Dopo due giorni di coma, Justin Wilson se ne è andato, 37 anni, 20 dei quali trascorsi a correre in diversi Campionati, vittima domenica 23 agosto di un grave incidente al Pocono Raceway, in cui è rimasto colpito alla testa da grossi detriti di un’altra monoposto nel giro 180 dei 200 previsti sull’ovale di 2,5 miglia. Wilson, alla guida della Andretti Autosport Honda #25, è stato soccorso subito e trasportato al Lehigh Valley Hospital-Cedar Crest di Allentown. I comunicati emessi dalla IndyCar tra domenica e lunedì hanno parlato subito di condizioni gravissime per il trauma alla testa, e di coma.
Wilson lascia la moglie Julia e due figlie. Anche il fratello minore Stefan è un pilota che ha corso in IndyCar Series e Indy Lights. Dalla famiglia un comunicato: “Justin era un papà amorevole e un marito devoto oltre che un pilota molto competitivo e stimato dai colleghi. La famiglia ringrazia lo staff del Lehigh Valley Health Network Cedar Crest Hospital, Pocono Raceway, Andretti Autosport, e la Verizon IndyCar Series oltre all’intera comunità delle corse per le incredibili manifestazioni di supporto dei fans in tutto il mondo. Wilson era un donatore di organi e le sue volontà saranno rispettate”.
“This is a monumentally sad day for INDYCAR and the motorsports community as a whole,” said Mark Miles, CEO of Hulman & Co., the parent of INDYCAR and Indianapolis Motor Speedway. “Justin’s elite ability to drive a race car was matched by his unwavering kindness, character and humility – which is what made him one of the most respected members of the paddock. As we know, the racing industry is one big family, and our efforts moving forward will be focused on rallying around Justin’s family to ensure they get the support they need during this unbelievably difficult time.”
“We are deeply saddened by the passing of Justin Wilson,” Andretti Autosport said in a statement. “He was a tremendous racer, a valuable member of the team and respected representative to our sport. While Justin was only part of the Andretti lineup for a short time, it only took a second for him to forever become part of the Andretti family. His life and racing career is a story of class and passion surpassed by none. Our thoughts and prayers remain with the Wilson family and fans worldwide”.
Nato a Sheffield, UK, Wilson ha vinto 7 gare nella IndyCar, l’ultima al Texas Motor Speedway 2012, e fatto 8 pole in 174 gare, 711 giri al comando, inclusi due nella maledetta gara di domenica. Come ricorderete ha corso in Formula 1 nel 2003 con Minardi e Jaguar, e i suoi primi punti in F1 arrivarono proprio nel GP degli USA all’Indianapolis Motor Speedway. Nel suo palmarès, fu co-pilota di una Michael Shank Racing sports car che vinse la 24 Ore di Daytona 2012, quella del 50° anniversario.
Wilson, amante del ciclismo e della mountain bike, era anche ambasciatore per la dislessia, una malattia di cui aveva sofferto da bambino.
“Obviously, Justin was a great professional driver and extremely good at his craft,” CFH Racing co-owner/driver Ed Carpenter said. “Beyond that he was a great guy. One of the few, if only, guys that really was a friend among everyone in the paddock, amongst the competitors, and respected for the way he carried himself. What Justin’s gone through over the past couple years, how hard he worked to get back into the car this season, and the opportunity that he had with Andretti, I think he exemplified the reason we all love doing this. As challenging as today is and (Aug. 23) was, he was doing what he loved to do, what we all love to do, and why we’ll all be back competing in his honor in the near future.”
L’abbiamo saputo in tempo reale che Justin Wilson se ne era andato, ma abbiamo aspettato un po’ prima di scriverne (non correremo mai per dare per primi la notizia di una morte per fare visite… certe corse le lasciamo volentieri ai cinici calcolatori) per far sbollire il dispiacere per Justin e la rabbia per un Campionato che non si smentisce, nemmeno nel momento del dramma. Lo ammettiamo: non ci piace la IndyCar, la seguiamo per “dovere professionale” ma a spot, non riusciamo a guardare le gare per intero, troppo pericolose, assurdamente pericolose. Basti pensare a quanto accaduto domenica, a momenti in cui c’erano in pista sei o più macchine affiancate e siamo convinti che chi guarda queste gare lo faccia proprio in attesa di un incidente. L’abbiamo scritto ieri, siamo rimasti disgustati dal tweet di un pilota italiano che domenica durante la gara scriveva “quanti incidenti, che spettacolo!”. Per noi lo spettacolo non è sinonimo di incidenti e morti in pista, non lo sarà mai e lo diciamo sapendo che qualcuno se ne avrà a male e dirà “a me piacciono queste gare, sono meglio della F1 e non le guardo perché sono pericolose o aspetto l’incidente o il morto”. Per noi sono palle.
E la IndyCar, a riprova del cinismo assoluto che circonda il mondo del motorsport americano, nello stesso comunicato in cui annuncia la morte di Justin Wilson aggiunge anche che la gara decisiva della Serie a Sonoma sarà disputata come previsto il 30 agosto, così come la Championship Celebration a San Francisco del 31 agosto. Ecco perché il mondo della IndyCar ci sarà sempre estraneo.
E’ stato aperto un fondo per le bambine di Wilson, cui la famiglia chiede di mandare donazioni in luogo dei fiori: Wilson Children’s Fund, c/o INDYCAR, 4551 W. 16th St., Indianapolis, IN 46222.
La vita continua, con estrema freddezza, tutto organizzato: donazioni di soldi, di organi, ultima gara, celebrazioni post-Campionato. Un pezzo di carrozzeria preso in piena testa, 37 anni, una vita, tutto finito, avvolto nel cinismo più totale. Ci spiace, Justin, e per noi resterai sempre il ragazzo cordiale e gentile in tuta Minardi…
Barbara Premoli