Quella che si disputa nel weekend è la 19° e ultima edizione del GP della #Malesia. Quando fu inaugurato, nel 1999, il circuito di #Sepang era il precursoredi una nuova generazione di impianti, tutti firmati dall’architetto Hermann Tilke. Alla combinazione di curve veloci, rettilinei e tornanti, si univa l’eleganza della struttura, che ha forse la sua massima espressione nel design delle tribune e nell’illuminazione del paddock. La “vetrina” di un Paese in deciso sviluppo socio-economico, caratterizzato dalle tre etnie (malese, cinese, indiana) che convivono in armonia.
La prima edizione segnò il ritorno alle gare di Michael Schumacher, dopo la pausa forzata per l’incidente di Silverstone. Per la Scuderia fu un weekend memorabile, con il tedesco che partì dalla pole e aiutò Eddie Irvine nella rincorsa al Titolo. Un anno dopo la Scuderia, con il titolo Piloti già in cassaforte, si assicurò matematicamente anche il Costruttori proprio a Sepang. E la Malesia è anche il teatro della prima vittoria in rosso di Sebastian Vettel, nel 2015.
Il tracciato è molto tecnico, con curve che mettono a dura prova le gomme per via delle accelerazioni laterali, del tipo di asfalto e del calore intenso. Quest’anno, vista la tenuta dei pneumatici Pirelli, si rinuncia alle Hard a favore di Medium, Soft e Supersoft. A meno che non entrino in azione quelle da bagnato, visto che per il fine settimana non si escludono temporali, che qui di solito sono bufere. Il clima è un’altra sfida: il caldo e l’umidità sono opprimenti, per tutto il weekend i piloti curano l’idratazione in modo particolare, per non soffrire troppo in gara, cercando magari di tirare un po’ il fiato sui due rettilinei (il più lungo misura 900 metri) prima e dopo la curva 15. Un GP difficile per uomini e macchine che, nonostante questo, o forse proprio per questo, ha sempre avuto un suo fascino particolare. Godiamocelo, perché poi non lo vedremo più. Peccato.
Redazione MotoriNoLimits