“Scheckter, Silverstone 1973, la McLaren M23 e il Concorde“: già dal titolo si intuisce che ci sono in ballo quattro argomenti di rilievo. Proviamo ad andare con ordine e ricollegare tutti gli elementi. Silverstone 14 luglio 1973. Una data e un gran premio che gli appassionati di F1 difficilmente possono dimenticare.
Quel giorno la McLaren di Teddy Mayer schierava tre monoposto. Una per Hulme e una per Revson, partiti entrambi in prima fila vicini al poleman di giornata Peterson su Lotus. La terza McLaren, in P6, era per il giovane e talentuoso Jody Scheckter che (a giusta ragione, col senno di poi) era visto come futuro astro nascente della F1. Il gran premio parte e alla fine del primo giro, nella foga del recupero, Jody alla curva Woodcote che immette sul traguardo, allarga troppo la traiettoria, perde la vettura, mette una ruota sull’erba e da lì si scatena il finimondo.
Si gira, va a sbattere nella parte opposta contro il muretto e ritorna a centro pista con tutto il gruppone alle spalle. E’ il caos completo. Jody viene colpito dalle vetture che sopraggiungono. Si crea uno degli incidenti più spettacolari che la storia della F1 ricordi. Forse solo la partenza di Spa 1998 la eguaglia in termini di auto distrutte. Dalle macerie incredibilmente escono tutti vivi. E per l’epoca è un vero miracolo. L’unico a riportare gravi danni è purtroppo il nostro Andrea de Adamich che subirà la frattura delle gambe che gli impedirà poi di continuare a gareggiare in F1.
La reazione degli altri piloti contro Jody fu veemente. Per calmare le acque Teddy Mayer decise di non fare correre al sudafricano i successivi quattro gran premi. Una cosa del genere la rivivremo purtroppo poi sulla pelle di Patrese a Monza 78.
Ora che abbiamo parlato di Scheckter e Silverstone, passiamo alla McLaren M23. La sigla di questa vettura è pura poesia ermetica per gli appassionati di F1. E’ stata la monoposto tra le più longeve e vittoriose della F1. Il papà che ha dato i natali a questa vettura è stato Gordon Coppuck. Ma a rileggere la storia e i protagonisti si può scoprire ben altro. Gordon Coppuck ha delineato le forme della vettura e ha lavorato sui cinematismi delle sospensioni. Chi ha portato avanti però lo sviluppo della vettura è stato, allora, un giovanissimo John Barnard, che di quella vettura ingegnerizzò e realizzò i disegni per la vasca telaio, l’airscoop, le fiancate e il supporto+ala dell’alettone posteriore.
Ecco, con l’alettone posteriore colleghiamo anche la storia all’aereo supersonico Concorde e ritorniamo da dove siamo partiti. Al gran premio di Silverstone. Barnard durante il 1973 ebbe modo di sperimentare per la prima volta le forme della monoposto in una galleria del vento. E’ stato tra i pionieri di questa tecnica nel motorsport. John e la McLaren fecero i primi esperimenti di aerodinamica nella galleria del vento della British Hovercraft Corporation. In parole povere, era la galleria del vento dove fu sviluppato tutto il progetto del Concorde, uno degli aerei più simbolici della storia dall’aviazione. Durante i test John si rese conto che il pilone di sostegno dell’alettone posteriore con l’aumentare della velocità faceva perdere carico all’ala. Carico che inspiegabilmente di colpo ritornava.
La cosa che lo sconvolgeva era che i piloti non avessero mai riferito di questa cosa. A Barnard non ci volle molto a intuire che quel giorno a Silverstone Jody forse andò largo non per colpa sua, ma proprio per un problema aerodinamico. Era lì, l’aveva visto con i suoi occhi. Grazie ai primi sperimentali usi della galleria del vento, capì che il suo progetto dell’ala posteriore era sbagliato. Che ne doveva rivedere completamente forma e posizionamento. Questa intuizione sbloccò le potenzialità della M23 che, nel 1974, con Fittipaldi alla guida, vinse il Mondiale di F1. Quindi, nella storia di questa monoposto, l’apporto di Barnard al progetto fu essenziale.
Gordon era giusto venisse indicato come papà della vettura, perché in caso di fallimento si sarebbe preso tutte le responsabilità, ma il duro lavoro fatto da Barnard non fu mai molto riconosciuto all’interno del team McLaren. Le strade del binomio si separarono infatti per questo motivo dal 1975, per rincontrarsi poi qualche anno dopo. Per rivoluzionare ancora una volta la F1 con il telaio in carbonio e la McLaren, allora con a capo Ron Dennis.
Riccardo Turcato