Il GP di Monaco è uno degli appuntamenti storici nel calendario della F1 e quest’anno raggiunge un traguardo importante, la 70° edizione valida per il Campionato del Mondo Piloti, visto che ci sono state altre 11 edizioni di questa gara – dieci prima dell’istituzione della massima competizione automobilistica, una nel 1952, quando corsero vetture Sport a ruote coperte.
Come tradizione, la scelta della Pirelli per quanto riguarda le mescole delle gomme slick è caduta sul tris più morbido a disposizione quest’anno, vale a dire quello composto dalla C3 come Hard, dalla C4 come Medium e dalla C5 come Soft. Come quasi sempre accade sui tracciati cittadini, che hanno un asfalto particolarmente liscio visto che viene normalmente utilizzato quotidianamente dalle vetture stradali, i pneumatici devono poter offrire la massima aderenza possibile.
La gara di Monaco è quella dove le forze cui sono sottoposti i pneumatici sono fra le più basse di tutta la stagione perché la velocità media con cui vengono completati i 3,337 metri di lunghezza del tracciato è molto ridotta, con curve che vengono affrontate anche a meno di 50 km/h e soltanto per circa il 30% del giro viene percorso in pieno. Peraltro, il fatto che siano ben 78 i giri previsti la domenica determina una frequenza decisamente superiore alla media di ogni fenomeno che caratterizza il comportamento dei pneumatici, in particolare per quanto riguarda la densità dell’energia sviluppata in fase di trazione. Un altro fattore da tenere in considerazione nell’analisi delle gomme è il graining che, soprattutto i primi giorni, potrebbe essere un ospite non particolarmente desiderato.
Su una pista in cui il margine d’errore è praticamente ridotto a zero, un elemento che caratterizza l’evoluzione dei tempi sul giro è la fiducia con cui i piloti – a prescindere dalla conoscenza pregressa del tracciato – affrontano le 19 curve e tutti i trabocchetti che vi sono disseminati. L’obiettivo di ogni pilota è di limare progressivamente la ricerca della traiettoria migliore, avvicinandosi sempre di più ai guardrail, spesso sfiorandoli con la spalla dei pneumatici: riuscirci senza rompere nulla è la chiave per conquistare una buona posizione in griglia, fondamentale per il risultato finale visto che i sorpassi sono pressoché impossibili, anche in presenza di una differenza di prestazione fra vetture nell’ordine dei secondi: figuriamoci quanto possa essere decisiva la qualifica in una stagione come questa, dove sono i millesimi di secondo a scandire l’ordine di schieramento davanti ai semafori della partenza
Su una pista del genere è praticamente inevitabile l’intervento della safety-car (77% di probabilità, in media quasi due volte per gara) ma l’edizione scorsa è, curiosamente, filata via liscia, senz’alcuna neutralizzazione. Dal punto di vista strategico, sulla carta c’è una sola opzione: la sosta singola, cercando di ritardarla il più possibile proprio per poter eventualmente approfittare di una safety-car per minimizzare il tempo perso in pit-lane.
Il mese di maggio è stato finora caratterizzato dalle numerose celebrazioni per il 30° anniversario della scomparsa di Ayrton Senna, la cui figura ha segnato indelebilmente anche la storia del GP di Monaco. Sono ancora del pilota brasiliano, infatti, i primati delle vittorie (6), delle pole position (5) e dei piazzamenti sul podio (8). Michael Schumacher è primo come giri più veloci in gara (5) e condivide con Graham Hill il secondo posto nella classifica delle vittorie (5 ciascuno) e con lo stesso Hill, Lewis Hamilton e Sebastian Vettel quello dei piazzamenti sul podio (7 a testa). Fra le squadre, primeggia la McLaren in termini di successi (15) mentre la Ferrari è partita più volte (12) dalla pole position e stabilito più volte (17) il giro più veloce in gara nonché quello dei piazzamenti sul podio (55), classifica in cui doppia la McLaren, seconda con 27.