E sono 26. Un altro anno è passato, Ayrton. Molte cose sono successe nelle nostre vite dallo scorso 1° maggio, caro Ayrton. Troppe e sconvolgenti, negli ultimi mesi. Siamo qua, caro Ayrton, stretti come nella tua ultima Williams. Un avversario senza volto ha stravolto le nostre vite. Chi studia i dati, gli avvenimenti, dice che non possiamo uscire di casa o, se dobbiamo farlo, dobbiamo coprirci come fate voi piloti prima di scendere in pista. Spero che chi in questo momento, chi sta studiando ed analizzando questi dati di questo avversario invisibile faccia come te, con precisione e pignoleria, ore e ore su ogni dettaglio.
Non possiamo venirti a trovare quest’anno, Ayrton. E’ un dispiacere enorme. Venire a trovarti, in quell’angolo di parco dell’Autodromo di Imola, nonostante il dolore che si prova ogni volta, mette sempre una pace interiore che nessuna parola può descrivere. Ne avremmo tanto bisogno di venirti a trovare, ma siamo qui, stretti come nell’abitacolo della tua Williams.
Per muoverci dobbiamo giustificarci scrivendo su un pezzo di carta chi andiamo a trovare. Non possiamo decidere noi. Sono coloro che stanno analizzando i dati che decidono se la persona che vogliamo vedere valga l’uscita di casa. Ma che ne sanno loro, caro Ayrton, per chi vale la pena uscire di casa. Un papà, una mamma, un amico… Serve una giustificazione ci dicono. Se abitassi vicino a Imola non avrei dubbi. Firmerei quel pezzo di carta e uscire per venire a trovarti.
Questa mattina correvo solo, attorno casa, come in un circuito. Il tempo, di mattina presto, in questo periodo sembra sospeso. Tutte le case sono chiuse, nessuno esce. Mentre correvo mi è tornata in mente un’intervista del tuo amico e preparatore Nuno Cobra. Cobra diceva che ti allenava mentalmente a raggiungere la bandiera a scacchi. Quella bandiera lontana che si doveva raggiungere a ogni costo, con forza e determinazione. Con fatica e lotta.
Caro Ayrton, questa bandiera a scacchi anche noi la stiamo inseguendo ora. La vediamo la distante, ma non perdiamo, non dobbiamo perderlo, il nostro obiettivo. Raggiungerla e vincere questa sfida che ci si è palesata. Siamo qua stretti come nella tua Williams. Ma sono sicuro che riusciremo a uscire da questo stretto abitacolo che sono diventate le nostre case, per esultare quando avremo vinto questa battaglia. Usciremo festosi come facesti tu, quel pomeriggio di Suzuka 88, al primo Mondiale.
Suzuka 88. Mi sembra sia una metafora adatta al momento. Correvamo sfrenati verso nuovi obiettivi. Poi lo stallo. Fermi. La paura di non ripartire e perdere il nostro obiettivo finale. Gli avversari che ci sfilano da tutte le parti. La ripartenza. La risalita, difficile, ma non impossibile. Non possiamo ancora esultare fuori dall’abitacolo. Abbiamo ancora tanta strada davanti a noi, Ayrton, ma la bandiera a scacchi è là infondo, che ci aspetta. Perché qui non molla nessuno. Anche chi momentaneamente si sente perso, spaesato, sopraffatto dagli avversari. Testa bassa, buttiamo giù marcia dopo marcia.
Caro Ayrton, siamo qui stretti come nella tua Williams, ma arriverà il momento che verremo a trovarti senza dovere giustificare a nessuno perché lo stiamo facendo. Un amico, un parente, un cugino, un ricordo passato, una speranza futura. Caro Ayrton, usciremo da questo stretto abitacolo vincenti, ne sono sicuro. Perché è vero, come dicevi tu, che non esiste curva dove non si può sorpassare…
Riccardo Turcato