Come era quel detto? Bene o male, l’importante è che se ne parli? Ok. Può anche essere. Infatti ogni tanto in TV durante un GP la scritta Stelvio o Giulia ci viene mostrata. Ma nulla più. Se è questo il senso finale (e sappiamo esserlo), tanto vale per rovinare il glorioso nome e la storia del marchio Alfa Romeo in F1?
No perché, amici lettori, qui già di Alfa Romeo non c’era nulla dall’inizio. Zero. Monoposto Sauber e motore Ferrari. Se poi ci mettiamo anche le prestazioni indecorose viene veramente voglia di arrabbiarsi. Dici Alfa Romeo e pensi agli anni pionieristici delle gare, alle vittorie prima e dopo la guerra. A motori potenti. A piloti dai cognomi leggendari. A tecnici come Jano, Chiti, Ducarouge.
Ora? Cosa resterà dopo questa terza campagna di ritorno alle gare? I team radio senza speranza di Raikkonen? Un Giovinazzi che doveva essere la speranza di un nostro stabile futuro nel Circus iridato e invece rischia di essere ricordato come uno dei tanti? Forse solo Leclerc ci riporterà al ricordo di questa terza campagna, perché ha saputo sfruttare l’occasione di un primo anno che aveva un poco fatto sperare. Si vive di pubblicità. La F1 serve per vendere vetture. Ok, per carità. Ma allora fate di Alfa uno sponsor del team Sauber, come Aston Martin per Red Bull. La Alfa Romeo Racing è altra cosa, altra storia, e non merita di essere ricordata per quello che stiamo vedendo in pista. Non prendiamoci in giro.
Riccardo Turcato
Siamo davvero convinti che questa presenza in Formula 1 abbia una ricaduta sulle vendite? O che basti dare delle auto in uso ad addetti ai lavori con pubblicazione di post e storie sui social perché gli appassionati facciano a botte per entrare dai concessionari ad acquistare la macchina che ha lo stesso brand di quelle portate in pista da Giovinazzi e Raikkonen? L’unica cosa positiva in tutto questo sono i team radio di Iceman e le pubblicità che vediamo in TV con protagonista il finlandese e la moglie Minttu. Ma anche qui presto saranno solo ricordi, visto che è sempre più probabile che l’ultimo campione del mondo Ferrari (nel 2007, 13 anni fa!) molli tutto a fine stagione. Lui non è uno da “l’importante è esserci“, ha altri interessi, ma avrebbe meritato un’uscita migliore dal Circus, dopo quasi 20 anni di onorata carriera. E non di guidare una carriola da fondo griglia.
Almeno lui può vantare una carriera, un’opportunità che ad Antonio Giovinazzi non è stata data, unico italiano sulla griglia bruciato da un brand che un tempo portava alta l’immagine dell’Italia nel mondo. Unico italiano che dovrebbe essere sempre protagonista durante le dirette TV eppure nominato solo di rado durante le telecronache, proprio quando non se ne può fare a meno. Misteri del business della Formula 1… Per questo, dopo 6 gare disputate, Kimi (0 punti) e Antonio (2 punti) meritano una standing ovation, perché resistono e cacciano giù rospi grossi come elefanti, tacendo. Giovinazzi non si toglie nemmeno lo sfizio di un team radio graffiante ogni tanto. E se qualcuno dirà “Per forza, coi soldi che prendono!” è perché non li conosce…
Barbara Premoli