Molto si è visto, detto e letto delle prove di F1 che si sono svolte in Bahrain la settimana scorsa. Tra i tanti dettagli tecnici che sono balzati agli occhi degli appassionati, c’è stata la notevole, per dimensioni e forma, presa d’aria dell’Alpine di Alonso e Ocon. Agli appassionati oldschool la cosa ha fatto ricordare gli enormi airscoop montanti sulle monoposto fino al GP di Long Beach 1976, che vennero poi regolamentati in dimensione e altezza dal GP successivo in Spagna di quella stagione.
In particolare, quello dell’Alpine, per attinenza nazionale, ha ricordato quello della Ligier JS5, detta puffo, proprio per l’immenso e spropositato air scoop che portava aria al motore Matra. Qualche meme, qualche battuta, nulla di che insomma. Leggere però che Marcin Budkowski abbia definito la cosa (su di una rivista d’oltremanica) body shaming nei confronti della monoposto francese lascia perplessi.
Il body shaming, pessimo e deplorevole mezzo per deridere l’aspetto fisico di una persona, lasciamolo fuori dalla F1. E’ una cosa seria. Che ha creato e crea grandissimi problemi sociali nella vita di tutti i giorni a tante persone. Perché una battuta su di un pezzo inanimato di carbonio lì inizia e lì finisce. Il body shaming è altro. Diamo un giusto peso alle parole, per favore. E nella oldschoolf1, gli airscoop giganti erano fighi. Se proprio vogliamo mettere le cose nero su bianco.
Riccardo Turcato