“Quando mi venne affidato il reparto corse confessai a Ferrari che avevo paura. Lui mi rassicurò e mi disse che avevo il suo supporto, che non bisogna mai darsi per sconfitti e non avere timore di osare”. E di paura di osare Forghieri non ne aveva davvero: rimise mano alla 250 GTO ridisegnandone il ponte posteriore e addolcendone l’erogazione della potenza, trasformando così quella vettura da “macchina assassina” ad “arma vincente” in tante corse degli anni 60. Fece debuttare gli alettoni sulle vetture di Formula 1, nel 1968, sulle 312 F1 di Chris Amon e Jacky Ickx, prima ancora che un altro visionario come Colin Chapman ne raccogliesse i frutti con le sue Lotus.
Sarebbe troppo lungo fare l’elenco delle straordinarie vetture progettate da Mauro Forghieri, ma bastano questi dati per collocarlo fra i tecnici più geniali della storia del motorsport: 54 GP di Formula 1 vinti cui si aggiungono undici campionati del mondo oltre che nove titoli nelle competizioni di durata. Lui ha sempre saputo essere trasversale: i tecnici più in voga di quel periodo, brillavano sì per doti rilevanti ma, salvo poche eccezioni, per lo più erano specializzati: chi per le monoposto chi per le vetture a ruote coperte; chi per i telai, i motori o l’aerodinamica. Mauro spaziava in ogni settore con risultati sorprendenti, aiutato certo dalle persone che lo circondavano, dalle quali però sapeva farsi voler bene nonostante i modi, talvolta, davvero bruschi. È stato un uomo capace di rivoluzionare un sistema vincente per continuare a vincere, che è poi la storia della Ferrari.
I rapporti con Enzo Ferrari erano una cosa speciale: come tutte le persone illuminate, Enzo subiva il fascino del talento di Mauro. In lui vedeva la realizzazione delle sue pulsioni: probabilmente vi era una sorta di processo di osmosi, e Forghieri, non meno intelligente, si lasciava guidare da Ferrari proponendo, in modo adeguato tutte le volte che si presentava l’occasione, la sua soluzione, originale, estrema, innovativa, sapendo già che per affinità elettive e unicità d’intenti Ferrari – magari non prima di aver espresso perplessità e non senza aver fatto le proprie verifiche – avrebbe accettato.
Pochi progettisti sono riusciti a creare monoposto e vetture da corsa iconiche come Forghieri, che sapevano unire la bellezza, al fascino, al contenuto tecnico e al valore che trasmettevano, questo ancora tra i tratti distintivi della tradizione aziendale. Basta pensare alle monoposto di Niki Lauda, che dal 1975 al 1977 dominarono la scena, o alle prime vetture turbo che con Gilles Villeneuve hanno fatto sognare i tifosi e con i piloti francesi René Arnoux, Patrick Tambay e Didier Pironi hanno vinto i primi titoli iridati con questo tipo di motore.
Forghieri è stato protagonista della realizzazione di uno dei capitoli più intensi e importanti dell’automobilismo mondiale, dedicando alla Casa di Maranello il periodo più proficuo della sua vita, durante il quale ha contribuito con passione e dedizione a consolidare nel mondo l’immagine e la credibilità del marchio Ferrari alimentando il mito del Cavallino con alcune delle pagine più vincenti e storiche. Quando nel 1987 il suo tempo in Ferrari era concluso, Forghieri ricorda di aver annunciato così le proprie dimissioni: “Me ne vado”, disse a Ferrari, che gli rispose: “Ma sì, vai pure, che tanto fra poco me ne vado anche io”. Ora potrebbero riprendere quella conversazione.
Così lo ricordano Piero Ferrari, Mattia Binotto e Antonello Coletta.
Piero Ferrari, Vicepresidente: “Quando sono entrato in azienda, nel 1965, condividevo l’ufficio con il Cavalier Giberti, il primo dipendente della Ferrari, e Mauro Forghieri, che era stato assunto qualche anno prima, era nell’ufficio accanto. Ci separavano dieci anni di età e un vetro. Di fatto ci vedevamo tutto il giorno tutti i giorni. Forghieri metteva energia e passione in ogni sua attività. Aveva un carattere sanguigno e ricordo che in più di una di quelle interminabili riunioni di Gestione Sportiva, che iniziavano alla sera e finivano di notte, mi sono trovato a fare da mediatore tra lui e mio padre. Ma so anche che mio padre apprezzava in lui l’instancabile voglia di fare, sapeva che dietro un suo eventuale errore c’era sempre e solo il tentativo di fare di più e meglio, di guardare avanti. È un pezzo della nostra storia che se ne va, un uomo che ha dato molto alla Ferrari e al mondo delle corse in assoluto”.
Mattia Binotto, Team Principal & Managing Director Scuderia Ferrari: “Oggi è un giorno molto triste per tutti noi della Scuderia Ferrari. Piangiamo la scomparsa di Mauro Forghieri, una delle figure più straordinarie nella nostra storia. Nominato a capo del team a 27 anni, con le sue intuizioni geniali è stato uno degli ultimi ingegneri totali del mondo dell’automobilismo. Mi è capitato di incontrarlo in varie occasioni e ogni volta è stata un’emozione speciale: il suo carisma è rimasto intatto nel tempo. Le sue idee rivoluzionarie, insieme al carattere acceso e alla capacità di essere un grande motivatore, gli hanno permesso di scrivere alcune delle pagine più significative della storia della Ferrari e alimentare come pochi altri il mito del Cavallino Rampante. Mancherà a tutti noi”.
Antonello Coletta, Head of Ferrari Attività Sportive GT: “Mauro Forghieri ha ricoperto un ruolo chiave nell’alimentare la storia di Ferrari. Se Enzo Ferrari si definiva un agitatore di uomini, credo si possa dire che Forghieri fosse un agitatore di idee. Un innovatore geniale, capace di elaborare soluzioni tecniche precluse alla maggior parte dei tecnici della sua epoca. Un progettista che sapeva andare oltre il suo ruolo, diventando un punto di riferimento e una fonte di ispirazione per tutte le persone che collaboravano con lui. La sua ecletticità dal punto di vista progettuale, la grande curiosità e voglia di spingersi oltre, gli hanno consegnato un posto nella storia, non solo di Ferrari, ma anche dell’automobilismo sportivo”.