La crisi energetica degli ultimi mesi e la tempesta “perpetua” sul mondo dell’auto stanno mettendo in dubbio tempi e modalità della transizione ecologica al 2035 nel nostro Paese e a livello europeo. Gli effetti in Italia sono evidenti: il mercato delle immatricolazioni procede lentamente, soprattutto nel Sud Italia per il calo della capacità di spesa delle famiglie, e a fine anno si fermerà a quota 1 milione e 300mila veicoli. L’elettrico stenta. Sono stati questi alcuni tra i principali spunti al centro dell’evento #FORUMAutoMotive, il movimento di opinione sui temi legati alla mobilità a motore promosso dal giornalista Pierluigi Bonora, in programma ieri e oggi a Milano e in diretta streaming. Bonora ha introdotto i lavori evidenziando come “La transizione ha bisogno di tempo, si parla troppo spesso di cosa accadrà nel futuro, senza però guardare al mercato reale e alle urgenze immediate. Bisogna superare l’approccio ideologico e strumentale al tema. La svolta elettrica è stata decisa senza consultare il mercato e i consumatori e oggi da più parti sembrano emergere dei ripensamenti”.
Bonora ha poi introdotto Dario Duse, EMEA Co-Leader of Automotive & Industrial, Italy Country Leader e Managing Director di AlixPartners, che ha presentato l’ultimo aggiornamento del Global Automotive Outlook: “Nessuno si aspettava che un’industria rigida come l’automobile avrebbe superato l’emergenza COVID senza grossi problemi. Negli ultimi mesi la profittabilità dei costruttori di automobili, grazie a una scarsità di offerta, è stata superiore rispetto a quella dei fornitori, invertendo un trend ormai consolidato. La ripresa del mercato è oggi più debole del previsto, anche a causa della persistente crisi dei chip e, più in generale, delle componenti dei veicoli. Rispetto a giugno osserviamo a livello mondiale una possibile ripresa più lenta e meno significativa Quest’anno l’Italia faticherà a raggiungere 1 e mezzo di auto. Il focus oggi è tutto su costi, quelli delle vetture elettriche rispetto alle endotermiche e quelli dell’energia in primis”.
La tavola rotonda, moderata da Pierluigi Bonora e Dario Pennica, Direttore di Sicilia Motori, ha visto il primo intervento di Plinio Vanini, Presidente di Autotorino: “Viviamo un momento epocale di cambiamenti che tocca tutte le imprese del settore. Per fare i cambiamenti serve attendere i tempi necessari, grande capacità di cambiamento, ma anche un mercato del lavoro più flessibile. Abbiamo negli scorsi anni investito in diversi territori del Nord Italia e non ci dispiacerebbe anche un’esperienza su mercati esteri nei prossimi anni per confrontarci con altre culture”.
Sergio Tumino, Amministratore Unico di ST Sergio Tumino di Ragusa, si è poi focalizzato sul tema degli investimenti al Sud: “Il parco circolante siciliano, che vede ampie quote di veicoli ante Euro 4, rende più difficile investire in alcune aree del Paese. Basti pensare la nostra Regione, che ha un reddito medio pari alla metà di quello dei cittadini lombardi, è ben lontana dai target di elettrificazione, con pochissime colonnine di ricarica sul territorio e scarsi acquisti di vetture ibride plug-in ed elettriche. Sarebbe ora di pensare a misure specifiche di sostegno ad alcune aree geografiche del Paese più in difficoltà”.
In parziale accordo con Tumino, Francesco Maldarizzi , Presidente della Maldarizzi Automotive S.p.A,che ha sostenuto: “Più che di sostegni nel Sud Italia c’è bisogno di fare squadra. Il problema del Sud è il grande frazionamento, il tessuto costituito da piccole imprese con gestione spesso artigianale e non professionale. In Italia la parte di marginalità proveniente dal post vendita è bassa. Alle difficoltà del mercato si aggiunge l’aumento dei tassi di interesse che rende più oneroso l’acquisto dell’auto con finanziamenti che nei prossimi mesi potrebbe farsi sentire in modo significativo”.
Spostando il focus sul Nord del Paese è intervenuto Mario Verna, General Manager di Queen Car Torino: “L’area del Piemonte ha una situazione migliore rispetto al mezzogiorno, ma “l’abbandono” di Stellantis ha comunque rallentato le vendite per mancanza di interventi e produzione. Per la prima volta il settore dell’auto si sta confrontando con una tempesta perfetta con fattori di tipo esogeno ed endogeno che rendono più difficile fare pianificazione nel medio periodo. Per superare questa fase dovremo pensare a sistemi di business innovativi”.
Sul mercato europeo si è concentrato Piero Carlomagno, Presidente di ADEFCA Associazione Dealers Europei FCA: “In Europa le reti ex FCA stanno vivendo un fenomeno singolare. I rivenditori sono quasi tutti multimarchio e gli operatori dedicati sono stati decimati per la scarsa dimensione. Oggi esiste un deciso problema di trasporto di vetture tra i diversi Paesi. In Europa sui piazzali ci sono 400mila unità di vetture FCA, bisogna liberarli, altrimenti anche la produzione dovrà fermarsi. Il costruttore ha chiesto ai concessionari un aiuto a svuotarli, in quanto la velocità di produzione è superiore a quella dei trasporti”.
Andrea Arzà, Presidente Federchimica-Assogasliquidi, ha aperto il dibattito focalizzandosi sulla crisi del gas: “I troppi NO che negli anni il nostro Paese ha espresso verso la realizzazione di impianti hanno prodotto una situazione critica come quella attuale. Responsabilità che esistono anche a livello europeo. Affidarsi a oggi una sola tecnologia, quella elettrica, in futuro è una scelta ideologica e tutt’altro che a zero emissioni, stante l’attuale mix di produzione di energia nel nostro Paese”.
La parola è quindi andata ad Adolfo De Stefani Cosentino, Presidente di Federauto che ha evidenziato come “è tempo di guardare al medio periodo, sono molte le insidie sul mercato che lo porteranno nel 2022 a quota 1 milione e 300mila immatricolazioni, nonostante questo serve operare investimenti. È inutile promuovere incentivi di 6.000 euro per spingere all’acquisto di auto economicamente comunque irraggiungibili per le fasce di popolazione più deboli. Oggi noi concessionari dobbiamo vendere elettrico per evitare che le Case auto incorrano in sanzioni. Chiediamo al Governo che questa transizione venga fatta tenendo conto della realtà e dell’industria nazionale”.
Francesco Naso, Segretario Generale di Motus-E, ha risposto alle critiche nei confronti della svolta elettrica: “Vanno superati gli schieramenti. Il mandato dell’Europa al 2035 è tecnologicamente neutrale, a condizione che si producano zero emissioni. La corsa all’elettrico della produzione cinese risulta minacciosa perché stanno seguendo una politica di riduzione dei costi che dovrebbe portare a modelli con costi significativamente più bassi in 3-4 anni. Dobbiamo trasformare i problemi in opportunità. Un’opportunità può arrivare dall’usato messo sul mercato dalle flotte dopo 36 mesi, a costi decisamente più raggiungibili”.
“Le motorizzazioni endotermiche più recenti”, ha affermato, Claudio Spinaci, Presidente UNEM, “hanno raggiunto oggi gli obiettivi di riduzione dell’inquinamento. La crisi energetica prescinde dalla guerra in corso in Ucraina. Il gas manca a livello mondiale. L’Europa è andata in crisi perché è mancata una politica di sicurezza energetica che si affronta su dati di fatto e diversificando le forniture energetiche. La stessa dinamica la si sta seguendo anche sul mercato dell’auto, con la scelta di una sola tecnologia e penalizzando oltremodo le altre”.
Simonpaolo Buongiardino, Presidente di Federmotorizzazione: “L’Europa va a due velocità, quella del Nord che produce energia, ma meno forte nella produzione di auto, e una del Sud che viaggia all’inverso: produce auto, ma ha meno risorse energetiche. Il reddito medio dei Paesi del Sud Europa è decisamente più basso di quelli del Nord Europa. Vanno quindi individuate ricette diverse per Paesi diversi. Si possono ancora mettere in discussione i tempi della transizione”.
Sugli obiettivi dei prossimi anni si è espresso Michele Crisci, Presidente di Unrae: “L’auto elettrica non sarà l’unica scelta nel futuro, ma una delle scelte. Il 2035 è sufficientemente distante per poter raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni, senza escludere nessuno e procedendo a una riconversione industriale della componentistica che deve accelerare. Dal Governo mi aspetto una pianificazione rivolta al futuro per le fonti energetiche”.
Sul tema della componentistica si è soffermato Marco Stella, Vicepresidente di ANFIA: “La componentistica è un settore strategico per il Paese. Più che di tempesta perfetta, il settore dell’auto è da anni in tempesta permanente con ogni anno 2-3 shock da superare, anche se nessuno poteva immaginare gli eventi degli ultimi mesi. La presenza nel Governo di persone più vicine e coinvolte sui temi dell’impresa e del settore automotive creano premesse positive per proseguire un dialogo che consenta di gestire al meglio gli anni a venire”.
Roberto Scarabel, presidente di AsConAuto, ha poi osservato come “i tempi di consegna dei veicoli restano uno dei problemi centrali per i dealer e i consumatori, così come le valutazioni dell’usato. L’accelerazione verso l’elettrico richiede oggi più formazione per il personale. Oggi i clienti non hanno capacità di spesa necessaria per acquistare le vetture elettriche. Il tema centrale per il Governo sarà svecchiare il parco circolante, più inquinante, ma anche più pericoloso e meno sicuro”.
Il tema delle flotte aziendali è stato al centro delle dichiarazioni di Alberto Viano, Presidente di Aniasa: “Oggi il Governo deve avere un approccio positivo e di lungo periodo. Del precedente Governo abbiamo apprezzato la capacità di ascolto su alcuni temi. Quello che osserviamo è un rallentamento del ricambio del parco circolante. Oggi bisogna mantenere politiche costanti ed evitare politiche di annunci che frenano gli acquisti, come accaduto negli ultimi mesi per gli incentivi a privati e per quelli rivolti alle aziende. Cambiare in continuazione le regole del quadro di riferimento blocca gli investimenti”.