Il mercato auto in Europa a febbraio segna un lieve calo del 3,1% rispetto al 2024, registrando 963.540 immatricolazioni, oltre 30.000 unità in meno rispetto alle 994.319 dell’anno precedente (-16,2% sul 2019). Il primo bimestre archivia una flessione che riflette le dinamiche contrastanti tra i principali mercati europei: le 1.959.580 auto immatricolate in gennaio-febbraio 2025 indicano una contrazione del 2,6% verso le 2.011.270 unità del 1° bimestre 2024. Anche a febbraio la Spagna rimane l’unico in crescita fra i 5 Major Market, segnando un +11,0% nel mese e un +8,4% nel bimestre; gli altri segni sono tutti negativi, sia pure con andamenti differenziati che vanno dal -0,7% della Francia (-3,3% nel bimestre) e -1,0% del Regno Unito (-1,9% nel bimestre), alle perdite molto più consistenti di Italia (-6,2% nel mese e -6,0% nel bimestre) e Germania (-6,4% nel mese e -4,6% nel bimestre).
A febbraio l’Italia occupa la terza posizione tra i cinque principali mercati e sale al secondo posto nel primo bimestre (a scapito della Francia che detiene in febbraio la seconda posizione e di UK che la deteneva a gennaio), ma si conferma fanalino di coda per le auto “con la spina” (ECV), con una quota complessiva del 9,4%. Le BEV si attestano al 5,0% e le PHEV al 4,4%, un dato che mostra un ampio divario rispetto agli altri mercati europei: la Germania raggiunge il 27,3% (BEV al 17,7% e PHEV al 9,6%), il Regno Unito il 34,0% (BEV 25,3% e PHEV 8,7%), la Francia il 22,5% (BEV 17,9% e PHEV 4,6%) e la Spagna il 14,4% (BEV 6,8% e PHEV 7,6%). La tendenza si conferma anche nel primo bimestre 2025, con l’Italia ultima tra i cinque mercati e una quota ECV del 9,1% (BEV 5,0% e PHEV 4,1%), rispetto a Germania (26,2%, BEV 17,1% e PHEV 9,1%), Regno Unito (31,7%, BEV 22,8% e PHEV 8,9%), Francia (22,1%, BEV 17,7% e PHEV 4,4%) e Spagna (14,3%, BEV 6,8% e PHEV 7,5%). Nel totale del mercato europeo, le ECV a febbraio coprono il 24,6% di share, con le BEV al 17,1% (+4,0 p.p.) e le PHEV al 7,5% (+0,2 p.p.). Nel bimestre le BEV si portano al 16,9% (+4,4 p.p.) e le PHEV stabili al 7,6%, con un totale di ECV al 24,5%.
“La Commissione Europea ha presentato il 5 marzo il Piano d’Azione frutto del ‘Dialogo strategico sul futuro dell’industria automotive’, che appare però privo della necessaria chiarezza per operatori e clientela. Invece di delineare un quadro di incentivi centralizzato, come inizialmente prospettato, la Commissione si è limitata a proporre uno scambio di best practices tra i vari Paesi, senza fornire indicazioni concrete per il settore”, dichiara Andrea Cardinali, Direttore Generale UNRAE. “Pur apprezzando l’apertura della Commissione alla possibilità di introdurre flessibilità nell’applicazione delle sanzioni per lo sforamento dei target di emissione nel 2025 – prosegue il Direttore – è necessario chiarire che le sanzioni non verranno realmente rinviate. Il meccanismo previsto da Bruxelles implica che la conformità verrà calcolata sulla media triennale della CO2, con l’obbligo di compensare eventuali scostamenti negli anni successivi, generando quindi impatti economici già nel 2025, come richiesto dai principi contabili internazionali. La totale assenza di incentivi per le vetture a zero e bassissime emissioni, sia a livello europeo che nazionale, continua a rappresentare un freno significativo per la transizione energetica del mercato italiano. Persistono gravi anomalie strutturali, come l’elevato costo dell’energia e l’insufficiente capillarità delle infrastrutture di ricarica. Dal 2022 a oggi, con i fondi PNRR, sono stati assegnati finanziamenti per la realizzazione di soli 6.000 punti di ricarica, a fronte degli oltre 21.000 la cui attivazione era prevista entro la fine di quest’anno”.
Il 14 marzo l’UNRAE ha partecipato al Tavolo Automotive convocato dal MIMIT, avanzando proposte concrete per accelerare la diffusione di veicoli a zero e bassissime emissioni. Tra queste, lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica e la revisione del regime fiscale delle auto aziendali. “Abbiamo chiesto al Ministro Urso di promuovere un Tavolo interministeriale che affronti con urgenza il tema in modo strutturale, partendo dal trattamento penalizzante per le aziende e considerando anche le recenti modifiche al fringe benefit, che contraddicono il principio di neutralità tecnologica. Il nostro Governo dovrebbe agire, partendo proprio dalle proposte sulla revisione della fiscalità delle auto aziendali, che dovrebbe avere una concreta e rapida attuazione individuando fondi dedicati, pur in un quadro di ristrettezza di risorse”, conclude Cardinali.