Prepariamoci: Arrivabene prima dell’inizio del Mondiale aveva detto “se vinciamo quattro gare saliamo a piedi sulle colline di Maranello” e oggi questo che sembrava un sogno irrealizzabile e un po’ folle (ma non per i tifosi del Cavallino), dopo il 2014-incubo, è più vicino. Sebastian Vettel ha messo fine al digiuno di vittorie suo e della Ferrari battendo le Mercedes di Lewis Hamilton (oggi al 150° GP) e Nico Rosberg e conquistando per la quarta volta il GP di Malesia.
Una gara perfetta, orchestrata dal muretto Ferrari con freddezza e tensione al tempo stesso per tutti i 56 giri della gara. Il momento-chiave, il periodo di safety car nelle prime fasi dopo l’uscita della Sauber di Ericsson, quando tutti sono rientrati per il primo cambio gomme, ma Vettel è rimasto in pista, prendendo la leadership.
Su una strategia di due soste, contro le tre della Mercedes, che ha molto da recriminare dopo questa giornata, con chiamate ai box nei momenti sbagliati e, a differenza dal solito, con le monoposto che non avevano il solito passo-gara e un degrado anomalo delle gomme, per cui Hamilton ha dovuto arrendersi, senza poter tentare di avvicinarsi a Vettel nell’ultimo stint, chiudendo a più di 10 secondi alla bandiera a scacchi.
Un giorno memorabile per la Ferrari, dicevamo, perché la vittoria mancava da 676 giorni, da 34 GP, Spagna 2013, ed è stata la prima per Vettel (e la 40° in carriera) dal Brasile dello stesso anno. Un colpo duro per la Mercedes, bastava guardare i volti tesi di Hamilton e Rosberg sul podio e nella conferenza stampa, con l’inglese che mantiene il comando della classifica con 43 punti, con Vettel a 3 punti e Rosberg a 7.
Ma più che di “crollo” delle Frecce d’Argento, dopo il dominio in Australia, siamo di fronte a un recupero pazzesco da parte della SF15-T, competitiva, veloce, dolce sulle gomme, bilanciata e perfetta nelle traiettorie. Partito non benissimo, Vettel ha comunque mantenuto la seconda posizione al via, dietro a Hamilton, e ha preso il comando quando Ericsson è uscito alla curva 1 rendendo necessario l’intervento della SC per rimuovere la Sauber. E’ stato in quel momento che Hamilton e Rosberg sono rientrati insieme e hanno montato le hard.
Vettel è invece rientrato per la prima sosta nel giro 17, montando le medie, prima di mettersi all’inseguimento e passare sia Rosberg sia Hamilton, su gomme già usurate e costrette a rimontare nel traffico, visto che molte altre macchine di metà gruppo avevano optato per la stessa strategia Ferrari. La Mercedes ha poi differenziato le strategie nel secondo pitstop, con medie per Hamilton e hard per Rosberg.
Vettel ha fatto l’ultima sosta a 14 giri dalla fine dopo uno stint centrale molto lungo, montando le hard e tornando in pista davanti a Rosberg e poi riguadagnando la testa della gara passando Hamilton che è subito dopo rientrato ai box per l’ultima sosta. All’inglese il team ha montato le hard, cosa che ha sorpreso il pilota che ha detto via radio “This is the wrong tyre, man”. Ma la scelta era in pratica obbligata, visto che Hamilton non aveva più set di medie nuove e quelle usate non sarebbero durate fino alla fine.
E’ subito stato chiaro che, nonostante le rassicurazioni del team, Lewis non sarebbe riuscito a raggiungere e passare Vettel e così è stato e la cosa non è andata giù all’inglese, era evidente. Ancora più seccato, forse, Nico Rosberg, che sembra aver perso la bussola: dopo aver fatto domande imbarazzanti via radio ieri in qualifica, chiedendo indicazioni che per le nuove regole non possono essere date, il tedesco ci è ricaduto anche oggi, facendo domande aassurde quando era incalzato da Vettel. Perché era evidente che dovesse stare davanti, la strategia ai box non sarebbe bastata e per un professionista certe ingegnuità sono disarmanti. Ma probabilmente nel corso dell’inverno ha metabolizzato il Titolo perso e ha preso consapevolezza di essere su un altro piano rispetto al compagno di squadra, con l’aggravante che ora c’è anche la Ferrari contro cui combattere.
La vittoria di Sebastian non deve eclissare l’altro ferrarista, 4° al traguardo dopo essere finito ultimo: quando tutto sembrava perso dopo la foratura subito dopo il traguardo (causata da un contatto con la Sauber di Nasr), che l’ha obbligato a percorrere un intero giro a velocità ridottissima, Kimi Raikkonen ha iniziato una rimonta chiudendo ai piedi del podio. Alle sue spalle le due Williams di Valtteri Bottas e Felipe Massa (il finlandese ha passato il compagno di squadra alla curva 5 proprio alla fine) e le Toro Rosso di Max Verstappen (che oggi diventa il pilota più giovane a punti, a 17 anni 5 mesi e 27 giorni) e Carlos Sainz. A completare la top 10 le Red Bull di Daniel Ricciardo e Daniil Kvyat, che è riuscito a recuperare dopo un testacoda per il contatto con la Force India di Nico Hulkenberg.
Undicesimo Romain Grosjean, in testacoda tentando di passare all’esterno Sergio Perez alla curva 12, con il brasiliano che ha ricevuto una penalità di 10″ per aver causato l’incidente e che ha chiuso 13°. Tra i due, 12°, Felipe Nasr. Penalizzata anche la seconda Force India di Hulkenberg, 14°, per aver causato l’incidente con Kvyat alla curva 2, e soddisfazione per la Manor, 15° e ultima al traguardo con Roberto Merhi. Will Stevens non è invece partito, in quanto il team non è riuscito a risolvere per tempo il problema di alimentazione che l’aveva fermato ieri in qualifica.
Questa la cronaca, poi ci sono le emozioni che toccano anche chi deve essere sempre equidistante e al di sopra delle parti. Gli inni tedesco e inglese che mancavano dalla Cina 2006, Schumacher che chissà se ha visto, sentito… Vettel che muove le dita a dirigere gli inni, il salto, gli occhi lucidi e gli uomini della Ferrari sotto il podio, Arrivabene e Allison che non sono commossi ma di più. Tanto, tantissimo lavoro che neppure si può immaginare per arrivare a oggi. Altro che tremare le mani a fine gara…
Sapendo quanto è schivo e umile comprendiamo: però sul podio di Sepang oggi ci sarebbe piaciuto vedere proprio Maurizio. E che bello sentire Seb dire che negli ultimi giri era completamente fuori e guardava la macchina rossa che guidava e non ci credeva. E adesso? Piedi per terra, il mantra 2015. E si va avanti… con la consapevolezza che tutto è possibile, lavorando duro, in armonia e organizzati.
Barbara Premoli