Quando avviene qualcosa di tragico tutti noi ricordiamo esattamente dove eravamo e cosa stavamo facendo. Quell’8 maggio me lo ricordo benissimo: ero in un grande magazzino per comprare dei calzoni. Sabato pomeriggio avevano appena aperto e c’era la musica di una radio in sottofondo. A un certo punto, caso unico, la interruppero per dare la notizia che era morto Gilles Villeneuve, il pilota di Formula 1 della Ferrari. All’epoca fui quasi cinico: pensai da una parte che se l’era andata a cercare dal modo in cui correva e dall’altra che, proprio per il fatto di non risparmiarsi, rompendo spesso la macchina, non avrebbe mai vinto un Campionato Mondiale, nemmeno quell’anno.
Col tempo avrei rivalutato entrambi i giudizi, uno alla fine di quell’anno, l’altro molti anni più tardi sulla base delle mie esperienze professionali future.
Ritenevo che Villeneuve non avrebbe mai vinto il Campionato Piloti perché, storicamente, i piloti che lo vincono sono quelli che, dopo aver dimostrato di essere i più veloci, riescono con l’esperienza a controllarsi e non strafare, “accontentandosi” anche di qualche secondo o terzo posto. Ce ne sono molti che hanno buttato via un Campionato per irruenza e poi, maturando, ne hanno vinti altri: Prost (a Zandvoort contro Piquet quando era in Renault), Senna (a Suzuka contro Prost), Schumacher (a Spa mentre doppiava Coulthard).
Villeneuve tirava sempre al massimo, vinceva o spesso rompeva. Di piloti veloci ce ne sono ma spesso sono incostanti e difficilmente vincono il Campionato.
Invece la Ferrari nel seguito di quel 1982 si dimostrò così eccezionale che tutti i piloti che la guidarono, dopo la sua morte, vinsero gare. Villeneuve avrebbe quindi veramente potuto vincere il Campionato. Lo stesso compagno di squadra, Didier Pironi, era avviato a vincerlo se non avesse avuto, poche gare dopo, un terribile incidente molto simile al suo, che lo costrinse al ritiro con le gambe maciullate.
Il secondo giudizio sbagliato invece lo avrei cambiato per essere passato anch’io attraverso lo stesso tipo di esperienza. E qui vanno spiegati gli antefatti all’incidente mortale di Villeneuve, per chi non fosse appassionato di Formula 1.
Alcuni anni prima, quando Scheckter correva alla Ferrari con Villeneuve, entrambi ebbero la possibilità di vincere il Campionato. Ma Villeneuve a un certo punto si fece da parte e lasciò vincere il compagno. Un po’ perché era più giovane e avrebbe (il condizionale qui purtroppo ha tutto un suo valore ipotetico) avuto tempo di vincerlo più tardi; un po’ perché la squadra Ferrari era così forte che si pensava avrebbe dominato anche l’anno successivo con Villeneuve; un po’ perché mi pare glielo avesse chiesto la direzione della Ferrari, con l’impegno di supportarlo in futuro. Invece l’anno dopo fu un fiasco, l’auto non andava proprio. E quello dopo ancora.
Villeneuve continuò lealmente alla Ferrari con monoposto non performanti fino appunto al fatidico 1982, con Pironi. Quell’anno Villeneuve riteneva si sarebbe ripetuta la situazione per cui lui, ora veterano, avrebbe avuto l’aiuto di Pironi. L’auto era fantastica. Era l’anno giusto per diventare finalmente Campione del Mondo. Era il suo anno, lui era maturato guidando anche più professionalmente. Invece, proprio nella gara di Imola, Pironi fu protagonista di uno sgarbo sorpassando il compagno quando Villeneuve era in testa e invece gli accordi erano di mantenere le posizioni negli ultimi giri. Villeneuve, che era persona molto corretta, si offese per la mancanza di parola del compagno e un po’
dello stesso ambiente Ferrari, che in parte sottovalutò le conseguenze di ciò che stava creando. La faccia di Gilles sul podio diceva tutto del suo modo di pensare e agire, schietto.
Per la squadra aveva pur vinto una Ferrari non importa con che pilota e, si scoprirà anni dopo, qualcuno puntava già più su Pironi. La storia delle corse è piena di piloti che, sentita la possibilità di vincere, non rispettano gli ordini, ma poi le cose in squadra si sono in qualche modo ricomposte. Di solito col passare del tempo la ferita guarisce. In questo particolare caso purtroppo non c’è stato tempo, e la frattura rimarrà indelebilmente registrata a causa di ciò che avvenne proprio nella gara successiva.
Alle tragiche prove di Zolder in Belgio, Villeneuve arrivò con una evidente, troppo grande, voglia di rivincita. Non riusciva ad abbassare il record fatto proprio da Pironi. A un certo punto fu invitato dai box a rallentare quel giro e rientrare, perché si sapeva che le gomme, usurate, non erano comunque più performanti, eppure tentò in tipico “stile Villeneuve” di fare una cosa impossibile, di fare il tempo all’ultimo giro, quello in cui si rallenta, con le gomme consumate. Raggiunse Jochen Mass che andava piano e a causa di un’incomprensione su quale lato sorpassare saltò sulle ruote del collega e si schiantò su un terrapieno. Nelle riprese video non si vede il primo schianto, quello che provocò la morte per la decelerazione. Si vede subito dopo il seggiolino staccarsi dal telaio con Gilles dentro, volando dall’altra parte della pista. La scena è rimasta impressa nella memoria di tutti gli appassionati e non. Tante volte era uscito indenne da un’auto distrutta. Per questo lo chiamavano anche “il Canadese volante”. Quell’ultimo volo fu fatale. Come dicevo, all’epoca pensavo che se l’era andata a cercare, per tutti gli incidenti fatti cercando l’impossibile. Ma oggi penso che quella volta se l’era cercata per i motivi “giusti”… voleva la giustizia che riteneva gli avessero negato, dopo anni di lealtà verso il suo ambiente. Si era amaramente accorto che la sua correttezza e dedizione precedenti non erano state tenute in considerazione e ripagate.
Anche a me poi è accaduto, in ambito professionale, di aver concordato dei “gentlemen agreement”, ratificato accordi informali ma altrettanto validi perché ribaditi più volte con colleghi o superiori. Per senso del team e lealtà mi sono fatto da parte o addirittura aiutato dei colleghi. Mi sono invece ritrovato con la persona, che aveva dato la sua parola, che poi ha ritrattato la parola data o peggio negato di averlo mai promesso, tlavolta sfruttando il mio lavoro, magari pure di nascosto. Questi veri e propri meschini piccoli Giuda mi hanno causato anche danni professionali.
Ora so perfettamente, anni dopo, quali sentimenti hanno pervaso Villeneuve durante i giorni fra la gara di Imola e quella di Zolder. Aveva capito che qualcuno alla Ferrari lo stava scaricando, non riconoscendo la sua maturazione ma anzi usando la sua vecchia immagine di pilota veloce ma incostante nei risultati per spingere la candidatura del nuovo arrivato. Nel frattempo aveva preso contatti preliminari con la McLaren per correrci l’anno successivo. Il destino ha voluto che invece sia rimasto storicamente legato alla Ferrari e a Enzo stesso che di lui, unico, ha scritto: “Io gli volevo bene”. Aveva una grande voglia di rivincita, di far vedere almeno che era più veloce di Pironi, più veloce di tutti, e lo era.
Come lui nella maggior parte dei casi io non ho avuto il modo per far valere le ragioni della mia correttezza. Un giorno discutevo con un mio superiore, inglese, di una situazione complessa in cui dei nostri partner erano stati scorretti. A un certo punto sbottai: “Ma non sono stati corretti! Non è giusto!”. Lui mi folgorò con una frase di John Kennedy: “Life is unfair” che mi ha colpito come una sberla, me ne ricordo ogni volta che vorrei protestare per un’ingiustizia e mi ricorda Gilles.
Lorenzo Benetton