, dalle temperature dell’asfalto e, inutile ripeterlo, dall’evoluzione della pista”.





















