A volte anche Facebook ha dei meriti, tipo aiutarci a ricordare fatti e ricorrenze. Era esattamente il 21 aprile 2017 quando durante la seconda giornata della Targa Florio, terza prova del CIR, in un incidente perdevano la vita il pilota Mauro Amendolia e il commissario di percorso Giuseppe Laganà. Forse a causa dell’asfalto reso scivoloso per via del nevischio caduto in mattinata, la MINI Cooper #29 di Mauro e della figlia Gemma Amendolia sbandò e travolse il commissario a bordo strada. La prova e la gara furono sospese – non l’evento di contorno. Nella tragedia, unica cosa positiva il fatto che Gemma, allora 27enne, sia riuscita a salvarsi e a riprendersi, dopo un lungo ricovero in ospedale. Anche se temiamo che riprendersi, dopo un tale incidente e la morte del padre. sia il termine sbagliato.
E’ passato un anno da quel maledetto giorno, è stata ovviamente aperta subito un’inchiesta ma a tutt’oggi – a quanto ci risulta – non sono state rese note le conclusioni e le dinamiche dell’incidente. Sembrava non dovesse essere una cosa complessa: dovevano esserci riprese dalla camera car, sul posto sicuramente qualcuno c’era e ha visto, Gemma a quanto era stato detto e scritto dai responsabili della gara non aveva mai perso conoscenza, l’inchiesta è in mano a persone esperte, serie e capaci, eppure un documento che metta la parola fine un anno dopo ancora non c’è. Ovvio, la chiusura dell’inchiesta non ci restituirebbe le vittime, ma potrebbe dire se ci sono state delle responsabilità e magari evitare che tragedie del genere possano ripetersi, per quanto l’imprevedibilità e la pericolosità delle corse siano note.
Il 21 maggio 2017, un mese dopo la tragedia, scrivevamo di un silenzio assordante, che un anno dopo lo è ancora di più, specie alla vigilia dell’edizione 2018 del Rally Targa Florio. Un anno dopo restano una tragedia e due vittime, il commissario e il pilota. A loro oggi, a Giuseppe e a Mauro e alle loro famiglie, va il nostro pensiero e, per quanto possa contare, il nostro ricordo e il fatto che noi non dimentichiamo.
Barbara Premoli