Lunedì mattina un charter ha portato la squadra corse della Scuderia Ferrari da Austin a Città del Messico. Poco più di due ore di volo per cambiare completamente orizzonte: dalle pianure del Texas a una megalopoli che, vista dall’aereo, sembra infinita, con un traffico pazzesco e la polizia a ogni angolo di strada. Tutt’intorno ci sono montagne, ma si fa fatica a rendersi conto, specie quando il sole scalda, di essere a oltre 2.200 metri di altitudine. Due chilometri abbondanti in più di Austin.
Quello dell’elevazione è un tema classico del GP Messico: da sempre la gara più alta del mondo (la più bassa naturalmente è Baku, che si trova a 28 metri sotto il livello del mare). La rarefazione dell’aria, circa il 25% in meno, ha un effetto importante sull’aerodinamica. Normalmente su questa pista si usa un livello massimo di deportanza: ma anche così, il carico complessivo è inferiore a quello di Monza. Per i motori il discorso è un po’ diverso, visto che il turbo compensa la minore densità dell’aria e quindi la relativa perdita di potenza. Come una settimana fa, anche qui il meteo presenta qualche incognita. Nel corso del fine settimana si prevedono temporali quasi ogni giorno. Ma è difficile che questo scoraggi il pubblico che, da quando l’Autodromo Hermanos Rodriguez è tornato in calendario, non ha mai mancato di fare il pieno sulle tribune il giorno della gara.
Redazione MotoriNoLimits