Non servono parole, dice tutto l’amico Matt, allora editor in chief di F1 Racing e che ringrazio per aver ricordato nel suo tweet che Michele Alboreto era collaboratore dell’edizione italiana del mensile, di cui ero direttore responsabile. Michele c’è sempre stato, anche quando tutti hanno voltato le spalle, grandi nomi che non mi ritenevano all’altezza, ma che hanno cercato in ogni modo di tornare quando hanno visto che il giornale andava bene e c’era ciccia da portare a casa. Forse non ve l’ho mai detto ma avevo dovuto lottare perché lui all’inizio non avrebbe nemmeno voluto essere pagato per la collaborazione, poi ha accettato ma a fine anno devolveva tutto in beneficenza e mi faceva vedere la ricevuta. Mi ha dato la forza di spingere, di non mollare, anche di dire un educato “no” a chi avrebbe voluto rientrare. Per me questa giornata è come tutte le altre, ma con più rabbia dentro. Rabbia per le troppe cose non dette. Rabbia per il dover scrivere per forza. Michele a sto punto mi direbbe “Taglia corto, hai già scritto troppo“. E poi noi due abbiamo sempre odiato gli anniversari e le feste comandate. Michele non se ne è mai andato, è qui ogni giorno, in ogni successo e in ogni fatica. Quando qualcosa non va, quando arriva tra capo e collo l’ennesima rogna (di lavoro o vita), alzo gli occhi e vedo la sua foto e il suo casco qui sopra a destra e ricaccio indietro qualunque pensiero di resa. Hai creato un mostro, Mic. Chissà come ti divertiresti col sito, che casini mi combineresti e a quante querele saremmo… Intanto ricorda che io aspetto sempre la tua telefonata.
Barbara