669.795 unità: a tanto ammonta il parco #auto rubate negli ultimi 10 anni (2007-2016) di cui si sono perse le tracce. Il graduale calo del numero di #furti degli ultimi anni (dai 166.215 del 2007 ai 108.090 dello scorso anno) si è accompagnato a una più sostanziosa diminuzione dei recuperi. Oggi meno della metà dei veicoli rubati fa ritorno “a casa”.
Il business dei furti è sempre più organizzato e al passo con i tempi e, grazie al supporto delle nuove tecnologie, riesce a colpire in maniera mirata ed efficace: se il recupero non avviene entro le prime 36 ore dal furto, le possibilità di rinvenire la vettura si riducono drasticamente. Boom dei cosiddetti furti parziali di preziose componenti interne all’abitacolo: su tutti, navigatori satellitari, pneumatici, attuatori della frizione (smart), volanti multifunzione, fari a led e batterie di vetture ibride. Sono questi i principali indicatori che emergono dall’analisi “L’evoluzione dei furti d’auto”, elaborata da LoJack, la società americana inglobata nel colosso della telematica CalAmp e leader anche nel rilevamento e recupero di beni rubati.
I dati degli ultimi anni evidenziano in modo inequivocabile la graduale lenta riduzione delle sottrazioni criminali di auto, cui però fa da contraltare il costante e più significativo calo dei tassi di recupero dei veicoli rubati, passati dal 53% del 2007 al 44% dello scorso anno. In 10 anni è sparito nel nulla un parco auto di 670mila unità, mentre 589.206 sono state restituite ai legittimi proprietari, a fronte di un complessivo numero di furti pari a 1.259.000 unità.
La spiegazione di questo trend va individuata nelle difficoltà incontrate dalle Forze dell’Ordine (da anni alle prese con continui tagli dei fondi a disposizione) nelle attività di contrasto del business internazionale dei furti e nel crescente interesse delle associazioni a delinquere ramificate in tutto il Continente per questa redditizia attività per cui l’Italia costituisce a livello europeo una delle maggiori fonti di approvvigionamento di vetture e pezzi di ricambio per il mercato nazionale o da trasportare all’estero.
Negli ultimi 10 anni i ladri hanno affinato le tecniche di furto, seguendo e spesso superando le evoluzioni tecnologiche delle Case automobilistiche sul fronte della sicurezza. Il “topo d’auto” occasionale ha definitivamente lasciato il campo a un business più organizzato e professionale, promosso da bande criminali più o meno strutturate, spesso con ramificazioni anche all’estero.
Alle tradizionali e rudimentali tecniche “hardware based” utilizzate in passato per rubare veicoli (rottura del finestrino, forzatura della serratura di una delle portiere o del bagagliaio, furto delle chiavi in ristoranti e appartamenti), si sono già da qualche anno affiancate tecniche e modalità criminali che utilizzano tecnologie innovative e meno rischiose. Si tratta di un trend più evidente in mercati automotive maturi, ma in forte diffusione anche nel nostro Paese, dove in alcune aree arriva a incidere sul 20% dei furti d’auto.
EVOLUZIONE DEI METODI DI EFFRAZIONE IN 10 ANNI
I dispositivi oggi più utilizzati per mettere a segno i “furti d’auto hi-tech” restano i cosiddetti “sistemi di ri-programmazione della chiave” (fig.1) che, attraverso la connessione alle porte OBD (diagnostica a bordo) del veicolo, consentono al ladro di ottenere una nuova chiave in meno di un minuto e in alcuni casi anche in meno di 15 secondi. Senza contare i device, su tutti jammer sempre più potenti, utilizzati per mettere fuori uso gli antifurto satellitari.
L’organizzazione, in alcuni casi quasi militare, di queste bande criminali finisce per coinvolgere diverse figure operative sul campo: il ladro che commette il furto, il proprietario del “rifugio” in cui l’auto spesso viene poi lasciata a “decantare” per 24-36 ore, il driver che in alcuni casi trasporta la vettura oltre confine, le centrali di smontaggio in cui il veicolo viene rapidamente cannibalizzato, il broker che raccoglie specifiche richieste e che “piazza sul mercato” i pezzi rubati.
Questa strutturazione dell’attività criminale ha reso ancora più rapida ed efficace la gestione delle fasi post furto, quando inizia una vera e propria lotta contro il tempo tra “guardie e ladri”.
“In Italia stiamo assistendo a una continua evoluzione del fenomeno furti”, dice Maurizio Iperti, AD di LoJack Italia, “con una decisa accelerazione delle attività che seguono l’atto criminale. In alcuni casi, soprattutto in Regioni come Puglia e Campania, dalla sottrazione del veicolo al suo totale smembramento trascorrono pochissime ore, grazie a centrali di smontaggio in cui operano mani esperte. Secondo nostre elaborazioni, in alcune zone del nostro Paese trascorse 36 ore dal furto le possibilità di rinvenire la vettura rubata si riducono drasticamente. E’ quindi oggi ancor più strategico dotarsi di strumenti di supporto efficaci, in grado di contrastare con tempestività queste attività criminali”.
Per avere un’idea complessiva del business dei furti, ai tradizionali dati sui furti dei veicoli vanno oggi aggiunti quelli relativi a un’altra redditizia attività che negli ultimi 2-3 anni ha registrato una crescita considerevole: i cosiddetti furti parziali, ovvero le sottrazioni di componenti di valore all’interno dell’abitacolo del veicolo; un’attività criminale che negli anni ’80 e ’90 prendeva di mira principalmente l’autoradio e che oggi provoca danni che raggiungono diverse migliaia di euro. I componenti più ambiti dai ladri si confermano i navigatori satellitari, ovvero i dispositivi multifunzione integrati con display touch screen che forniscono informazioni essenziali per la guida dell’auto e dialogano con la centralina del veicolo.
Queste sottrazioni, da una parte, alimentano il mercato nero dei pezzi di ricambio e, dall’altra, consentono ai ladri di entrare in possesso di sofisticati microprocessori, molto potenti e veloci. Ingenti sono i danni prodotti dalla singola sottrazione del dispositivo che, a seconda del veicolo, ha un costo che si aggira sui 7-8.000 euro. Senza contare la spesa per il ripristino dell’auto: i criminali per rubare il navigatore nel più breve tempo possibile finiscono per danneggiare sensibilmente la parte centrale del cruscotto, compromettendo il cablaggio dei fili. Il fenomeno coinvolge molto spesso le vetture a noleggio e vede nei modelli BMW e Volkswagen i veicoli più colpiti.
Ma i furti di componenti non si fermano qui. Un trend più radicato nel tempo riguarda le sottrazioni di pneumatici nuovi, uno più recente sta colpendo particolarmente le vetture in car sharing e riguarda gli attuatori della frizione delle smart, un componente molto ricercato e che spesso è oggetto di sostituzione per guasto che si trova nel motore e che pertanto può essere sottratto con estrema facilità, svitando pochi bulloni e senza dover entrare nell’abitacolo della vettura. Al passo con la graduale diffusione delle vetture a basse emissioni, si segnalano anche i primi casi di vetture ibride rubate e poi ritrovate senza le preziose e costose batterie di ricarica. Infine, ad attrarre le attenzioni del business dei pezzi di ricambio ci sono i fari con luci a led (alle mani “esperte” occorrono solo 30 secondi per estrarli) e i volanti multifunzione (valore di circa 2.000 euro).
Come da tradizione, l’Italia dei furti d’auto presenta tassi di rinvenimento a macchia di leopardo. Tra le regioni colpite in modo significativo (con più di 1.000 episodi) dalla piaga dei furti, in Emilia Romagna (recuperato l’84% dei veicoli rubati), in Toscana (74%), Piemonte (54%) e Sardegna (54%) gli automobilisti hanno maggiori possibilità di riabbracciare il proprio veicolo.
Lazio e Campania, con tassi di recupero rispettivamente al 32% e 33%, si confermano le aree più a rischio furto (23.000 e 17.630 episodi registrati) e, al contempo, in cui è più difficile rinvenire le auto sottratte. Proprio la Campania lo scorso anno ha registrato un consistente, ulteriore calo dei recuperi di veicoli rubati (-10%, da 8.468 a 7.602 veicoli), a testimonianza di un business sempre più strutturato e in grado di sfuggire ai controlli. Infine, non si discostano in modo significativo dalla media nazionale dei recuperi (44%), i tassi registrati in Sicilia (42%), Lombardia (46%) e Puglia (46%).
La recente evoluzione del fenomeno furti d’auto verso un sempre maggiore impiego della tecnologia nelle attività criminali e verso un’accelerazione delle fasi successive alla sottrazione, rendono sempre più strategico dotarsi di strumenti tecnologici tempestivi ed efficaci nella protezione del bene auto. Attraverso la tecnologia in radiofrequenza (non schermabile e in grado di trasmettere anche all’interno di container o nei garage sotterranei) e il supporto sul campo del team Law Enforcement, LoJack è al fianco delle Forze dell’Ordine nel contrasto sociale della criminalità, e dei furti d’auto in particolare. Attraverso questa partnership l’intervento di recupero del bene rubato è oggi diventato efficace, rapido e sicuro.
Dal 2006, anno in cui è approdata in Italia, LoJack ha riconsegnato ai legittimi proprietari, grazie all’intervento delle Forze dell’Ordine coadiuvate dal team della Sicurezza, 4.800 veicoli (di cui oltre 2.000 dall’inizio dello scorso anno), per un valore complessivo di oltre 109 mln di euro, contribuendo all’arresto di 215 criminali e portando al rinvenimento di altre 315 vetture prive del dispositivo. In Italia LoJack conta 160.000 clienti e 240.000 dispositivi attivi in circolazione.
Oggi, grazie alla recente acquisizione del Gruppo CalAmp, colosso americano della telematica, LoJack è in grado di abbinare la tecnologia in radiofrequenza con i dispositivi telematici, che permettono di ricevere alert in situazioni di potenziale pericolo (ad esempio in caso di improvviso calo della batteria, di distacco del dispositivo, oppure quando la vettura viene sollevata a motore spento), come quando il sistema evidenzia che la vettura è uscita da un’area percepita come zona di comfort. L’offerta combinata delle due tecnologie rafforza ulteriormente la protezione del bene auto.
Redazione MotoriNoLimits