(Ri)conosciamoli dai caschi. Facile a dirsi. Difficile a farsi? Tra Halo e protezioni laterali ormai a un pilota di F1 converrebbe verniciare la telecamera più che il casco. Visibili o meno, gli elmi restano comunque l’anima del pilota. Di Ricciardo scopriremo quello definitivo solo a Melbourne, per i test di Barcellona infatti ha usato una calotta verniciata di viola in onore di Kobe Bryant. Viola è il colore scelto anche da Lewis Hamilton nella stagione di rincorsa al trono di Michael Schumacher. A gusto personale di chi scrive, ovviamente ognuno è poi libero di lasciare un proprio commento al riguardo, ci sono alcuni caschi che graficamente funzionano bene e sono riconoscibili. Probabilmente sarebbero stati belli anche nell’epoca old school, quella fatta di nastri e verniciature casalinghe. Altri invece non trasmettono nulla in chi guarda.
Quello di Vettel resta il più pulito e riconducibile al pilota. A personale avviso, anche il più bello della griglia. Come succedeva negli anni 70, quando nei campionati mondiali kart il pilota doveva indossare i colori della propria nazione, da quando ha lasciato la Red Bull Vettel ha optato per una nitida calotta bianca solcata dal tricolore tedesco.
Stessa cosa potremmo dire per Giovinazzi, Sainz, Norris (geniale il 4 che è il suo numero incorniciato dalle lettere L e N), Stroll e Russel (anche lui geniale nel gioco tra il suo numero 63 e le iniziali del nome G e R), che hanno grafiche elaborate ma precise e riconoscibili. Se dovessero chiedervi di disegnarle, non sarebbe affatto difficile. Anche il nuovo entrato Latifi si fa riconoscere abbastanza bene (ricorda un poco quello che fu di Marc Genè) e stessa cosa possiamo dire di Ocon.
Al solito, per i piloti Red Bull l’intromissione del marchio è quasi stucchevole. Il duo Alpha Tauri si riconosce a fatica. Peccato perché sia Kvyat sia Gasly avrebbero enormi potenzialità di grafica, specie il russo. Verstappen avrebbe un’ottima base di partenza dal padre, ma non viene sfruttata a dovere. Albon non si sa cosa voglia rappresentare, sinceramente: a parte il profilo della bandiera thailandese, non è che sia un casco che si lascia molto ricordare. Stessa cosa per Raikkonen, Perez, Magnusses e Grosjean, troppo complicati in una accozzaglia di linee e colori che dimostra solo la bravura e l’arte di chi vernicia.
Chi invece potrebbe semplificare il tutto avendo una buona base come idea sono Bottas e Leclerc: troppa confusione ma, ripulendo un poco le linee, ci sarebbe sotto sotto una grafica veramente bella. E voi amici lettori che cosa ne pensate? Quale casco vi piace di più? Diteci la vostra.
Riccardo Turcato