Ford ha dato il via alla sperimentazione della guida autonoma con una nuova generazione di prototipi basati sulla Fusion, versione americana della Mondeo. L’Ovale Blu, nel corso del 2017, estenderà la propria flotta di veicoli sperimentali, già utilizzata per test su strade pubbliche, portandola a circa 90 unità.
La nuova flotta di prototipi rappresenta un ulteriore passo in avanti verso la realizzazione di un modello di produzione a guida autonoma, il cui lancio è confermato per il 2021. Anche se tali prototipi dispongono di volante e pedali, il primo veicolo Ford a guida autonoma, destinato a operatori di ride-sharing e fornitori di servizi navetta on-demand, sarà completamente automatizzato e rispetterà lo standard SAE-4, che non prevede la presenza fisica di un pilota. Il software di gestione del servizio sarà sviluppato per prevedere ogni possibile evenienza, come per esempio l’ipotesi che il passeggero possa dimenticare oggetti a bordo o che si dimentichi di chiudere le porte.
I prototipi di nuova generazione avvicinano sia nel design che nella tecnologia le soluzioni che sarà possibile trovare a bordo del futuro modello a guida autonoma di produzione, come un design più appropriato all’applicazione su un modello di produzione e funzionale per il posizionamento dei sensori che analizzano l’ambiente circostante e un’infrastruttura elettronica già prossima a quella definitiva.
I nuovi prototipi sono costruiti sulla base della piattaforma Ford per la guida autonoma, alla quale apportano miglioramenti in ogni area, a partire dai sensori che scansionano l’ambiente circostante per ricostruirne in tempo reale una mappa tridimensionale utilizzata dagli algoritmi di guida. Il posizionamento e la riprogettazione del “campo visivo” hanno permesso di ridurre il numero di unità mantenendo inalterata la quantità di dati raccolti. Infatti, a differenza della precedente generazione, i nuovi veicoli sperimentali adottano 2 sensori LiDAR anziché 4. I sensori LiDAR effettuano una scansione laser dell’ambiente circostante e lo ricostruiscono in 3d all’interno del sistema per sviluppare la percezione ‘mediata’ e quella ‘diretta’.
La percezione ‘mediata’ consente al sistema per conoscere esattamente la posizione in cui si trova l’auto rispetto agli elementi che la circondano: gli algoritmi si avvalgono di una mappa già memorizzata e provvedono, in tempo reale, a ‘riconoscere’ e far combaciare gli elementi statici riconosciuti dai sensori, come palazzi, segnaletica verticale e orizzontale ed elementi di arredo urbano. Il posizionamento permette al sistema anche di conoscere con precisione le caratteristiche della strada, come per esempio il senso di marcia,
il numero delle corsie, la presenza di semafori, stop e strisce pedonali.
La percezione ‘diretta’ permette al sistema di riconoscere gli elementi dinamici presenti nell’ambiente circostante: altri veicoli, ciclisti, pedoni, animali ed eventuali ostacoli, come per esempio i lavori in corso. I sofisticati algoritmi sono perfino in grado di riconoscere e intrepretare i movimenti delle mani degli operatori addetti alla gestione del traffico. Ogni entità dinamica viene presa in considerazione e analizzata tenendo presente qualsiasi possibile comportamento, come per esempio nel caso un pedone attraversi improvvisamente la strada o un’altra auto cambi direzione repentinamente, e reagendo nella maniera più appropriata. Questo approccio percettivo ‘ibrido’ necessità di grande capacità computazionale. I nuovi prototipi sono pertanto dotati di una potenza di calcolo ancora più elevata per analizzare in tempo reale i dati raccolti dai sensori e reagire istantaneamente alle condizioni di guida.
Alla base del comportamento dell’auto a guida autonoma c’è un sofisticato software, il cui compito è quello di prendere decisioni. Il ‘guidatore virtuale’ è un’entità che deve replicare le scelte di un guidatore reale in determinate condizioni, e in molti casi essere perfino più efficiente grazie alla capacità di rispondere alle eventualità con maggiore rapidità rispetto ai tempi di reazione umani. Il ‘guidatore virtuale’ ha 3 compiti principali
- Identificarsi all’interno dell’ambiente circostante. Oltre ai sensori LiDAR a 360°, in grado di ricostruire un’area grande quanto 2 campi da calcio, i prototipi si avvalgono di 3 telecamere, utilizzate per esempio per identificare oggetti e riconoscere la luce dei semafori, e di radar a breve e medio raggio, utili a capire le condizioni meteo come pioggia, neve o nebbia e in grado di aggiungere un ulteriore livello percettivo
- Controllare l’auto. Il ‘guidatore virtuale’ deve prendere il controllo dell’auto, agendo, per esempio, su ruote, acceleratore e freni, grazie a una serie di attuatori elettromeccanici. L’infrastruttura hardware-software è simile al sistema nervoso del corpo umano, riceve input da ogni elemento dinamico e invia, a sua volta, segnali che agiscono su tutti gli elementi dell’auto, tenendo presente, ad esempio, le condizioni di aderenza o l’inclinazione della strada. Il complesso sistema di guida necessità di più energia elettrica rispetto a un’auto convenzionale; pertanto, i prototipi sono basati sulla Fusion Hybrid che dispone di un pacco batterie per la propulsione ibrida al quale è stato aggiunto un ulteriore generatore
- Prendere decisioni. Il ‘cervello’ dei prototipi è posizionato nel bagagliaio e dispone di una potenza computazionale paragonabile a quella di diversi computer ad alte prestazioni, che permette di analizzare in un’ora più di 1 terabyte di dati grezzi provenienti dai sensori. Gli algoritmi utilizzano queste informazioni per processare in tempo reale le risposte a una serie di possibili scenari, e decidere come comportarsi di conseguenza. Le ipotesi sono quelle che ogni guidatore effettua mentre è al volante, come ad esempio “cosa fanno gli altri guidatori?”, “e se l’auto di fronte a me frenasse improvvisamente o svoltasse senza segnalarlo?”, “l’altra corsia è più veloce di quella in cui mi trovo ora? Potrei spostarmi in sicurezza?”, “Chi ha la precedenza?”. La grande potenza di calcolo permette di analizzare un numero di possibili scenari superiore a quello che anche il guidatore più esperto può elaborare, e a una velocità istantanea. L’algoritmo di reazione è sviluppato internamente da un team di ingegneri Ford per fare in modo che i futuri veicoli a guida autonoma siano in grado di essere più precisi, efficienti e affidabili anche dei migliori guidatori umani.
Redazione MotoriNoLimits