Questo fine settimana il Circus della Formula 1 ritorna al Paul Ricard e quando parliamo di questo tracciato ci vengono in mente subito due nomi: Mistral e Signes. I piloti si buttavano a tutta velocità nel lungo e infinito rettifilo del Mistral facendo soffiare gli scarichi proprio come il vento verso la curva di Signes. Signes che era il punto in cui, come diceva Enzo Coloni, potevi vedere chi aveva cuore e nervi saldi. Infatti da tradizione, giornalisti e addetti ai lavori andavano a posizionarsi all’interno della curva per vedere quale pilota, arrivando dal Mistral, staccava per ultimo il piede dall’acceleratore per impostare la curva e l’ultima parte tortuosa del percorso. Le velocità erano veramente alte.
Racconta Clay Regazzoni in un articolo che Nelson Piquet arrivava con la sua Brabham a 343 km/h, scalava da sesta a quinta, entrava in curva a 310 km/h per uscirne in percorrenza a 300! Era un punto in cui la differenza tra i piloti si notava e il limite tra scaricare le colpe sulla vettura non assettata al meglio e la soggezione da parte del pilota era molto sottile. Signes – ma possiamo dire Eau Rouge, Lesmo,130R e vecchie compagne – erano tutte curve del coraggio. Tratti di pista che potevano fare la differenza tra un pilota e l’altro, magari anche inconsciamente in una sfida personale verso la velocità.
Oggi non siamo più abituati a tutto questo. Giri e giri al simulatore fanno sì che gli assetti siano già pre-impostati e ottimali dal primo giro di ruote in pista. Oggi abbiamo chicane che interrompono il ritmo. Abbiamo piloti sprofondati in abitacoli protetti da un girello per bambini. Abbiamo gomme da non usurare e motori da preservare. Abbiamo la sensazione, a volte, che stiamo perdendo il coraggio che fu.
Riccardo Turcato