dopo il ritiro di Andrea Dovizioso dalla MotoGP, Brembo ha deciso di scrivergli una lettera, a cuore aperto, per rendere omaggio a una grande persona e a un grande pilota che ha contraddistinto la storia del Motomondiale. E in questa storia, i freni Brembo sono stati sempre accanto ad Andrea. La lettera originale è stata recapitata nei giorni scorsi a casa di Andrea Dovizioso e l’azienda di Stezzano vuole condividere con tutti noi questa iniziativa che ripercorre la gloriosa carriera di Andrea, contraddistinta da successi e da grandi rapporti umani.
Domenica 4 settembre, a Misano, Andrea Dovizioso ha salutato definitivamente la MotoGP. Nel suo caso è improprio scrivere che ha appesoil casco al chiodo perché il 36enne pilota forlivese continuerà ad andare in moto per divertimento e probabilmente gareggerà ancora, anche se nel Campionato Regionale Motocross. Possiamo invece affermare che non guidando più le MotoGP ha dato l’addio, salvo non accetti in futuro (mai dire mai) di fare da collaudatore per qualche Casa, ai dischi freni Brembo in carbonio, perché questi sono impiegati da regolamento esclusivamente sulle moto della classe regina.
In realtà il rapporto del Dovi con i freni Brembo è iniziato molto prima perché nel 2001 ha conquistato il Campionato Europeo della 125 l’Aprilia del team RCGM servendosi dell’impianto frenante Brembo. Con la stessa moto ha esordito quell’anno nel Mondiale al Mugello, ma senza tagliare il traguardo. Dal 2002 Dovizioso è diventato un membro permanente del Mondiale, tanto da disputare la bellezza di 326 GP consecutivi, dal GP Giappone 2002 al GP Portogallo 2020: un record probabilmente ineguagliabile e in quest’arco di tempo ha cambiato cilindrata, team, moto (Honda, Yamaha, Ducati, di nuovo Yamaha) e pneumatici. L’unico marchio che ha utilizzato sempre (tranne nel Mondiale 125 con Honda) è Brembo e anche per questa ragione la sua visita a Brembo Racing, dove vengono progettate, prodotte e testate le componenti frenanti utilizzate in MotoGP, Formula 1 e nelle altre competizioni motoristiche internazionali, avvenuta nel dicembre del 2018, scatenò grande entusiasmo tra i dipendenti. In quell’occasione gli avevamo chiesto di fare un confronto tra le diverse categorie: «In 125 e 250 i margini di personalizzazione dei freni sono molto limitati. Devi solo trovare il tuo set-up e il resto arriva di conseguenza. Invece in MotoGP è tutto molto estremo e nell’ultimo decennio i freni sono cambiati veramente tanto».
Come ogni pilota di talento, anche Dovizioso era solito presentare richieste specifiche ai tecnici che allestiscono la sua Ducati: «A me piace avere molta reattività e avere meno gioco possibile sulla leva, prima dell’attacco. C’è stato un grosso lavoro da parte di Brembo su quest’aspetto nel corso degli anni al fine di migliorarsi. Correre con una moto italiana e con i freni italiani fa ancora più piacere quando si ottengono i risultati».
Se la Ducati attuale è diventata la moto da battere (nei primi 13 GP stagionali del 2022 ha ottenuto 10 pole, 8 vittorie e 20 podi) il merito è anche di Dovizioso, che arrivato in Ducati dopo la deludente esperienza di Valentino Rossi è riuscito a risollevare la Casa di Borgo Panigale, conquistando 10 vittorie nel biennio 2017-2018. Non a caso tutti i tecnici che hanno lavorato con Dovizioso nel Mondiale l’hanno ribattezzato il pilota-ingegnere, per la sua capacità di analizzare il comportamento della moto in maniera scientifica e la bravura nello sviluppo della moto, come ha dimostrato con la Desmosedici. Dovizioso ha continuato a spiegarsi: «È aumentato sia il diametro dei dischi sia l’altezza della fascia frenante con diverse combinazioni disponibili. Anche le pinze freno hanno seguito un’evoluzione tecnologica notevole combinata ad un aumento delle opzioni di scelta a disposizione di ciascun pilota. Adesso stiamo andando in un contesto dove non ci sono più limiti».
Prima che Marc Marquez si facesse male all’omero e iniziasse un calvario di interventi chirurgici, l’unico ad impensierirlo in maniera continuativa è stato proprio Dovizioso, vicecampione del mondo MotoGP nel 2017, 2018 e 2019. In quel periodo non sono state poche le volte che ha battuto lo spagnolo all’ultimo giro. La specialità di Andrea era l’incrocio. Iniziò la serie al GP Austria 2017: Marquez attaccò all’ultima curva ma arrivando lungo in frenata. Dovizioso lo fece sfilare all’interno ma riuscì ad aprire prima il gas e così ripassò il rivale mentre questi era ancora impegnato a raddrizzare la moto dalla piega. Stesso copione due mesi dopo al GP Giappone, sul bagnato. Dovizioso passò a condurre all’ultimo giro alla curva 13 con una frenata chirurgica ma all’ultima curva Marquez tornò in testa. Fu però costretto ad allargare e il ducatista riuscì a riavvantaggiarsi grazie ad una traiettoria rettilinea che gli fruttò la vittoria per 249 millesimi.
Quel giorno, malgrado la pista inzuppata d’acqua dal semaforo fino al termine dei 24 giri, e una temperatura dell’aria che non superò mai i 14 gradi Centigradi, con l’asfalto a 15 gradi Centigradi, Dovizioso impiegò i dischi in carbonio. Una scelta che sarebbe apparsa una follia pochi mesi prima, quando tutti erano soliti optare per i dischi in acciaio. L’acciaio peggiora però il comportamento dinamico della moto essendo un materiale più pesante del carbonio che invece consente una migliore guidabilità, anche in accelerazione e nei cambi di direzione, e semplifica lo scarico a terra dei cavalli del motore. Nel corso degli ultimi anni, l’incremento di potenza delle moto, il perfezionamento dei pneumatici, l’utilizzo delle coperture dei dischi e l’evoluzione del carbonio hanno cambiato lo scenario: da un lato, incrementando lo sforzo richiesto ai freni delle MotoGP anche sul bagnato, dall’altro consentendo di raggiungere in maniera più rapida il range di temperatura necessario.
Dovizioso è parso fin da subito entusiasta dell’impiego del carbonio con l’acqua: «È una bella novità perché ci dà la possibilità di avere un freno più costante, come sull’asciutto, e per uno che stacca forte come me è fondamentale. Certo, è una situazione non facile da gestire e non è facile tenerli in temperatura quando fa veramente freddo, ma per me rappresenta un grandissimo passo in avanti». Sotto la pioggia, sempre con i dischi in carbonio, Dovizioso si è ripetuto al GP di Valencia 2018: «Abbiamo corso in situazioni molto al limite ma siamo riusciti a farli funzionare bene. Nell’intervallo tra le due gare (il GP fu interrotto e poi fatto ripartire; ndr) abbiamo fatto una modifica alla moto e ho potuto spingere un po’ di più in frenata».
Gli anni d’oro di Dovizioso in MotoGP sono inoltre coincisi con la diffusione dell’utilizzo della pompa pollice: questa soluzione venne ideata per aiutare Mick Doohan a tornare a guidare in 500 dopo l’incidente nelle prove del GP d’Olanda del 1992 in cui rischiò l’amputazione della gamba destra, rimasta schiacciata dalla moto. Per permettergli di utilizzare ancora il freno posteriore, vista l’impossibilità di avvalersi del piede destro, i tecnici Brembo progettarono la pompa pollice: anziché con il pedale di destra, il freno posteriore è azionato da un comando a mano posto sulla sinistra del manubrio. Questa ingegnosa soluzione ha aiutato l’australiano a vincere 5 Mondiali consecutivi della classe 500, dal 1994 al 1998. Dovizioso però non ha iniziato a usarla nel 2017: «Usavo la pompa pollice già in HRC, poi l’avevo accantonata. L’ho reinserita in Ducati e mi fa piacere vedere che tanti piloti l’hanno riscoperta. Io però la uso solo nelle curve a destra perché in quelle situazioni, a centro curva, non hai la possibilità di usare il freno posteriore con il piede. Per riuscirci, alcuni tengono il piede in avanti, altri lo spostano sulla punta della staffa».
Alcuni piloti si servono della pompa pollice per evitare il pattinamento in curva, ma Dovizioso esclude questo utilizzo: «La potenza che puoi esercitare con il dito sulla pompa pollice è comunque minore rispetto a quella che puoi esercitare con il piede. Ed è per questo motivo, infatti, che la uso solo quando la moto ha la massima angolazione di piega».
L’abilità di Dovizioso in frenata gli ha fruttato nel 2018 e nel 2019 il premio di miglior staccatore al Misano World Circuit Marco Simoncelli, attribuito dagli ingegneri Brembo, utilizzando i dati registrati durante il weekend di gara grazie alla telemetria di tutti i team. Una dote che ha perfezionato nel corso degli anni: «Sono molto esigente con i freni perché sono sempre stato uno dei maggiori staccatori e ho sempre avuto un feeling particolare con i freni. Per me è fondamentale averli reattivi e precisi. Io sono solito frenare usando le due dita sulla leva anteriore». Ciao Dovi, ci mancheranno le tue staccate.